151 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Magi a Fanpage.it: “Guerra a droga e pene più severe non portano risultati, solo carceri stracolme”

Il Viminale starebbe mettendo a punto un piano per punire con il carcere gli spacciatori abituali, anche se di tratta di modiche quantità. Dopo la proposta della ministra Lamorgese, Fanpage.it ha rivolto qualche domanda al deputato di +Europa Riccardo Magi, promotore dell’Intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis. Vediamo cosa ci ha detto sulla lotta alla droga e sul perché la strategia della politica si sta rivelano inefficace da oltre trent’anni.
A cura di Annalisa Girardi
151 CONDIVISIONI
Immagine

Dopo la proposta della ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, che prevede l'arresto per chi spaccia anche ridotte quantità di droga in maniera recidiva, arrivano le reazioni dalla politica. Il Viminale starebbe provando a mettere a punto il quadro normativo a fianco del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. L'obiettivo? Punire con il carcere gli spacciatori abituali, anche se di tratta di modiche quantità. "La ministra Lamorgese annuncia di aver trovato un accordo con Bonafede su una norma che prevede l’arresto immediato e custodia cautelare in carcere anche per chi spaccia piccole quantità di sostanze stupefacenti. Una proposta simile a quella della Lega. Ancora una volta si sceglie l’approccio fallimentare della repressione e del proibizionismo", scrive su Facebook Riccardo Magi, di +Europa, da sempre impegnato per la liberalizzazione delle droghe leggere e per un approccio diverso della politica in materia. Magi è anche promotore dell'Integruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis e proprio negli ultimi giorni ha portato a Montecitorio una proposta di legge in materia.

Il testo arrivato in commissione Giustizia alla Camera a prima firma Magi e sottoscritto da parlamentari provenienti da tutti i gruppi di maggioranza,propone la modifica del Testo unico di stupefacenti. Si evidenzia come, nel passare degli anni, la politica abbia cercato di far prevalere un "impianto repressivo e sanzionatorio" che però si è dimostrato fallimentare. E spinge quindi per un altro approccio, verso un quadro normativo che riporti " il trattamento sanzionatorio in un alveo di proporzionalità" e che differenzi "il regime sanzionatorio in funzione della diversa natura della sostanza". Fanpage.it ha contattato direttamente il deputato per fargli alcune domande sulla proposta di legge e sull'efficacia delle politiche implementate finora in materia di lotta alla droga e stupefacenti.

La ministra Lamorgese ha proposto il carcere per chi spaccia anche in modica quantità. È una soluzione valida?

Noi abbiamo una legge in Italia, il Testo Unico sugli stupefacenti che quest'anno compie trent'anni: ci sono stati diversi interventi di modifica del testo, anche da parte della Corte costituzionale. Con questa proposta in qualche modo si è dichiarata guerra alla droga. A distanza di trent'anni possiamo dire che questa guerra non ha sicuramente ridotto la circolazione delle sostanze stupefacenti, né ha portato colpi mortali alle grandi organizzazioni criminali che si arricchiscono grazie al traffico di droga. Ha soprattutto portato alla repressione, e in qualche caso alla persecuzione, dei consumatori.

Oggi un terzo delle persone che sono nelle nostre carceri sovraffollate e incostituzionali si trovano lì per condanne legate all'attivazione dell'articolo 73 del Testo Unico sulle droghe, che è quello su cui vorrebbe intervenire il governo. E la ministra Lamorgese, a quanto pare in accordo con il ministro Bonafede, vorrebbe farlo in una direzione profondamente sbagliata, che denota una mancanza di consapevolezza sia della realtà penitenziaria del nostro Paese, sia di quella della diffusione di sostanze stupefacenti. Perché quello che si propone è un inasprimento delle pene in modo da consentire addirittura la custodia cautelare in carcere anche per fatti di lieve entità. Che è esattamente ciò che ha consentito fino ad adesso ai magistrati italiani di applicare delle pene più lievi di fronte a fatti di piccolo spaccio. Continuare a punire il piccolo spaccio e il consumo, che spesso si sovrappongono, senza scalfire minimamente le grandi organizzazione e facendo scoppiare tribunali e carceri italiane: ecco la direzione a cui guarda la proposta della ministra.

Lei ha presentato in commissione una proposta di modifica del Testo Unico: in che direzione bisognerebbe quindi andare?

