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Emergenza lavoro

I 40enni che tornano a vivere nella cameretta sono la più grande sconfitta della politica

Abbiamo ricevuto la lettera di un uomo costretto a tornare a vivere nella cameretta di quando era adolescente perché non ha un lavoro, e io non ho consigli.
A cura di Saverio Tommasi
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Voi non avete idea di quante lettere la redazione di Fanpage.it stia ricevendo in questi giorni. Ve lo dico io: valanghe di storie e parole di persone che non riescono a trovare un lavoro.
Avrei voglia di stamparle queste lettere, e poi rincorrere Briatore e Renzi fino sotto casa e leggerle loro ad altissima voce nelle orecchie. Oppure andare da tutti quei piccoli imprenditori che si sentono Olivetti ma somigliano invece agli schiavisti della Virginia, e dire loro: davvero volete abolire il reddito di cittadinanza?

Davvero qualcuno può pensare che se la gente non mangia, vada tutto bene?

In queste lettere che riceviamo leggo tristezza ma non sconforto, se non una briciola o due.
Leggo scoraggiamento dopo ogni colloquio di lavoro fallito, dopo ogni lavoro da sfruttato, dopo ogni contratto non fatto perché "non mi conviene assumere: o al nero o niente".
Cola smarrimento da certe parole di certe lettere. Smarrimento per avere avuto ancora una volta la necessità di un aiuto da parte dei genitori, invece di essere in grado di darne uno loro, a due persone anziane.

Per voi – moltitudine senza lavoro – che ci avete inondato di sentimenti e parole, io non ho nessun consiglio. Più ci penso e meno ne trovo.
Posso dirvi che provo rigetto per i video motivazionali e per chi vorrebbe insegnare come si vive lo scoramento del rifiuto, ma non l'ha mai vissuto.
Sono incompatibile con i consigli di chi ha il dubbio su dove andare in vacanza, e non se ci andrà.
Ritengo irricevibili i consigli di chi ogni sbaglio l'ha coperto con i soldi del papy, e poi l'ha chiamata gavetta.

E dunque no, sfruttati, disoccupati e perdenti alla lotteria dell'impiego: non ho nessun consiglio per voi. Però non accettatene neanche da altri, soprattutto da quella classe imprenditoriale che con pochissime eccezioni è pronta a insegnare come si reagisce a una sconfitta senza essere mai rimasta senza soldi dopo una battaglia. Nessuno che abbia negato loro un lavoro perché "quella strana calvizie non è normale, dimmi la verità, hai fatto la chemioterapia".
Nessuno che abbia mai guardato la loro carta d'identità cercando di capire se sono ancora in età fertile oppure no.
E allora quali consigli vorreste dare, piccoli borghesi che avete sempre votato per voi e mai per la collettività?
Voi che avete raschiato il barile delle leggi e continuato a scavare, per riuscire a risparmiare due centesimi all'ora per un vostro dipendente?
Prendete le vostre idee imprenditoriali e appallottolatele lontano, che nessuno possa contagiarsi con la credenza "sfamare chi ha fame è sbagliato, dategli una canna da pesca". Avete prosciugato i fiumi, rubato i mulinelli, imposto la proprietà privata sulle rive e vi siete mangiati finanche i vermi delle esche, e ora pensate di lasciarci affamati e con un pezzo di bambù in mano?
Le migliaia di persone in tutta Italia – milioni, pardon – oggi senza un lavoro regolare e retribuito, dovrebbero ringraziarvi per la perspicacia della metafora del pesce e della canna da pesca?

Vi vedo stupiti, non siatelo. Sarebbe strano il contrario, cioè sopportare in silenzio i vostri lamenti da imprenditori di successo per mancanza di personale disposto a farsi sfruttare, cambiare città, abitudini, orari, solo per voi.

Non ho consigli da dare se a 56 anni nessuno ti vuole più, però a te mancano quasi dieci anni per la pensione.
Oppure se fai colloqui dalla Sicilia fino al nord ma da un anno ricevi soltanto "no" e proposte di trasferimento con uno stipendio da 1.000 euro.
Non ho consigli da spendere verso chi a 42 anni torna a vivere nella cameretta dove dormiva da adolescente perché non riesce più a pagarsi un affitto.

Avete visto la serie di Zerocalcare, dove lei torna a vivere dai genitori, e poi s'ammazza? Vi svelo un segreto: non era una serie. Per questo ci siamo riconosciuti così tanto dentro quella storia, anche se può non essere la nostra storia.

Abbiamo il diritto a non essere brillanti, entusiasti e raggianti, dopo tre anni senza lavoro o cinque.

Abbiamo il diritto a non essere felici, ascoltando lo slogan "se davvero vuoi trovare un lavoro, lo trovi". E la decrepita dizione "puoi sempre andare al mercato a scaricare le cassette della frutta", è una balla. Ci siete mai stati al mercato la mattina alle 5:00? Sono già organizzati e non aspettano voi, e comunque a 60 anni a scaricare le cassette della verdura, forse non è il caso.
Possiamo dirlo che "un lavoro purché sia" non è una soluzione ma fa parte del problema?
Possiamo dirlo che il mercato del lavoro non esiste – oppure è pagato male e al nero – ma la colpa non è delle persone che "non hanno voglia di rimboccarsi le maniche"? Perché l'ultima frase solleva dalle responsabilità politiche e di controllo della regolarità delle collaborazioni, che invece dovrebbero essere i due grimaldelli della ricostruzione.

Dopo aver ricattato, licenziato, messo ai margini e pagato operai e collaboratori 6,5 euro lordi l'ora, non date ai senza diritti anche la colpa per la loro condizione. Almeno questo, vi prego, risparmiatecelo. Abbiate ritegno. Siete voi che in Parlamento avete le lobby e i conflitti di interesse. Gli altri vorrebbero soltanto un lavoro, onesto e onestamente pagato.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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