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L’irragionevole ipocrisia del disegno di legge contro gli ecoattivisti approvato in Senato

Sanzione amministrativa irrogata dal prefetto, aggravante politica per manifestazioni, pene per il danneggiamento di teche: la maggioranza criminalizza gli ambientalisti con la scusa della tutela di beni culturali e paesaggistici, mentre ignora la minaccia del surriscaldamento globale.
A cura di Roberta Covelli
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Secondo i dati dell'Organizzazione meteorologica mondiale, la prima settimana di luglio 2023 è stata, per il mondo nel suo insieme, la settimana più calda mai registrata. La seconda settimana del mese, in Italia, sarà invece ricordata per la prima approvazione della minacciata stretta contro gli ecoattivisti. Il Senato ha infatti approvato un disegno di legge di iniziativa governativa che inasprisce ancora le pene per danneggiamento, deturpamento e imbrattamento e introduce una nuova sanzione amministrativa prefettizia.

Che cosa prevede il disegno di legge Sangiuliano

La proposta è del Ministro della Cultura Sangiuliano, ma assorbe altri disegni di legge (e lo schema di decreto) presentati dalla destra nei mesi scorsi. Il DDL approvato al Senato, che deve ancora passare dal voto della Camera, introduce una sanzione amministrativa per chiunque "distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o, ove previsto, non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui". La sanzione viene irrogata dal prefetto ed è una somma di denaro fissata tra 20mila e 60mila euro.

C’è poi l’inasprimento delle pene. Il reato di danneggiamento, all’articolo 635 del codice penale, era già stato modificato dal decreto Salvini-bis, con l’introduzione di un’aggravante contestata proprio agli ecoattivisti che avevano lanciato vernice lavabile sulla facciata di Palazzo Madama: l’aggravante introdotta nel codice penale dal governo gialloverde nel 2019 prevede una pena più severa (da uno a cinque anni di carcere, invece che da sei mesi a tre anni) nel caso in cui il danneggiamento sia commesso durante una manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico. Il disegno di legge Sangiuliano appena approvato dal Senato aggiunge a questa aggravante una multa da 10mila euro.

Anche l’art. 639 c.p., che punisce il deturpamento o imbrattamento di cose altrui, è stato modificato. Tra i beni che meritano la tutela penale non rientrano più solo quelli culturali, ma anche, sebbene con una pena (ovviamente) ridotta, "teche, custodie e altre strutture adibite all’esposizione, protezione e conservazione di beni culturali", ossia gli unici oggetti danneggiati nelle azioni di Just stop oil, Extinction Rebellion e Ultima generazione.

Pure a questo reato viene aggiunta l’aggravante politica: nel caso in cui il fatto sia commesso durante una manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico le pene sono raddoppiate.

Difendere beni culturali e paesaggistici tra irragionevolezza e ipocrisia

Ancora una volta, la scelta normativa è illogica, tanto sul piano politico quanto su quello giuridico.

Le questioni di diritto finiranno per ingolfare i tribunali: molti giudici daranno interpretazioni ragionevoli e costituzionalmente conformi, non applicando le nuove norme o limitandole ai minimi, altri godranno nell’applicazione di punizioni sproporzionate e afflittive contro chi protesta attraverso la disobbedienza civile, altri ancora solleveranno eccezioni di incostituzionalità, portando la Consulta alle ormai consuete bocciature di leggi che i governi hanno proposto e i parlamenti approvato, nonostante evidenti vizi.

È difficile infatti ritrovare il principio di ragionevolezza, ad esempio, in una multa tra i 20mila e i 60mila euro in caso di imbrattamento non solo di beni culturali altrui, ma perfino dei propri: un artista che vorrà dipingere un quadro o scolpire una statua, per poi offrire la performance della sua distruzione, dovrà pagare al prefetto decine di migliaia di euro. O, almeno, questo dice il disegno di legge Sangiuliano, anche se ovviamente non sarà così: la punibilità di un danneggiamento finirà per essere discrezionale, a seconda che al prefetto (e quindi al governo, a cui il prefetto risponde) dia o meno fastidio una certa azione.

Così com’è arduo trovare proporzionalità tra le sanzioni previste per i diversi reati del codice penale: picchiare una persona, provocandole lesioni personali, è un comportamento punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, danneggiare una cosa durante una manifestazione merita invece la pena da uno a cinque anni, oltre al pagamento della nuova multa fissa da 10mila euro (e la sanzione al prefetto per altre migliaia di euro). Il vandalo che incide su un muro antico il suo nome per noia, l’ultrà violento che deturpa una fontana scolpita perché ha perso la sua squadra compiono, per il legislatore, un reato meno grave di chi, rivendicando l’azione (e limitando i danni), denuncia l’imminente catastrofe climatica.

La questione è allora politica, più che giuridica: è la scelta di una maggioranza parlamentare di plasmare la legge per silenziare certe proteste, rendendole insostenibili, con un velo neanche troppo sottile di ipocrisia. I beni culturali e paesaggistici, secondo il ministro Sangiuliano e i senatori che hanno votato il disegno di legge, vanno tutelati contro gli ecoattivisti che li imbrattano per protesta, ma evidentemente non dalle minacce del surriscaldamento globale: è passato un anno dal crollo di un pezzo di ghiacciaio sulla Marmolada, quattro anni dalle immagini di una piazza San Marco sommersa, presagio del destino di Venezia e delle città costiere, decenni dai primi documenti scientifici che denunciavano gli effetti dei combustibili fossili sul clima, eppure, nel luglio più caldo mai registrato a livello globale, l'impegno della classe politica si è concentrato sulla criminalizzazione del dissenso.

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Nata nel 1992 in provincia di Milano. Si è laureata in giurisprudenza con una tesi su Danilo Dolci e il diritto al lavoro, grazie alla quale ha vinto il premio Angiolino Acquisti Cultura della Pace e il premio Matteotti. Ora è assegnista di ricerca in diritto del lavoro. È autrice dei libri Potere forte. Attualità della nonviolenza (effequ, 2019) e Argomentare è diabolico. Retorica e fallacie nella comunicazione (effequ, 2022).
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