Sulla nuova legge elettorale il governo si contraddice: Casellati smentisce Meloni

Nuova legge elettorale sì o nuova legge elettorale no? Come in ogni legislatura post Prima Repubblica, superato il giro di boa, iniziano le estenuanti discussioni su come cambiare il sistema di voto. Sullo sfondo incombe il cosiddetto premierato, che per Giorgia Meloni è ancora "la madre di tutte le riforme", quella che dietro la retorica del far scegliere il presidente del Consiglio al "popolo sovrano" nasconde il desiderio mai celato, sin dai tempi del presidenzialismo targato Gianfranco Fini, di rivedere l'uomo (o la donna) forte al comando. Il governo Meloni su questo tema ha però un atteggiamento che potremmo definire "bipolare" e non è chiaro cosa abbia in mente. A confermarlo le dichiarazioni assai discordanti della presidente del Consiglio e della ministra Casellati, che rispondendo a un'interrogazione presentata dai deputati di Italia Viva (la prima firmataria è stata l'ex ministra Maria Elena Boschi), l'ha di fatto contraddetta. Procediamo per ordine.
Le parole di Giorgia Meloni al Senato
La premier, il 7 maggio scorso, rispondendo nell'aula di Palazzo Madama aveva detto: "Il premierato sta andando avanti, continuo a considerarla la madre di tutte le riforme e, non dipende da me ma dal Parlamento, ma la maggioranza è intenzionata a procedere spedita su questa riforma esattamente come è intenzionata a procedere spedita sulla riforma della giustizia". Insomma, tutto confermato: alla Lega l'autonomia differenziata (sempre più impantanata dopo le osservazioni della Corte Costituzionale), a Forza Italia l'agognata riforma della Giustizia e a Fratelli d'Italia il premierato. Meloni, in quell'occasione, aveva anche aperto alla possibilità di far scrivere il nome del candidato sulla scheda elettorale. "Confermo di essere favorevole all'introduzione delle preferenze nella legge elettorale", aveva ribadito.
Pregi e difetti del voto di preferenza
E sul progetto di cambiare per l'ennesima volta la legge elettorale erano partite le trattative sotterranee nel Palazzo. Il voto di preferenza piace a molti, sia nel Movimento 5 Stelle, che lo vede come un mezzo per restituire ai cittadini la possibilità di scegliere direttamente i parlamentari, cancellando i cosiddetti "nominati" oggi imposti in listini bloccati dalle segreterie dei partiti, che alle correnti organizzate di Forza Italia e del Partito Democratico, dove i "signori delle preferenze" già si sfregano le mani. Le preferenze piacciono molto anche a quei ristoratori che riempiono i loro locali in occasione di quelle faraoniche cene elettorali in cui i candidati offrono da mangiare a centinaia di elettori in cambio di quel nome scritto sulla scheda. E purtroppo piacciono molto anche alle mafie.
"Io preferisco sempre l'uninominale – spiega un deputato del Partito Democratico in Transatlantico – perché è un sistema che permette al cittadino di conoscere il candidato del suo collegio ed eventualmente di non votarlo. Le preferenze portano voto di scambio e creano dei feudi, specialmente in alcune zone d'Italia dove la criminalità organizzata può spostare pacchetti di voti che possono diventare decisivi per far vincere questo o quel candidato. È vero che si vota così nei comuni e nelle Regioni, ma è altrettanto vero che molte inchieste giudiziarie partono proprio da questa corsa al voto personale".
Come si vota oggi e come si potrebbe votare domani
Oggi si vota con il cosiddetto Rosatellum, una legge elettorale che a parole non piace a nessuno, ma che in realtà fa comodo a tutti, perché consente ai leader dei partiti di modellare le liste a loro piacimento. È un sistema elettorale misto in cui il 37 per cento dei seggi sono assegnati con il maggioritario in collegi uninominali, il 61 per cento con il proporzionale e i famigerati "listini bloccati" e il restante 2 per cento con il voto degli italiani all'estero. La legge prevede anche una soglia di sbarramento del 3 per cento per le liste e del 10 per cento per le coalizioni, a patto che una delle liste che le compongono superi il 3 per cento. Rumors sempre più insistenti raccontano di una serrata trattativa che coinvolge i partiti della maggioranza e quelli delle opposizioni. L'idea sarebbe quella di una nuova legge elettorale proporzionale, che preveda l’attribuzione di un premio di maggioranza pari al 55 per cento dei seggi alla lista o alla coalizione che superi la soglia del 42 per cento dei voti su base nazionale. Sparirebbero i collegi uninominali e gli eletti sarebbero scelti con le preferenze. Infine, per non tradire "la madre di tutte le riforme", la nuova legge elettorale allo studio prevederebbe l'indicazione del nome della candidata o del candidato premier sulla scheda elettorale. Un cambiamento sostanziale, che però non scalda i cuori di molti eletti, sia nella maggioranza che nell'opposizione. Molti degli attuali deputati e senatori, con l'introduzione delle preferenze, rischierebbero infatti di non essere confermati. Inoltre, l'equilibrio di partiti come la Lega, dove la linea politica di ultradestra imposta da Matteo Salvini è palesemente mal sopportata da diversi amministratori del Nord che spostano molti voti, potrebbero vacillare.
Casellati: "Non c'è nessun tavolo per cambiare la legge elettorale"
Per cercare di decifrare la posizione del governo, Italia Viva ha dunque interpellato la ministra per le Riforme Istituzionali, Maria Elisabetta Casellati. Nell'interrogazione si chiede in che modo il governo Meloni voglia portare la riforma in Parlamento e se ricorrerà, come ormai di consueto, al voto di fiducia. La risposta della ministra sa tanto di corto circuito istituzionale: “In questa sede istituzionale – ha detto Casellati intervenendo nell'aula di Montecitorio – sarebbe inappropriato avventurarmi nel commentare interviste rilasciate a titolo personale o addirittura indiscrezioni retroscenistiche, tanto più se si pretende da queste di trarre conclusioni affrettate circa le scelte che sarebbero state compiute in materia elettorale dal governo e dalle forze politiche che ne sostengono l'operato. Se restiamo ai fatti e lasciamo in ombra i rumors, come si conviene a quest'aula, una sola cosa si può dire, con assoluta trasparenza: che presso il governo, ad oggi, non è stato attivato alcun tavolo – politico o tecnico, formale o informale – che abbia il mandato di modificare la legge elettorale vigente”. Insomma, il 7 maggio Giorgia Meloni ha scherzato: non c'è nessuna ipotesi sul tavolo.
Roberto Giachetti (Iv): "Casellati smentisce Meloni"
Una risposta che ovviamente non ha convinto i firmatari dell'interrogazione: "La ministra Casellati – ha tuonato Roberto Giachetti – smentisce la presidente del Consiglio, dopo che Meloni in aula al Senato ha lasciato intendere di voler rivedere la legge elettorale. Allora fate una cosa semplice: mettetevi d'accordo. Perché stiamo parlando delle regole fondamentali della nostra democrazia". E ancora: "Qualcuno ha notizie del premierato? La ‘madre di tutte le riforme', che doveva rivoluzionare l'assetto istituzionale, giace in coma in qualche cassetto ministeriale. Ogni tanto la si cita come un malato terminale da onorare, ma la verità è che non ci credete più nemmeno voi". Per concludere: tanto per cambiare non è chiaro come si andrà a votare alle prossime elezioni politiche, ma quel che è certo, almeno in questa fase, è che nel governo le idee sono tutt'altro che chiare.