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Draghi: “Foibe non siano pretesto per provocazioni o propaganda. Mai più odio e divisioni”

“Le vicende che oggi ricordiamo non possono essere un pretesto per provocazioni e propaganda”. E ancora: “Quelle divisioni, quell’odio, quei soprusi non trovino mai più spazio in Europa”: lo dice Mario Draghi intervenendo in Senato per il Giorno del Ricordo.
A cura di Giacomo Andreoli
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Le foibe sono un fenomeno ancora attuale e non devono essere trascinate nella contesa politico-mediatica tra destra e sinistra. La pensa così il presidente del Consiglio Mario Draghi, intervenuto nell'Aula del Senato per il Giorno del Ricordo, dopo le polemiche per la circolare del ministero dell'Istruzione che equipara le foibe alla Shoah. Secondo il premier gli eccidi di militari e civili italiani di Venezia Giulia, Quarnaro e Dalmazia, per mano dei partigiani jugoslavi durante e appena dopo la seconda guerra mondiale, furono un evento drammatico che deve far riflettere.

«A distanza di oltre settant’anni – ha detto- dobbiamo cogliere l’opportunità di questa giornata per continuare a indagare sulle cause profonde di quanto accaduto. Le storie delle donne e degli uomini uccisi sono un avvertimento quanto mai attuale del pericolo rappresentato dai totalitarismi e dalla violenza politica. Perché quelle divisioni, quell’odio, quei soprusi non trovino mai più spazio in Europa».

Secondo l'ex numero uno della Bce, «dobbiamo continuare a costruire una memoria storica condivisa e respingere ogni tentativo di strumentalizzazione per fini politici. Perché le vicende che oggi ricordiamo non possono essere un pretesto per provocazioni o propaganda».

Quindi l'invito a cogliere la giornata come un'occasione per rafforzare i legami con i vicini europei e mantenere rispetto e benevolenza tra popoli diversi, senza che i confini diventino una causa di conflitto. Tutto per «evitare che gli errori del passato diventino motivo di divisione o di risentimento».

Foibe, un'occasione "per ricordare l'importanza dell'Europa"

Draghi ha quindi sottolineato che la giornata sia necessaria per percorrere un cammino di riconciliazione con i vecchi nemici e per impegnarsi a «trovare terreno comune tra nazioni diverse: l’unità nella diversità». Quel fenomeno, ha spiegato, fu la sconfitta di un mondo libero e aperto. Al contrario, oggi, vanno rafforzati il pluralismo, la democrazia, la libertà. Quelli che vengono definiti «i principi fondanti della Repubblica italiana e dell’Unione europea, oltre che le uniche, vere garanzie di un’autentica coesistenza tra nazioni e tra persone».

Il presidente si è poi complimentato con le quattro scuole vincitrici del concorso nazionale per il ricordo delle foibe "10 febbraio: per amor di patria". «Dietro alla storia – ha spiegato- ci sono le vite delle persone, i loro traumi; senza partecipazione non può esserci memoria e tocca ai giovani trasmettere questa memoria alle generazioni che verranno».

Nel frattempo Giorgia Meloni ha chiesto che venga revocata la medaglia della Repubblica italiana all'ex dittatore della Jugoslavia Tito. Secondo la leader di Fratelli d'Italia è «assurdo che tutt'oggi un massacratore di italiani sia insignito di una tale onorificenza. Le vittime delle foibe meritano rispetto e giustizia».

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