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Ferrara (M5s) a Fanpage: “Aumento spese militari non è priorità. No crisi ma nessuno forzi la mano”

Il M5s non cambia idea sull’aumento delle spese militari, in vista del voto in Senato sul decreto Ucraina. Il capogruppo in Commissione Esteri Gianluca Ferrara a Fanpage.it: “Il Movimento non vuole assolutamente una crisi di governo sulle spese militari, per questo ci auguriamo che nessuno voglia fare rischiose forzature”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Nei prossimi giorni ci sarà un test importante per la tenuta della maggioranza in Senato, prima con il voto delle commissioni riunite Esteri e Difesa, previsto per domani, poi mercoledì quando i parlamentari saranno chiamati a convertire definitivamente in legge il decreto per i primi aiuti umanitari economici e militari dell'Italia all'Ucraina. Intanto il leader del M5s Giuseppe Conte, sulla cui riconferma si sta svolgendo in queste ore il voto degli iscritti, ha detto che il Movimento non cambierà idea sul ‘no' all'incremento delle spese, aggiungendo di essere contrario ad inserire più fondi nel Def. Conte nelle prossime ore incontrerà il presidente del Consiglio Draghi, ma è sicuro che alla fine sarà il governo ad ammorbidire le sue posizioni e a "a perseguire la strada della ragionevolezza". L'ex premier è convinto che l'aumento delle spese militari porterebbe "a un riarmo inutile". Abbiamo fatto il punto con il senatore Gianluca Ferrara, vicepresidente del gruppo M5S Senato e capogruppo in Commissione Esteri.

Senatore, perché siete contrari all’aumento della spesa militare?

La linea del M5S sulle spese militari, ripetuta con chiarezza dal presidente Conte in questi giorni, è una linea di fermezza e di buon senso. Noi diciamo NO a investimenti straordinari ed eccezionali per il riarmo sull'onda emotiva della guerra in Ucraina che non servono a migliorare la sicurezza dei cittadini ma solo ad arricchire i produttori di armi: sarebbe una vergogna e una pazzia, come ha detto Papa Francesco. In questo momento le priorità delle persone e del Paese sono altre. Come possiamo giustificare una corsa al riarmo alle famiglie che non arrivano a fine mese e agli imprenditori che rischiano di chiudere bottega? Ora l’urgenza è investire per far fronte al caro energia e accelerare la transizione alle rinnovabili, per garantire salario minimo e sicurezza sul lavoro, per rafforzare sanità e istruzione. Per il M5S la “difesa” dei cittadini non è solo quella militare e armata, ma anche la difesa della loro sicurezza sociale, del loro stile di vita, della loro dignità, della loro salute e dei loro diritti. Tutti ci prendevano in giro quando abbiamo messo sul tavolo la questione della transizione energetica: oggi tutti riconoscono che solo le rinnovabili garantiscono autonomia strategica e anche pace, perché tutte le guerre, anche quella ucraina, si fanno per il controllo del mercato energetico.

Ci spieghi qual è la posizione del Movimento: la vostra intenzione è quella di mantenere gli accordi presi con la Nato, cioè il raggiungimento del 2%, dilazionando però l’aumento degli investimenti?

Il M5S chiede con fermezza che non ci siano stanziamenti eccezionali rispetto al trend di crescita della spesa militare italiana portata avanti in questi ultimi anni, anche dai governi Conte. Chiediamo che non ci siano fondi straordinari alla Difesa esplicitamente destinati a rispettare la tempistica di raggiungimento del target Nato del 2% del Pil che prevedeva un traguardo decennale e quindi al 2024. La tempistica ipotizzata otto anni fa non può essere considerata un dogma indiscutibile a cui inchiodare le nostre scelte di spesa pubblica, soprattutto tenendo conto di quante cose sono successe negli ultimi anni. Raggiungere il 2% in soli due anni significherebbe triplicare il tasso di crescita della spesa militare italiana investendo non più un miliardo e mezzo o due ogni anno come avvenuto negli anni passati, ma almeno 6 miliardi in più l’anno nel 2023 e altrettanti nel 2024. Mantenendo il ritmo incrementale graduale degli ultimi anni l’Italia arriverebbe a spendere il 2% del PIL nel 2028, solo quattro anni in più rispetto al target originario.

Il governo rischia di cadere sull'aumento delle spese militari fino al tetto del 2% del Pil?

