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Migranti, nave Sea-Watch bloccata a Malta. Salvini: “Con meno ong in giro muore meno gente”

“Alla richiesta di lasciare il porto, apprendiamo che la nave è sottoposta a fermo” scrive la ong Sea-Watch sulla sua nave bloccata nel porto di Malta. Finora le autorità non avrebbero fornito le “motivazioni tecnico-legali”. Intanto la Commissione europea dichiara: “Non rimandiamo i migranti in Libia, la situazione è inumana”.
A cura di Giorgio Tabani
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 "Mentre ci viene impedito di lasciare il porto, la gente sta annegando". Questa l'accusa lanciata su twitter da Pia Klemp, il comandante della nave Sea-Watch che sarebbe stata sottoposta a fermo da parte delle autorità maltesi. In un altro tweet si specifica che l'organizzazione avrebbe appreso della misura "alla richiesta di lasciare il porto"; peraltro "l’autorità portuale non fornisce motivazioni tecnico-legali. La riceviamo come una deliberata restrizione della nostra libertà volta a impedire l’attività di soccorso". La ong tedesca, dedita ad "attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale", denuncia poi con durezza che "ogni ulteriore morte in mare è responsabilità di coloro che impediscono il salvataggio. Salvare vite in mare non è negoziabile".

Sul proprio sito, la ong ha poi diffuso una nota specificando che la nave Sea-Watch 3 "non è registrata come imbarcazione sportiva" e ha "totale facoltà di battere bandiera olandese" e quindi "l'assenza del permesso di salpare da Malta non è un questione legata alla registrazione" della nave, "ma una campagna politica per fermare i soccorsi in mare". L'ong denuncia poi che la propria nave sarebbe "ben equipaggiata e pronta a partire" proprio mentre "l'Unhcr riporta la cifra di 63 persone disperse" in mare e "al momento non ci sono mezzi idonei al soccorso nell'area". 

Il fermo sarebbe la diretta conseguenza di quanto dichiarato in una nota dal governo maltese il 28 giugno scorso riferito alla questione della nave Lifeline: "Recenti eventi hanno portato alla luce informazioni precedentemente sconosciute", ossia le irregolarità nella registrazione della Lifeline, da cui la necessità di accertare se "le operazioni condotte da entità che utilizzano i servizi portuali siano conformi alle norme nazionali e internazionali" e pertanto "dato che sono in corso indagini", Malta "non può consentire a queste entità, la cui struttura potrebbe essere simile a quella oggetto di indagini, di utilizzare Malta come loro porto di operazioni e di entrare o lasciare suddetto porto". Esulta intanto su twitter il ministro dell'Interno Matteo Salvini: "Dopo l’Italia, arriva anche Malta. Bene, stop al traffico di nuovi schiavi!".

"Prendo atto – ha detto il vicepremier – del fatto che grazie all'appoggio italiano anche Malta si è ricordata di essere un Paese sovrano ed ha bloccato oggi la nave di un'altra Ong nei porti maltesi. Quindi bene perché meno navi delle Ong ci saranno in giro e meno gente partirà e meno gente morirà".

Commissione Ue: "In Libia condizioni inumane per i migranti"

La portavoce della Commissione europea per la migrazione Natasha Bertaud ha dichiarato che: "Non ci saranno mai dei rimpatri dell’Ue verso la Libia o navi europee che rimandano i migranti in Libia", si tratterebbe infatti di un'azione "contro i nostri valori, il diritto internazionale e quello europeo" in quanto è ormai ben nota la "situazione inumana per molti migranti in Libia". La portavoce ha poi aggiunto che: "L’Onu è al lavoro per migliorare le loro condizioni, e c’è un meccanismo di transito d’urgenza, per evacuare queste persone dalla Libia".

La portavoce ha comunque ricordato che la Libia ha definito la sua area di salvataggio in mare, quindi per i recuperi dipendenti dal suo centro di coordinamento occorrerà rispettare le indicazioni dei libici. La collaborazione con il Paese nordafricano si rende peraltro necessaria perché "si è visto che negli ultimi tre anni, nonostante un affollamento di navi in mare, il Mediterraneo è più mortale che mai per i migranti, questo perché il modello dei trafficanti è cambiato, si è adattato a questo numero crescente di navi. Per questo vogliamo cambiare il nostro approccio, per ridurre il numero di persone che perdono la vita nel Mediterraneo". L'Ue non ridurrà i propri sforzi, anzi: "Ci sono sempre tre operazioni europee attive nel Mediterraneo, e come scritto nelle conclusioni, c'è un appello agli Stati membri affinché colmino le lacune in termini di uomini e mezzi per queste operazioni", riferendosi al Consiglio europeo della scorsa settimana.

Sempre rispetto allo scorso consiglio Ue, la portavoce ha aggiunto che "una delle opzioni delle conclusioni del vertice, è la cooperazione su base volontaria sugli sbarchi nell’Ue. Questo potrebbe essere un ampliamento degli hotspot, che già sono in Italia e in Grecia. Stiamo cercando di capire chi lo vuole fare, e chi vuole partecipare alla componente di solidarietà. Tuttavia questo dibattito è indipendente e non pregiudica il processo della riforma di Dublino. Queste sono misure ad interim".

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