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Opinioni

Il caso di Padova è l’ennesimo attacco contro le famiglie Lgbtq e il governo Meloni è responsabile

La Procura di Padova ha impugnato 33 atti di nascita risalendo fino al 2017: appartengono a figli con due madri, e la richiesta è di rimuovere dagli atti la madre non biologica. Giorgia Meloni, che nel frattempo porta avanti il ddl per rendere la gpa un ‘reato universale’, non lo ammette ma è evidente: la linea del governo è contraria alle coppie e alle famiglie LGBTQ+, e lo ha dimostrato più e più volte.
A cura di Jennifer Guerra
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(foto David McNew/Getty Images)
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Quando a marzo la procura di Milano chiese lo stop della trascrizione degli atti di nascita dei figli di coppie omogenitoriali nati all’estero, la risposta del governo alle numerose critiche da parte della società civile e della politica europea, fu la minimizzazione: il governo non aveva intenzione di colpire le famiglie arcobaleno, figuriamoci, il vero obiettivo è la gestazione per altri, in più il provvedimento non è retroattivo, nessuna famiglia vedrà togliersi diritti già acquisiti, e così via.

Ovviamente questa risposta non ha convinto le famiglie omogenitoriali, che sono scese in piazza perché sapevano già che quello era solo il primo passo di un progetto molto più grande. E infatti la procura di Padova ha annunciato la decisione di impugnare 33 atti di nascita, risalendo fino al 2017. L’atto più vecchio è quello di una bambina in età scolastica con due mamme, la cui madre non biologica verrà eliminata dal documento, con tutti i problemi che ne conseguono. Il genitore intenzionale, infatti, non avrà nessun obbligo o diritto nei confronti del figlio o della figlia dell’altro genitore, anche in caso di separazione o di decesso.

Secondo la procuratrice aggiunta Valeria Sarzani, gli atti impugnati vanno contro la legge, sebbene in realtà, come sottolinea la rete di avvocatura LGBTQ+ Lenford, ci sia un contrasto in giurisprudenza in merito alla trascrizione e alla formazione di un atto di nascita di un bambino nato all’estero tramite procreazione assistita realizzata da due donne: se l’atto è ancora da formare, ci sono nove sentenze della Cassazione che ritengono l’atto illegittimo, mentre alcune decisioni di tribunali e di corti di Appello successive lo considerano legittimo; in caso di semplice trascrizione (ovvero se l’atto è stato formato all’estero), la Cassazione la ritiene sempre legittima. Sulla formazione e trascrizione di atti di nascita di figli nati tramite gestazione per altri (quindi realizzata da due uomini), le sentenze della Cassazione sono concordi a ritenerli illegittimi sulla base della legge 40, che vieta la maternità surrogata in Italia. È possibile però adottare all’estero il figlio del partner e trascrivere la sentenza di adozione in Italia.

Da anni, le famiglie omogenitoriali denunciano questa situazione assurda in cui il loro destino è nelle mani di un giudice che deve districarsi tra sentenze che si contraddicono fra loro. L’anomalia è stata rilevata anche dalla Corte costituzionale in due diversi pronunciamenti che hanno definito “ormai indifferibile” la necessità di una legge che tuteli i figli di due mamme e due papà, nell’interesse del minore che ha la precedenza su ogni altra cosa. Questa urgenza però non sembra essere percepita dal Parlamento.

Delegare un tema così importante ai tribunali significa infatti sollevarsi dalla responsabilità politica di prendere una decisione. È accaduto in passato con i governi di sinistra che, per timore di affrontare un tema divisivo anche all’interno dei partiti stessi, non hanno avuto il coraggio di approvare una legge. Accade oggi con un governo di destra, che dando ordine alle Procure di procedere in questo modo può colpire le famiglie omogenitoriali in maniera indiretta, senza che questo intervento sembri un’ingerenza o una decisione del governo.

Ma è chiaro, chiarissimo, che non è così. Non solo perché tutto è effettivamente partito da una nota del ministero dell’Interno alle Procure, ma perché questa mossa consente di creare un terreno favorevole alla proposta di legge sul reato universale di gestazione per altri, di cui proprio ieri è cominciata la discussione e che è nei progetti di Fratelli d’Italia da anni. Nell’opinione pubblica “i cattivi” diventano così le Procure e i giudici, che si limitano ad applicare una giurisprudenza schizofrenica sulla materia. Intanto, i piani del governo per contrastare i diritti LGBTQ+ dalla porta sul retro possono andare avanti indisturbati.

Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia possono fare tutte le rassicurazioni del mondo, indignarsi se il Parlamento europeo condanna il nostro Paese per la sua retorica anti-LGBTQ+ accostandola a quella dell’Ungheria, “sorprendersi” se il presidente canadese Trudeau esprime un giudizio negativo sulla sua condotta, ma la linea del partito è chiara: gli esponenti del governo sono contrari alle unioni civili (nel 2018 la ministra della natalità Eugenia Roccella, allora in Forza Italia, minacciò di abolirle se eletta), all’adozione da parte delle coppie omosessuali. Pensano che chi ricorre alla gestazione per altri sia peggio dei pedofili o, come fece il ministro della giustizia Carlo Nordio durante le audizioni sul ddl Zan, equiparano l’omosessualità alla pedofilia. Si impegnano a far rimuovere dei pericolosissimi episodi di Peppa Pig e pur di combattere l’“ideologia gender”, sono contrari alla Convenzione di Istanbul per il contrasto alla violenza sulle donne (come si fa in Polonia, Ungheria e Turchia). In occasione della campagna elettorale, hanno firmato la “Carta dei principi” di ProVita, sul cui palco Giorgia Meloni salì nel 2019 in occasione del World Congress of Families.

Fratelli d’Italia sta semplicemente seguendo quel ribaltamento retorico, che poi diventa politico, che già si è visto in atto con l’aborto: per contrastarlo nella pratica, il governo promette di “applicare pienamente” la legge che lo regolamenta o addirittura di voler garantire “il diritto di non abortire”. Così come le mosse contro le famiglie omogenitoriali non sono azioni discriminatorie sulla base dell’orientamento sessuale – vietate per legge – ma sono gesti amorevoli per proteggere “la famiglia naturale”. Così come il reato universale di gestazione per altri non vuole colpire le persone LGBTQ+, ma “mettere fine allo sfruttamento delle donne”. E se in quest’ultimo caso Fratelli d’Italia si fa meno remore a metterci la faccia firmando una legge, sfruttando il fatto che il tema non trova tutti d’accordo anche all’opposizione, per l’aborto e per la trascrizione degli atti di nascita si procede per Procura: tramite le amministrazioni locali e tramite i tribunali. Così tutto passa nello schiacciasassi dell’indifferenza, mentre le minoranze continuano a vedersi negati i propri diritti.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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