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Luigi Di Maio: “Sono stanco delle pugnalate, non del M5s”

Il capo politico Luigi Di Maio a ‘Cartabianca’, stasera in onda su Rai Tre, commenta così le tensioni all’interno del M5s, e il dissenso mostrato da alcuni pentastellati, che vorrebbero che lasciasse la guida del M5s: “Chi pensa che io mi stanchi del Movimento ha sbagliato. Sono stanco che qualcuno che sta nelle retrovie venga al fronte per darmi una pugnalata”.
A cura di Annalisa Cangemi
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"Chi pensa che io mi stanchi del Movimento ha sbagliato. Sono stanco che qualcuno che sta nelle retrovie venga al fronte per darmi una pugnalata". A dirlo è il capo politico pentastellato Luigi Di Maio a ‘Cartabianca' stasera in onda su Rai Tre. "È normale che in un Movimento che ha eletto 330 parlamentari ci sia chi esprime dissenso. Quando qualcuno non è d'accordo col Movimento 5 Stelle ha tutto il diritto di andarsene, ma potrebbe dimettersi e farsi rieleggere, non andare al Gruppo Misto", ha aggiunto.

Secondi le anticipazioni Di Maio avrebbe risposto anche in merito a un'eventuale alleanza con il Partito Democratico: "Un'alleanza politica col Pd? Stiamo scrivendo una legge elettorale proporzionale che non prevede coalizioni. Il Movimento rappresenta l'alternativa alla destra e alla sinistra", ha spiegato il ministro degli Esteri, "c'è una parte del Movimento in Parlamento che crede si debba creare qualcosa con il Pd. Ma la stragrande maggioranza del Movimento, e io con loro, crede che il Movimento debba esistere". 

Il titolare della Farnesina ha poi ribadito quanto esplicitato già dal presidente del Consiglio Conte, e cioè che l'esito delle prossime elezioni regionali, previste per il prossimo 26 gennaio, non impatterà sulla tenuta dell'esecutivo: "In Italia si vota ogni tre mesi e se ogni elezione locale diventa un test per il governo, allora nessun governo durerà".

"Noi corriamo da soli, come è sempre stato. Anche nei periodi di difficoltà noi dobbiamo essere un'alternativa ai due poli. Sceglieranno i cittadini, non c'è da sentirsi in colpa per le loro decisioni", ha aggiunto.

Per quanto riguarda i dossier internazionali Di Maio si è espresso sull'eventuale candidatura dell'ex ministro Marco Minniti come mediatore in Libia: "La candidatura di Minniti come mediatore? Secondo me non serve un inviato speciale europeo, ci sono già i ministri degli Esteri".

"Servirà un inviato speciale dell'Italia dopo le conclusioni della conferenza di Berlino – ha sottolineato il ministro -. Non è stato affrontato nessun discorso a livello di governo. Ricordo che sono il ministro che difende di più i memoranda con la Libia firmati da Minniti".

L'ipotesi era stata commentata ieri sera dallo stesso Minniti, nel corso della puntata de Le Parola della Settimana, il programma condotto da Massimo Gramellini: "Io mediatore? Se me lo chiedessero per me sarebbe un onore. L'importante è che ci sia una voce unica, se poi questa voce è italiana è una grande opportunità per l'Italia che può prendere di nuovo iniziativa".

"Dobbiamo separare il nome della cosa – ha spiegato l'ex ministro dell'Interno – è molto importante che ci sia un inviato speciale dell'Europa, una voce unica che parli alla Libia, che sia capace di tenere insieme i documenti ufficiali che si firmano dopo ogni conferenza e l'atteggiamento sul territorio. Il problema di questi anni è stato quello che si chiama ‘back door diplomacy', in cui ognuno faceva quello che voleva, anche dentro l'Europa. Tutto questo va fatto cessare perché fa perdere prestigio all'Europa ma soprattutto deteriora la situazione. Per questa ragione in questo momento è più importante la cosa del nome".

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