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Il caso Moonbird: quando è la politica a ostacolare il salvataggio delle vite in mare

Il governo ha modificato i decreti sicurezza dell’ex ministro Salvini. Ma per le organizzazioni umanitarie che operano nel Mediterraneo rimangono molti ostacoli all’attività di ricerca e soccorso. Si tratta spesso di blocchi burocratici o amministrativi che impediscono ai mezzi delle Ong di svolgere la loro funzione. Il senatore Gregorio De Falco ricostruisce per Fanpage la vicenda di Moonbird, l’aereo di Sea Watch pensato per avvistare i migranti in difficoltà in mare, bloccato a terra da settembre per ordine dell’Enac.
A cura di Redazione
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di Gregorio de Falco (Senatore – gruppo Misto)

Continua senza tregua l’attività di delegittimazione e criminalizzazione operata contro le ONG che contribuiscono a salvare i naufraghi nel Mediterraneo centrale. L’ultimo odioso capitolo di questa storia riguarda la torsione delle norme di legge operata per imporre il divieto di volo al piccolo aereo denominato «Moonbird», un Cirrus SR22, velivolo che effettua un'attività d monitoraggio sorvolando il mare a Sud di Lampedusa. L'ordine è stato emanato dall'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile (ENAC), secondo cui l’associazione "Humanitarian Pilots Initiative" che gestisce «Moonbird" svolgerebbe, in realtà, attività di ricerca e soccorso non autorizzata.

L'attività del velivolo consiste nel segnalare all'Autorità italiana, a quella maltese e a quella libica eventuali unità navali in procinto di perdersi oppure che appaiano essere a rischio di naufragio. L'ENAC sembra aver assunto – in base alla legge n. 313 del 1980 di ratifica della Convenzione Solas – che il soccorso in mare in Italia debba essere effettuato solo dalla Guardia Costiera o da soggetti da questa delegati. Ma la citata Convenzione Solas, al contrario, fa obbligo agli Stati contraenti di conformare i rispettivi ordinamenti affinché impongano l'obbligo ai Comandanti di ogni nave di bandiera nazionale, non appena abbiamo notizia di una nave in pericolo, di procedere al soccorso della vita umana in mare, quando possibile e salvo che l'operazione non metta a rischio i soccorritori e comunque, sempre fermo restando l'obbligo di rilanciare eventuali richieste o notizie di soccorso eventualmente ricevute.

In effetti il nostro codice della navigazione già prevedeva tali obblighi agli articoli 489 (obbligo di assistenza) e 490 (obbligo di salvataggio). Non solo, nessuna norma  – né la Solas, né tantomeno una diversa norma interna – afferma, come erroneamente sostenuto dall'ENAC, che «in Italia tale funzione, nell'area SAR di competenza, può essere svolta esclusivamente dalla Capitaneria di porto Guardia Costiera o da soggetti da loro autorizzati». In realtà, a essere affidata in via esclusiva alla Capitaneria di Porto-Guardia Costiera è la responsabilità di coordinamento dell’area SAR di competenza e non l'effettuazione del soccorso, né tantomeno il monitoraggio e l’osservazione, la segnalazione dei naufragi.

Infatti, la Convenzione di Amburgo '79 (c.d. Convenzione Sar), ed il DPR 662 del 1994 di attuazione non prevedono affatto tale esclusiva, che costituirebbe una irragionevole limitazione di risorse. Anzi anche in questo caso, c'è piena coerenza con la norma contenuta nell'articolo 69, primo comma del codice della navigazione per per cui "l' autorità marittima, che abbia notizia di una nave in pericolo ovvero di un naufragio o di altro sinistro, deve immediatamente provvedere al soccorso e, quando non abbia a disposizione né possa procurarsi i mezzi necessari, deve darne avviso alle altre autorità che possano utilmente intervenire".

Si deve, quindi, notare che la norma non impone all'Autorità marittima che abbia ricevuto notizia (in sostanza ai diversi Uffici di porto) di procedere e, quindi, di effettuare il soccorso, ma di provvedere, ovvero di dare disposizioni, al fine di dare ordine e la massima efficacia possibile alle operazioni di ricerca e soccorso, coordinando tra loro  gli sforzi di altre risorse aeree o navali disponibili, sullo scenario dell'evento, in vista del prioritario interesse alla salvaguardia della vita umana in mare.

Per inciso, il codice civile attribuisce a Enac le funzioni di polizia della navigazione aerea che si possono tradurre nei vari controlli, ispezioni e nelle attività di vigilanza inerenti la idoneità tecnico amministrativa del velivolo e dei piloti. L'Enac non ha invece titolo alcuno per sostenere una (inesistente) responsabilità esclusiva in capo alla Capitaneria di porto Guardia Costiera. Quindi l'accusa di aver effettuato attività di soccorso marittimo senza autorizzazione, oltre  a essere destituita di fondamento, non rientra tra le competenze assegnate all'Ente.

È incomprensibile, quindi, la posizione assunta da Enac verso Moonbird, come se non fosse del tutto doveroso per chiunque provvedere a segnalare alle autorità competenti le imbarcazioni e le persone in difficoltà. Come detto, il velivolo, non effettua, né potrebbe effettuare, soccorsi in mare, né coordinarli. Si limita, come necessario, a dare notizia a (tutte) le Autorità, di eventuali situazioni di pericolo. Tale attività non solo non ostacola, ma agevola le operazioni di soccorso, incrementando le capacità di «scoperta» dei centri di coordinamento.

Lo stesso strumento operativo denominato Piano nazionale SAR ribadisce che tutti i soggetti pubblici o privati che comunque abbiano conoscenza di notizie relative ad una nave o persona in pericolo in mare devono darne immediata comunicazione all’organizzazione SAR marittima, ai sensi dell’art. 5.1.2. della convenzione di Amburgo, e per gli effetti degli art. 69 e 70 del codice della navigazione.

Nel tentativo di rendere invalicabile il Mediterraneo centrale ai profughi, dapprima sono state ritirate all’interno delle acque territoriali italiane le unità navali di vigilanza e soccorso e ora si sta ostacolando in ogni modo l'azione di monitoraggio e di testimonianza delle navi delle organizzazioni umanitarie e dei velivoli come «Moonbird", con effetti tragici. Infatti, nella settimana tra il 20 ed il 27 settembre, nel Mediterraneo centrale si sono verificati cinque naufragi, con almeno duecento morti. Il più grave è avvenuto il 21 settembre, ma se ne è avuta notizia solo dopo 5 giorni, il 26: 111 morti.

«Solo 9 delle 120 persone sono vive, soccorse da un pescatore dopo giorni in mare. Con i sopravvissuti stiamo ricostruendo gli eventi. Serve assistenza medica urgente», ha scritto su Twitter Alarm Phone, precisando che fra le vittime c’è una coppia di genitori con i suoi quattro figli. Inoltre, nella notte tra il 25 e 26 settembre 120 migranti riportati in Libia hanno riferito allo staff dell’agenzia Onu per le migrazioni che 15 persone sono annegate quando il loro gommone ha iniziato a sgonfiarsi, come confermato dal portavoce dell’OIM Safa Msehli.

Siamo, quindi, di fronte ad una vera e propria strategia che contribuisce a causare naufragi e morti. Una strategia a tenaglia che colpisce, come illustrato qui, l'aereo "Moobird", bloccato da ENAC, così come le navi ONG, tenute in porto con motivi inconsistenti dalle Capitanerie di Porto. Su questo secondo tema, quello del fermo amministrativo delle navi umanitarie, connesso a quello che abbiamo toccato in questo articolo, sarà necessario, scrivere un breve commento a parte.

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