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Elezioni europee 2024

Gaetano Pedullà (M5S): “Se un capitano mette un generale come capolista, il capitano è politicamente morto”

Gaetano Pedullà, ex direttore del quotidiano La Notizia, si è candidato con il Movimento Cinque Stelle alle prossime elezioni europee. “Oggi i grandi editori dell’informazione italiana stanno nella Silicon Valley”, spiega a Fanpage.it, “l’Europa deve impedire che gli algoritmi dei social network direzionino le decisioni politiche”.
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"O fai il politico o fai informazione", ha scritto Giuseppe Conte nel post di Instagram con cui ha presentato agli elettori del Movimento Cinque Stelle la candidatura di Gaetano Pedullà. L'ormai ex direttore del quotidiano La Notizia è entrato, così, nella lista presentata per le prossime elezioni europee nella circoscrizione Nord-Ovest. "Come partito siamo molti rigidi sul tema del conflitto d'interessi. Vogliamo portare i cittadini nelle istituzioni, mentre molti leader nazionale si sono candidati sapendo che non andranno mai in Europa", spiega in un'intervista a Fanpage.it: "Quando non c'è credibilità nelle affermazioni della politica, la politica perde la sua forza, perde il suo valore".

Ha deciso di lasciare, almeno momentaneamente, il mondo del giornalismo per intraprendere questa esperienza politica. Da cosa deriva questa scelta?

Intanto da una richiesta precisa del presidente del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte, che è molto rigido per quanto riguarda i conflitti di interesse. Ha voluto evitare ogni rischio di confusione tra il ruolo di giornalista e il ruolo di politico, il ruolo dell'informazione e il ruolo di chi fa politica.

Questo anche perché siamo, in questo momento in Italia, in una situazione di grande confusione e conflitti di interesse. Penso soltanto al caso Agi, cioè a un'azienda partecipata da Eni che sta per essere ceduta, o perlomeno le trattative sembrano ben avviate, a un parlamentare di un partito della maggioranza. Una cosa che si vedeva solo in Unione Sovietica con gli oligarchi. Noi, come M5S, su questo tema siamo molto rigidi, così come sul tema della libertà di informazione.

A proposito di rischio di libertà dell'informazione, lei va spesso ospite in diverse trasmissioni televisive quindi conosce bene i meccanismi della Rai. Secondo lei in che stato di salute versa?

Lo stato di salute è pessimo. C'è un rischio libertà di informazione che è trasversale, dalla carta stampata, ai giornali online e oggettivamente anche nella televisione. La Rai è occupata militarmente dai partiti. Questo non è un tema nuovo, ma lo conosciamo da tantissimi anni. In questa fase, però, si è accentuata la pressione: intellettuali oscurati, trasmissioni che censurano personalità specifiche. Io posso essere un esempio in prima persona. Andavo anche cinque volte a settimana in Rai. Da quando è iniziato il governo Draghi fino a qualche giorno fa, solo perché c'è la par condicio, non sono mai più stato invitato da nessuna parte. Perché chi porta avanti idee che non piacciono a destra, e non piacciono per alcuni spazi occupati dalla sinistra, non ha cittadinanza. Questo in un'azienda che è pagata dai cittadini e che fa servizio pubblico è inaccettabile.

Poi c'è l'altro grande problema. Noi in Italia abbiamo una situazione con un conflitto di interessi monumentale rispetto a Mediaset, una televisione controllata da una famiglia che è anche proprietaria di un partito politico. Ricordo che la famiglia Berlusconi, gli eredi di Silvio Berlusconi, ha sottoscritto le fideiussioni bancarie, parliamo di circa 100 milioni di euro, che servono a sostenere il debito di quel partito. Senza quei soldi Forza Italia dovrebbe portare i libri in Tribunale.

