Migranti, sempre più libici fuggono dal loro Paese in guerra verso l’Italia
Nel 2019 il fenomeno degli sbarchi di migranti sulle coste italiane ha subito un arresto, tanto da perdere i connotati dell'emergenza: dall'1 gennaio ad oggi, secondo gli ultimi dati elaborati dal ministero dell'Interno, ne sono arrivati 11.471, il 50,92% in meno rispetto ai 23.370 dello scorso anno e il 90,39% in meno rispetto a due anni fa. Praticamente, i migranti sbarcati in tutto il 2019 sono stati meno della metà di quelli sbarcati, ad esempio, nei soli mesi di maggio (22.993) e giugno (23.526) di due anni fa.
Solo negli ultimi quattro mesi i numeri sono tornati leggermente a crescere rispetto agli stessi mesi dell'anno scorso, restando però sempre molto lontani da quelli del 2017. Nel mese di dicembre, malgrado i picchi registrati il 23 (159 sbarcati), il 18 (124) e il 4 (121), ben diciotto giorni sono stati senza sbarchi.
Le nazionalità dei migranti all'arrivo
Sulla base di quanto dichiarato al momento dell'arrivo, i migranti arrivati quest'anno provengono da Tunisia (2.654), Pakistan (1.180), Costa d'Avorio (1.139), Algeria (1.009), Iraq (972), Bangladesh (602), Iran (481), Sudan (446), Guinea (295) e Somalia (270); i restanti 2.423 sono compresi nella classificazione "altre nazionalità", dato che "potrebbe comprendere immigrati per i quali sono ancora in corso le procedure di identificazione". In diminuzione significativa anche i minori stranieri non accompagnati: al 23 dicembre ne risultano giunti 1.618, a fronte dei 3.536 del 2018 e dei 15.779 del 2017. Da settembre hanno avuto nuovo impulso anche le procedure di ricollocamento avviate dalla Commissione europea su richiesta dell'Italia: con il volo partito prima di Natale per la Germania con 132 richiedenti asilo è salito a 392 il numero dei migranti redistribuiti in Europa nel periodo. "Un risultato concreto – sottolineano dal Viminale – legato alla più fattiva solidarietà europea consolidata anche per effetto del pre-accordo de La Valletta sottoscritto da Germania, Francia, Italia e Malta: 98 trasferiti al mese rispetto alla media di 11 nei precedenti otto mesi del 2019″. Per la prima metà di gennaio è in programma ancora un volo per la Germania per trasferire oltre 100 richiedenti asilo sbarcati dalle navi Ocean Viking, Alan Kurdi, Aita Mari e Open Arms.
Ma, come ha sottolineato Mario Giro viceministro al ministero degli affari esteri del Governo Renzi e del successivo Governo Gentiloni, in un articolo pubblicato dall'Huffington Post, il nuovo fenomeno registrato negli ultimi giorni è quello dell'arrivo dei libici, "appartenenti alla classe media, laureati, istruiti e senza segni di torture". Ne sono arrivati per esempio 32 a Pozzallo, la notte di Natale. La guerra e l'instabilità del Paese nordafricano spingeranno sempre più persone a imbarcarsi e fuggire verso l'Europa.
"Più la guerra avanza e più la Libia assomiglia alla Siria (dalla quale, ricordiamolo, sono fuggite 10 milioni di persone…) – sottolinea Giro – Dovevamo fare politica e operare per ricreare uno Stato in Libia. Ci siamo accontentati di trattare con ambigue milizie, troppo deboli per essere utili a qualcosa ma abbastanza mafiose per promettere mari e monti". Come è accaduto in Siria – è questo il nocciolo del ragionamento dell'ex vicemistro – così in Libia si è passati da un conflitto tra piccoli gruppi locali contrapposti, al coinvolgimento di schieramenti stranieri, con miliziani di diverse nazionalità: da una parte Haftar, alleato con l'Egitto, i Paesi del Golfo e la Russia, con cui combattono soprattutto somali, sudanesi e mercenari provenienti da altri jihad o contro-jihad; dall'altra Serraj può contare sui ribelli siriani filo-turchi.
Se la guerra di Libia dovesse trasformarsi in conflitto globale, "saranno altri a dire l’ultima parola, in particolare russi e turchi ma anche egiziani e arabi del Golfo. Prevenirlo sarebbe l’unica cosa da fare, con un’azione congiunta dell’Ue". Ma soprattutto, la prima conseguenza, sarebbe il riversarsi di profughi libici nel nostro Paese.