Il Movimento non vuole assolutamente una crisi di governo sulle spese militari, per questo ci auguriamo che nessuno voglia fare rischiose forzature. Il problema non sono gli odg, che hanno valore puramente simbolico, ma il Def che il governo si appresta a varare e presentare in Parlamento. Il M5S è la prima forza parlamentare di maggioranza e il governo deve tenere conto della nostra posizione.

Il governo deve mandare in Parlamento il Def entro il 10 Aprile: è possibile che lì possa esserci quindi il vero intoppo, nel caso in cui ci fossero aumenti di spesa legati agli armamenti?

Non si deve arrivare all'intoppo, ci deve essere un serio confronto politico prima del varo del Def ed è quello che stiamo facendo, mandando al governo un messaggio forte e chiaro: il documento di economia e finanza per il 2022 non deve contenere previsioni di stanziamenti straordinari ed eccezionali rispetto a quelli degli anni scorsi.

Sulle spese militari c’è un avvicinamento con la Lega, visto che per Salvini “le armi non sono mai la soluzione”?

Sta parlando dello stesso Salvini che imbracciava fucili invocando la legge del far west? La coerenza e l'affidabilità non sono le doti principali della Lega.

È possibile che la soluzione per superare l’impasse sul decreto Ucraina è un voto di fiducia del Senato? In alternativa state valutando un testo condiviso da tutta la maggioranza, che possa andare bene al M5s?

Una cosa è il decreto Ucraina e una cosa sono le spese militari, che si decidono nel Def e nella Legge di Bilancio, non in un odg. Chi vuole strumentalizzare l'onda emotiva della guerra mischiando le carte in tavola e sfruttando la situazione per provocare fibrillazioni nella maggioranza commette un errore. Troveremo una soluzione che garantisca sia la stabilità del governo che le vere priorità del Paese.

Il ministro Guerini ha sottolineato però l’importanza di difendere la credibilità e la reputazione dell’Italia nell'ambito delle relazioni internazionali, mantenendo gli impegni presi, oltre alla necessità di ammodernare le nostre Forze Armate, a partire dai sistemi d'arma. Cosa rispondete?

Rispondiamo che lo stesso ministro Guerini nel novembre 2019 dichiarava pubblicamente che “l'obiettivo di raggiungere il 2% del Pil entro il 2024 non è realisticamente realizzabile”. Dichiarazioni che suonano ancor più significative se pensiamo che sono state fatte prima della crisi economica causata dalla pandemia e la successiva crisi energetica e dei prezzi che hanno richiesto e ancora richiedono investimenti pubblici senza precedenti a sostegno di imprese e famiglie. Nessuno mette in dubbio la sacrosanta esigenza di garantire più sicurezza ai cittadini italiani ed europei alla luce di quanto sta accadendo, ma per raggiungere questo obiettivo non serve spende di più ma spendere meglio. Sia a livello europeo che nazionale.

Come andrebbe razionalizzata la spesa per la difesa?

Oggi i Paesi membri dell’Ue spendono complessivamente 230 miliardi di dollari l’anno in spese militari. Quattro volte tanto la Russia, poco meno della Cina. Sulla carta l’Europa potrebbe essere la terza potenza militare del pianeta dopo USA e Cina. Il problema è che in Europa per la difesa si spende male, non certo poco. Una maggiore cooperazione e integrazione europea a livello di approvvigionamento comune di armamenti, di logistica e manutenzione, di addestramento e approntamento del personale eviterebbe duplicazioni, inefficienze e sprechi (come gli attuali 17 tipi diversi di carri armati europei a fronte di un solo tipo USA) e consentirebbe di mettere a sistema le risorse e in ultima analisi diminuire le spese militari nazionali, garantendo al contempo sia una migliore difesa dei cittadini che un maggiore sviluppo dell’industria difesa europea. Anche a livello nazionale si potrebbe avere una Difesa migliore spendendo non di più ma meglio, razionalizzando, ottimizzando ed efficientando la spesa militare italiana. Una spesa caratterizzata da gravi squilibri che compromettono l’efficienza dello strumento militare. In sintesi: troppe spese per il personale (60%) anziano e di alto grado e per l’acquisizione non razionalizzata di nuovi armamenti (quasi 30%), troppo poche per l’addestramento del personale giovane, la manutenzione operativa dei mezzi e la cyber difesa (il restante 10%).

Conte ha detto che non si accontenterà di prendere il 50,1% dei voti. Vi aspettate una sua riconferma a larga maggioranza?

Sì.

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