Alcuni giorni fa è iniziato in commissione Giustizia alla Camera dei deputati l'esame di una proposta di legge a mia prima firma e sottoscritta da più di 20 deputati dei vari gruppi di maggioranza. Una proposta che va nella direzione opposta, cioè verso una diminuzione delle pene, una maggior chiarezza sul fatto di lieve entità (in modo che possa avere un'applicazione più ampia, e introduce la non-punitività della coltivazione domestica quando questa avviene per uso personale. Un disegno in linea con la sentenza recente della Corte di cassazione. Questa pensiamo che sia la direzione da prendere: e non in nome di un approccio ideologico, ma alla luce dell'osservazione della realtà italiana e anche di ciò che avviene nel resto del mondo. Inasprire le pene non ha finora avuto risultati, se non in materia di congestione delle carceri e dei tribunali.

La proposta di Lamorgese rappresenta un altro segno di mancata discontinuità con politiche procedenti, quelle promosse dalla Lega?

L'esame di questa proposta avviene contestualmente a una della Lega, chiamata Droga Zero, che ha effettivamente delle preoccupanti analogie con quella formulata dalla ministra Lamorgese. Non c'è discontinuità solo con la Lega, ma con i precedenti decenni. Inoltre abbiamo passato settimane in cui l'attenzione mediatica si è concentrata sulla riforma della giustizia, particolarmente sulla prescrizione: è un po' surreale che in tutto questo dibattito non si sia parlato della principale causa per cui nel nostro Paese si fanno processi e si finisce in carcere.

Ndr: Magi fa riferimento ad alcuni dati, riportati dalla proposta di legge presentata in commissione, che provengono dal Libro bianco sulle droghe, e che affermano:

Dai dati contenuti nel decimo Libro bianco sulle droghe del giugno 2019 emerge che il 30% degli ingressi in carcere nel 2018 è stato causato da imputazioni o da condanne sulla base dell'articolo 73 (detenzione a fini di spaccio) del testo unico sugli stupefacenti, e che nel dicembre 2018 i detenuti tossicodipendenti erano il 28% del totale, percentuale record. Sebbene a quasi trent'anni dall'approvazione del testo unico degli stupefacenti l’impianto repressivo e sanzionatorio che lo ispira non abbia impedito l’aumento della circolazione di sostanze stupefacenti e continui a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia e nelle carceri, le risposte che vengono da destra continuano ad andare nella stessa, fallimentare direzione. La proposta della Lega interviene infatti sulle fattispecie di lieve entità rendendo possibile l’arresto in flagranza, aumentando i minimi e i massimi edittali (e quindi rendendo possibile l’applicazione delle misure cautelari) e cancellando la possibilità di riservare un trattamento di favore in caso di reati commessi da persone tossicodipendenti; una finta guerra alla droga che punta in basso, ai consumatori e piccoli spacciatori di cannabis. 

La giustizia tratta il problema degli stupefacenti in modo parziale?

Se si volesse diminuire il numero dei processi e degli ingressi in carcere, il primo intervento da fare sarebbe proprio una depenalizzazione delle condotte legate alle sostanze stupefacenti. Anche perché non portano risultati. La politica fa fatica a partire dai dati di realtà e questo è gravissimo. La droga è ancora un tema che si affronta sulla base di un pregiudizio di un approccio ideologico. Ed è significativo da questo punto di vista che la conferenza nazionale sulle droghe, che in base alla legge dovrebbe essere convocata dal governo con tutti gli attori, operatori ed esperti del settore ogni tre anni, proprio per valutare gli effetti dell'applicazione delle norme ed eventualmente cambiarle, non viene indetta da dieci anni, cioè dal 2009. Questo è drammatico: non si tratta di una responsabilità solo di questo governo. Sono anni che non si vuole usare un metodo minimamente scientifico e razionale per affrontare problema.

E qual è la conseguenza concreta più evidente di questo atteggiamento da parte della politica?

Il fatto che abbiamo delle politiche inefficaci nel combattere il traffico di stupefacenti e le grandi organizzazioni criminali che si arricchiscono su questo; politiche inadeguate nell'aiutare chi ha problemi di dipendenza; e infine politiche repressive nei confronti di chi non ha problemi di dipendenza ma che fa uso di cannabis e derivati. Tutto viene ancora considerato nella categoria distorsiva della lotta alla droga, che rende tutte le sostanze uguali e che ha un approccio ideologico e non favorisce un'informazione corretta, la prevenzione e un approccio consapevole alle sostanze. Che è l'unico modo per diminuirne effettivamente l'uso. Quando si usano ancora slogan come Droga Zero, con il miraggio di poter vietare un comportamento umano con una legge, si finisce dentro un'astrazione. Di cui i risultati sono tragici. È scoraggiante vedere che ancora oggi ci siano proposte come quella arrivata negli ultimi giorni dalla ministra dell'Interno.

151 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views