Ci lamentiamo tanto perché i concessionari balneari, sostenuti dalle destre, pagano due soldi per avere le spiagge a disposizione e fare così tanti quattrini. Ma nessuno si pone mai il tema: "Perché la televisione privata trasmette liberamente, utilizza una concessione a trasmettere, senza pagare l'equivalente?". Questo è un Paese dove i grandi temi sono messi sotto al tappeto come la polvere e si parla spesso di sciocchezze, di cose secondarie che servono per non accendere i fari sulle questioni che contano.

Secondo lei che cosa può fare l'Europa per evitare che nei singoli Stati membri accada questo?

L'Europa intanto ha già fatto una direttiva molto specifica, e questo costringerà la Rai a rivedere anche il suo modello. Tra breve la Rai dovrà rinnovare il suo consiglio di amministrazione. C'è una data che decide il governo, quando è disposto e comodo a farlo. Noi abbiamo fatto un grande passo indietro in direzione di quella Tv di servizio pubblico che è il modello a cui ci si ispira nelle migliori democrazie e in altri Paesi.

Noi avevamo sostanzialmente i vertici della Rai nominati dal Parlamento, indicati dai presidenti di Camera e Senato. La riforma di Matteo Renzi ha affidato, invece, direttamente al governo la decisione degli amministratori. Questo sposta sempre più in mano di chi ha le redini del potere nel Paese il controllo dell'informazione. Dobbiamo porre questa, e altre questioni, in Europa.

Ne aggiungo un'altra: come giornalista ho fatto, così come tanti colleghi, battaglie fortissime perché in Italia avevamo una ventina di editori cosiddetti ‘impuri'. Parlo di grandi banche, assicurazioni, gruppi industriali importanti che erano i proprietari dei giornali. Oggi non sono più questi 20 editori, che perlomeno sappiamo dove sono e come parlargli. Oggi gli editori in Italia e in Europa sono tre e stanno a Palo Alto, nella Silicon Valley: sono gli aggregatori di informazione attraverso i social network. Sostanzialmente abbiamo concentrato ancora di più, in mani tra l'altro impossibili da raggiungere e con cui comunicare. Qualcuno conosce le logiche degli algoritmi dei social network? Ecco, quello direziona l'informazione e quindi anche le decisioni politiche, il potere.

Lo dobbiamo impedire e l'Europa ha gli strumenti per farlo, a partire da una tassazione adeguata di queste aziende. Non è possibile che la piccola impresa nel nostro Paese soffra enormemente e gruppi multinazionali che fatturano, incassano e guadagnano decine di miliardi di euro riescano a eludere la tassazione e pagare quasi nulla. Come M5S riteniamo che vadano aiutate le persone, i cittadini, vadano aiutati i servizi, a partire dalla sanità, e per far questo sarebbe molto semplice trovare un po' di risorse.

Sappiamo che l'anno scorso, come mai nella storia, le banche hanno guadagnato grazie agli extraprofitti dovuti ai tassi del costo del denaro. Sembrava che quei dati, il record dell'anno scorso, fossero incredibili. Nel primo trimestre di quest'anno sono ancora migliori. Ci sono aziende, penso alle grandi aziende farmaceutiche, alle grandi aziende assicurative, alle grandi aziende bancarie, alle grandi aziende delle armi, che stanno facendo utili enormi e non pagano un centesimo di euro sugli extraprofitti che fanno. Penso che una logica redistributiva debba prendere in considerazione seriamente questo aspetto.

Abbiamo raccolto alcune domande che ci sono state poste dalla nostra Community per rivolgerle i candidati. I lettori ci chiedono di sapere la vostra posizione sull'azione militare di Israele a Gaza.

Abbiamo messo la parola ‘pace' nel simbolo del M5S e ‘pace' è un concetto che deve tenere in considerazione i fatti che accadono in questo momento. Sono fatti che vedono quella che Papa Francesco chiama ‘una guerra mondiale a pezzi'. La guerra in Ucraina ha fatto da detonatore per far scattare altre guerre in altre parti del mondo. Uno di questi effetti è stato anche il pogrom che c'è stato il 7 ottobre scorso contro Israele e quindi la ritorsione criminale, aggiungo perché per me quello che accade tuttora a Gaza è un genocidio.

