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Opinioni

Ecco i veri numeri sull’immigrazione, una faccenda più complicata di un tweet di Salvini o Meloni

La verità è che in Italia abbiamo pochi rifugiati. La più grande menzogna dopo “la Terra piatta” è “l’invasione degli immigrati”.
A cura di Saverio Tommasi
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La presidente Giorgia Meloni
La presidente Giorgia Meloni

Partiamo da un fatto: chi ha soluzioni semplici per problemi complessi è un farabutto. La vita, la morte, le migrazioni, l'amore, sono tutte questioni intricate, e risolvere i problemi con uno slogan significa non risolverli.

Proporre soluzioni facili per problemi ingarbugliati significa essere parte del problema e non della soluzione.
In altre parole: i numeri sull'immigrazione sono una faccenda più complicata di un tweet di Salvini o Meloni.

Partiamo da qui: a metà del 2022 le persone in situazione di sradicamento forzato a livello globale (rifugiati, sfollati e richiedenti asilo) hanno raggiunto una cifra senza precedenti: 103 milioni. È un record che supera il record dell'anno precedente, e accade ormai tutti gli anni. Tradotto significa un abitante del mondo ogni 77 persone, cioè più del doppio di quanti non erano anche soltanto 10 anni fa (un abitante ogni 167).

Questo dato spiega quanto guerre e cambiamenti climatici stiano sconvolgendo il mondo nell'ultimo decennio.
E quanto – nella sostanza – tutte le opere di repressione dell'immigrazione siano state inutilmente violente e inefficaci, in primis secondo la prospettiva di chi le ha volute e foraggiate. Sto parlando delle barriere – e dei muri – che non hanno fermato i flussi migratori, nonostante siano moltiplicate anche all'interno dell'Europa di Schengen.

E dunque, per usare una terminologia che detesto però molto in voga: "L'Italia è invasa?"
No, perché oltre il 70% di chi lascia il proprio Paese cerca rifugio in uno Stato confinante e solo una piccola parte arriva in Europa. Le persone scappano, e con guerre e cambiamenti climatici lo faranno sempre di più, ma l'Europa non è per tutti la destinazione finale, siamo parte – questo sì – di un processo più grande.

I numeri sull'immigrazione sono una faccenda complicata, che si intreccia, che va letta con attenzione, che va compresa, che non si può trattare con banalità perché non si tratta di noccioline. Intendiamoci: anche le noccioline, di fronte a una frontiera, hanno la loro rilevanza. Il peso, il trasporto, si possono deteriorare, piacciono oppure no, ma comunque – alla fine – si tratta di "noccioline". Voglio dire: chi se ne importa, non muore nessuno. I numeri sull'immigrazione, invece, riguardano persone che possono vivere o morire, o essere intercettate dalla cosiddetta "Guardia costiera" libica e tornare ad essere vittime di violenze e taglieggiamenti.

Una nocciolina non la torturi, un essere umano invece lo puoi privare del sonno. Una nocciolina non la stupri, una donna o un uomo invece sì, anche fino al punto di sfondare loro l'intestino infilandogli un palo nel retto, uccidendoli. Avviene in maniera abbastanza sistematica in varie parti del mondo.
Un essere umano può riuscire ad arrivare in Europa oppure affogare in mare mentre ci prova, a una nocciolina invece non accade mai di venire ritrovata riversa con l'acqua nei polmoni e una maglietta rossa. Una nocciolina a sei anni è sciupata e si butta, un bambino a sei anni inizia la scuola primaria.
Senza le ONG in mare – e una politica europea di salvataggio e coordinamento – agli esseri umani accade sempre più spesso di morire in mare, e se qualcuno vi sta dicendo qualcosa di diverso, mente.

L'Italia ha la metà dei rifugiati della Francia, secondo i dati della Fondazione Migrantes, e sette volte in meno rispetto alla Germania. Non significa "Europa buona e Italia cattiva" – perché anche questa sarebbe una frase a effetto, una semplificazione disgustosa – il senso invece è: diffidate da chi ha soluzioni banali, questo voglio dirvi. Equivalga alla paura della peste chi propone una ricetta in cinque minuti, o chi dice "porti chiusi" oppure "blocco navale". O anche “rimandiamoli a casa loro”, “ci rubano il lavoro”, “tutta l’Africa non può stare in Italia”. Esiste un intero vocabolario di slogan complici della mattanza ai confini del mondo.

L'accoglienza in Europa degli ucraini dopo l'invasione di Putin, è stata fino a oggi una "buona accoglienza", e questo risultato dobbiamo rivendicarlo. Però gli ucraini sono bianchi, le donne bionde e gli uomini sono rimasti (forzatamente) in Ucraina per combattere, per questo è stata un'accoglienza più facile. L'Europa, vedendoli, ha visto se stessa. La grande ipocrisia sull'immigrazione è la differenziazione delle persone per colore della pelle, è l'aumento dei muri in Europa se non sei ucraino.

Sui muri europei vengono investiti denari crescenti, sono le barriere anti-migranti, attualmente sono 19 quelle che delimitano tratti di confine, e come accennato esistono anche barriere all’interno della cosiddetta “zona Schengen”.

L’accoglienza per i rifugiati ucraini è servita a dimostrare che la risposta più efficace per rispondere all’immigrazione è una risposta europea, globale, dove l’Italia accetti di fare la sua parte e non utilizzi l’Europa per dire “noi non possiamo”. L’Italia può e deve, ci sono i soldi e le capacità.
Sempre secondo i dati della Fondazione Migrantes in Italia abbiamo 5 rifugiati ogni 1.000 abitanti, un numero bassissimo, che se cammini per strada a Milano in pieno giorno potresti non incontrarne neanche uno per ore (alert: non tutti i neri sono rifugiati).

Ma insomma, la soluzione qual è?
Io non posso dirvi quale sarebbe, ma come sarebbe: complessa. La bacchetta magica di Harry Potter è servita per fermare Voldemort, ma neanche lei sarebbe in grado di trovare una soluzione eseguendo una formula magica. Una cosa, però, la sappiamo: le buone soluzioni partono dal posizionare ogni tipo di slogan nel cestino della Storia.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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