Franceschini sulle nomine ai musei: “Critiche segno di provincialismo”

Torna a parlare il ministro della Cultura Dario Franceschini, dopo le polemiche sollevate dalla scelta di nominare 7 non italiani a capo dei principali musei del Belpaese. Con una intervista al Messaggero, l’esponente del Partito Democratico ribadisce di considerare come “provincialismo preoccupante", le critiche relative alla nomina di sette direttori europei per i principali poli museali italiani e attacca: “In futuro vorrei avere stranieri veri, cittadini extracomunitari, è così che si fa in un mondo globale, si sceglie in base al talento, non alle nazioni di residenza”. Nella lettura di Franceschini, dunque, si tratta solo di un passo in avanti, in un percorso ancora da costruire: “La strada l'abbiamo tracciata. Va sempre considerato che c’è museo e museo. Quello con forte attrattiva internazionale e la piccola realtà. La nomina dei venti direttori è stata possibile perché abbiamo fatto una norma di legge che ci ha consentito, pur rientrando nel numero massimo di dirigenti previsti dal Mibact, di fare una selezione internazionale ad hoc per i musei”.
Ma si tratta di un esperimento che “va allargato, andando avanti e recuperando qualche posto” e superando anche lo scetticismo di alcuni esponenti del mondo della cultura che hanno rifiutato le proposte del Governo. La questione è anche di natura economica, spiega il ministro: “Senza fare nomi, posso dire che pur avendo noi offerto il massimo della retribuzione per un dirigente dello Stato (140mila euro all'anno per la prima fascia e 78mila per la seconda) siamo lontani anni luce da quello che prende il direttore di un grande museo nel mondo”.