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Migranti, 38 persone in pericolo in mare. Alarm Phone: “Rischio di respingimenti illegali in Libia”

Ancora un barcone in difficoltà nel Mediterraneo, questa volta in acque maltesi: 38 persone ieri notte hanno chiesto aiuto ad Alarm Phone. Il call center: “La nave Ambra sta monitorando la situazione. Queste persone devono essere soccorse e portate al sicuro. Malta: non un altro respingimento illegale in Libia!”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Immagine di repertorio
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Ieri notte 38 migranti su una barca in pericolo hanno chiamato il call center per i migranti in difficoltà Alarm Phone. "Sono alla deriva nella SAR Maltese – ha scritto su Twitter la piattaforma umanitaria – La nave #Ambra sta monitorando la situazione. Queste persone devono essere soccorse e portate al sicuro. Malta: non un altro respingimento illegale in Libia!". Poco dopo l'organizzazione ha fatto sapere che il rischio di un respingimento è molto concreto: stando a quanto comunicato dalla nave Ambra, una General Cargo Ship costruita nel 2007 battente bandiera maltese, Malta ha ordinato a una nave di raggiungere la barca in distress, fatto che di solito prelude a respingimenti illegali dei migranti in Libia.

L'appello delle ong contro il nuovo decreto Sicurezza

Intanto le ong Sea Watch, Open Arms, Medici Senza Frontiere e Mediterranea, dopo la divulgazione della bozza del nuovo decreto Sicurezza, che deve essere discusso lunedì in Consiglio dei ministri, hanno lanciato un appello, in cui chiedono: riconoscimento istituzionale, non solo a parole, del valore e dell'obbligo della necessità del soccorso in mare; fine del blocco delle navi e degli aerei delle organizzazioni della società civile; immediata assistenza e assegnazione di un porto sicuro entro le 24 ore per tutti i mezzi navali che si trovassero a operare soccorsi in mare, al di la' della loro classificazione, con procedure sanitarie chiare e uguali per tutte; riattivazione di un meccanismo europeo per la salvaguardia della vita in mare lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Dalla bozza del testo di evince che non saranno più previste le maxi-sanzioni milionarie ai danni delle ong. Ma il soccorso in mare non sarà comunque senza regole.

Le organizzazioni domandano un "un confronto serio con il governo italiano, senza negare la complessità della situazione dovuta alla pandemia e alla posizione geografica dell'Italia. Salvare vite non è un optional", sottolineano. Domani saranno in piazza "insieme alla società civile" a Roma in piazza dei Santi Apostoli (ore 15,30), a Milano in piazza dei Mercanti (ore 16), nella mattina a Padova, Brescia e Palermo e nel pomeriggio a Trento, Catania, Modena, Pescara e Cesena. A Lampedusa alle 18 ci sarà una commemorazione ecumenica nella Parrocchia San Gerlando.

"Le 200 persone – donne, uomini e bambini – che hanno perso la vita annegando in mare secondo l'ultimo rapporto di Alarm Phone – scrivono in un comunicato congiunto Sea-Watch, Open Arms, Medici senza frontiere e Mediterranea – sono la terribile dimostrazione che nel Mediterraneo centrale si continua a morire, nella totale indifferenza di governi e istituzioni. Nella stessa settimana, sono emerse le proposte del nuovo decreto sull'immigrazione in Italia e del nuovo Patto europeo sulla migrazione, che non ha fatto alcun passo verso gli obblighi del soccorso in mare, sottoscrivendo invece la strategia italiana del blocco delle navi della società civile. Sette anni dopo la strage di Lampedusa, il Mediterraneo resta uno dei più grandi cimiteri al mondo. A nulla vale la presenza, fino nella rada del porto di Tripoli, di mezzi militari italiani ed europei ad evitarlo. A nulla il fatto che i voli di ricognizione aerea dell'Agenzia Frontex e di Eunavformed siano in grado di controllare ogni movimento che avviene dalle coste della Libia, di fatto facilitando il respingimento illegale delle persone per procura. A nulla valgono gli imbarazzanti tentativi, nonostante i pareri contrari delle Nazioni Unite e le prove raccolte da Amnesty International e molti altri, di far passare la ‘Guardia costiera libica' come una legittima autorita' in grado di soccorrere nel rispetto della vita e della dignità umana: sappiamo tutti che non soccorre, ma cattura e riporta forzatamente nei centri di detenzione in Libia tutti coloro che si mettono in mare per fuggire a schiavitu', torture, violenza e sfruttamento".

"Per queste ragioni – continuano – l'assurdo tentativo, operato attraverso un accanimento amministrativo di dubbia legalità e di sicura illegittimità, di bloccare ogni assetto di soccorso civile in mare da parte del governo italiano, appare ancora più grave. Perché dobbiamo continuare ad assistere a questa vergogna? Perché ci viene impedito di reagire con dignità e umanità tentando di soccorrere quanti più esseri umani possibile?".

"Bloccare, con pretesti tecnico-burocratici, tutte le navi del soccorso civile e i mezzi aerei di monitoraggio – concludono le Ong – mette il governo italiano in una posizione che contraddice quei principi di legalità e umanità che i suoi ministri dichiarano davanti al Paese".

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