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Lo sciopero generale è ancora un diritto dei lavoratori, per chi l’avesse dimenticato

Lo sciopero generale di oggi, 16 dicembre, è stato accolto con un coro di critiche contro i sindacati, colpevoli di aver chiesto attenzione su temi come lavoro, giovani, redditi bassi e futuro. Si tratta di un diritto sancito dalla Costituzione, però, con un costo a carico dei lavoratori. La politica, nascosta dietro le spalle larghe di Draghi, anziché lanciare occhiatacce ai leader sindacali potrebbe provare ad ascoltare le loro richieste.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Quando il conflitto sociale scandalizza la società, gran parte dell'informazione e praticamente tutta la politica c'è un problema enorme. Lo sciopero generale proclamato da Cgil e Uil, per oggi 16 dicembre, contro la prima manovra targata Draghi è stato accolto con l'irritazione fatta filtrare da Palazzo Chigi, con lo sconcerto della destra (e figuriamoci) e persino con la rispettosa perplessità del centrosinistra di governo. Insomma, tutti sulla barca di Draghi e tutti zitti. L'appiattimento delle forze politiche nel governo dei migliori viene preteso anche da chi sta fuori da quel cerchio magico e continua a vedere che i problemi di tutti i giorni sono tutt'altro che risolti, anzi. E si cerca di sminuire e ridicolizzare chi rilancia le priorità per il Paese: il lavoro, i giovani, i redditi bassi, il futuro.

Il dibattito polarizzato tra chi ha capito che siamo in una pandemia, si è vaccinato e sta vivendo con fatica l'emergenza Covid e il folle universo no vax e no green pass ha creato un precedente pericoloso: l'azzeramento della discussione. Il modello buoni e cattivi che si estende pericolosamente a macchia d'olio. Draghi mantiene l'equilibrio nel governo, i partiti mettono una bandierina qua e una là ed ecco che arriva la sintesi perfetta che mette tutti d'accordo.

Così succede che se i sindacati proclamano uno sciopero generale, questo venga visto come un pericoloso atto sovversivo e letto come un capriccio di chi deve cercare per forza il conflitto. Il tema è questo: stiamo uscendo dalla pandemia, il Pil risale, l'economia riparte e tutto sotto l'occhio vigile di Mario Draghi. Devi essere d'accordo per forza, se alzi la mano e fai presente che no, non va tutto bene, ti becchi del "folle" e di quello che "si è montato la testa" (Salvini a proposito di Landini). No, così non si va avanti.

Andando nel merito, però, le richieste dei sindacati sono più che giustificate. Soprattutto dopo mesi in cui sono stati ricevuti dal governo e sì, sono stati fatti piccoli passi avanti su alcune questioni (vedi sicurezza sul lavoro), ma non è che le loro richieste siano state particolarmente ascoltate. A partire dalla partita delle pensioni, che si dovrebbe riaprire a breve, e per finire con la riforma fiscale. Il governo ha scelto di ignorare la proposta di intervenire sul cuneo fiscale e di andare a cambiare le aliquote Irpef, ma i redditi più bassi avranno le briciole con il silenzio assenso del Pd e del centrosinistra di governo. E allora in un Paese in cui le disuguaglianze – complice la pandemia di Covid – spaccano la società, nell'unico Stato dell'Unione europea in cui negli ultimi trent'anni i salari sono diminuiti anziché aumentati non si può più far finta di niente.

Il punto finale, però, a prescindere dalle motivazioni dello sciopero generale – non a caso l'ultimo fu contro il Jobs act di Renzi, che doveva flessibilizzare il mercato del lavoro e invece l'ha precarizzato – è un altro: in questo Paese si può ancora protestare per chiedere l'attenzione del governo? Secondo la Costituzione sì, ed è fondamentale allora farlo. La pandemia non basta più per far saltare il banco delle risposte e quello di Cgil e Uil è il primo vero strappo contro la politica economica del governo Draghi. E la politica, invece di bollare lo sciopero come inutile e pretestuoso, potrebbe fare qualcosa di rivoluzionario. Ascoltare.

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Giornalista, mi occupo di politica su Fanpage.it. Appassionato di temi noiosi, come le storie e i diritti degli ultimi: dai migranti ai giovani lavoratori sfruttati. Ho scritto "Il sound della frontiera", un libro sull'immaginario americano e la musica folk.
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