Dobbiamo ragionare in questo senso, disinnescando ogni conflitto. E per farlo bisogna cominciare a parlare di tregua nella vicenda ucraina, dobbiamo iniziare a parlare in modo diverso con le due parti in guerra sul territorio palestinese facendo in modo che la voce dell'Europa non sia una voce insignificante. L'Europa può esercitare una pressione diplomatica maggiore rispetto a questi Stati, per esempio cominciando a provare alle nazioni Unite le risoluzioni che vengono proposte, dove l'Italia incredibilmente si dà alla fuga.

Dobbiamo quindi insistere perché si vada verso la logica dei due popoli e due Stati. Ho sempre avuto una mia considerazione personale pro Israele, senza se e senza ma. Poi con la mia attività di giornalista sono andato a vedere come stanno le cose, perché quell'odio così antico quando invece, ad esempio, nella città di Gerusalemme convivono in armonia più religioni e più popolazioni. Questo perché il popolo palestinese è stato messo in una condizione davvero difficile, con i check point, con l'impossibilità di spostarsi, con la necessità di dipendere da Israele anche semplicemente per andare a lavorare.

Una condizione che negli anni ha creato quell'odio che ciclicamente riemerge e che ha sostanzialmente fatto la fortuna di Hamas. Un gruppo terroristico che va colpito e abbattuto. Ma non si può colpire Hamas sparando nel mucchio come ha fatto Netanyahu, che tra l'altro ritengo che il giorno che lascerà il governo sarà sempre troppo tardi.

Un altro aspetto che ha colpito molto i nostri lettori riguarda la candidatura di alcuni personaggi che già si sa non andranno poi in Europa. Sappiamo che il M5S ha fatto una scelta diametralmente opposta. Da cosa deriva?

Ci dicono che abbiamo liste deboli, ma il M5S è nato per portare i cittadini nelle istituzioni. Oggi molte persone non vogliono votare perché non si fidano della politica, perché si sentono presi in giro dalla politica. Molti leader nazionali, penso dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e alla stessa leader del PD Elly Schlein, ma anche a Tajani, Renzi e Calenda, si candidano alle elezioni europee sapendo che non ci andranno mai. Calenda, per esempio, ci diceva fino a qualche settimana fa che mai si sarebbe candidato e adesso è candidato.

Quando non c'è credibilità nelle affermazioni della politica, la politica perde la sua forza, perde il suo valore. E quindi vedere dei candidati che chiedono i voti dei cittadini per poi non andare lì, ma soltanto per far scattare qualcun altro che gli elettori non sanno chi sia, è veramente una forma surrettizia di imbroglio agli elettori, una cosa estremamente grave.

C'è solo un altro leader di partito che ha fatto un ragionamento molto simile a quello di Giuseppe Conte, nonostante sia in qualche modo molto diverso da Conte, e mi riferisco a Matteo Renzi.

Matteo Renzi si è candidato a queste elezioni europee dicendo che lui andrà a fare il parlamentare europeo. Dice che le regole europee non sono in contrasto con il suo enorme conflitto, anche rispetto alla sua situazione in Italia. Sappiamo essere un collaboratore consulente di Bin Salman, quindi prende soldi ufficialmente da un governo estero. Penso che in un Paese dove si ragioni con la mente aperta questo dovrebbe essere assolutamente vietato e contestato.

In Europa ci sono questi freni che secondo Renzi si possono superare. Credo che al momento dell'insediamento si porrà la questione e prenderà la palla al balzo per dire: "Io ci volevo andare, non me lo hanno fatto fare". C'è anche un altro leader, invece, che non si è candidato ed è Matteo Salvini. A me fa venire in mente l'espressione con cui lui viene soprannominato, ‘il capitano'. Ecco, quando un capitano mette in testa alla lista un generale, il capitano è un uomo morto. Dentro la Lega ci sono sicuramente delle cose che dopo queste elezioni esploderanno, sia dentro il partito che nei rapporti con il governo e quindi all'interno della maggioranza. Staremo a vedere.

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