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Dieci anni fa naufragio nel Canale di Sicilia, Mattarella: “Per fermare illegalità servono canali di immigrazione legali”

Il 18 aprile 2015 un peschereccio con a bordo centinaia di persone migranti si inabissava nel Mediterraneo centrale, tra la Libia e l’Italia: le vittime furono circa mille. A dieci anni di distanza, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricorda quel naufragio come “una delle più terribili che si ricordano nel Mediterraneo” e richiama l’Europa alla responsabilità nella gestione dei flussi migratori.
A cura di Francesca Moriero
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Era la notte tra il 18 e il 19 aprile 2015 quando un peschereccio partito dalla Libia, sovraccarico di persone in fuga da guerre, povertà e violenze, affondò in acque internazionali nel Canale di Sicilia. Quella traversata si trasformò in una strage: si salvarono solo in 28, 58 i corpi recuperati, mentre gli altri, quasi mille tra uomini, donne e bambini, vennero dichiarati dispersi. Un numero enorme che ancora oggi pesa come un monito sulle politiche migratorie europee. Nel decennale di quella tragedia, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto ricordare l'accaduto, definendolo "un'immane tragedia del mare, tra le più terribili che si ricordano nel Mediterraneo".

"I migranti morti e dispersi raggiunsero numeri spaventosi. Fra le vittime anche decine di bambini", ha aggiunto il Capo dello Stato. Quelle persone, ha ricordato Mattarella, "disperatamente cercavano una vita migliore, fuggendo da guerre, persecuzioni, miseria. Persone finite nelle mani di organizzazioni criminali, che li hanno crudelmente abbandonati nel pericolo. La Repubblica italiana ricorda quelle tante donne e tanti uomini, molti destinati a restare senza nome".

"È la nostra civiltà a impedirci di voltare le spalle"

Nel suo messaggio, il Presidente ha ricordato anche il ruolo svolto dai soccorritori italiani, sottolineando il valore del loro intervento: "Nel fare memoria, rinnoviamo l'apprezzamento per l'opera di soccorso da parte delle navi italiane che sono riuscite, in condizioni estreme, a salvare vite, rispettando quanto impone la legge del mare". Un principio che, ha ribadito, è radicato nei valori della nostra civiltà: "È la nostra civiltà a impedirci di voltare le spalle, di restare indifferenti, di smarrire quel sentimento di umanità che è radice dei nostri valori".

A dieci anni di distanza, quel naufragio non è solo un episodio tragico del passato, ma una ferita ancora aperta: secondo l'UNHCR, da allora almeno 34mila persone risultano morte o disperse nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Numeri impressionanti, probabilmente sottostimati, che raccontano una realtà in cui il mare continua a essere confine e trappola, più che via di salvezza. Mattarella ha dunque anche rivolto un appello alle istituzioni europee, esortando un'azione più strutturata e umana nella gestione dei flussi migratori: "I movimenti migratori vanno governati e l'Unione Europea deve esprimere il massimo impegno in questo senso". Ma per farlo, ha precisato, serve uno sforzo che combini sicurezza e rispetto per la vita: "Il necessario contrasto all'illegalità, la lotta alla criminalità, si nutrono della predisposizione di canali e modalità di immigrazione legali che, con coerenza, esprimano rispetto nei confronti della vita umana".

"Aveva una pagella scolastica cucita nella giacca uno degli oltre mille migranti che il 18 aprile 2015 persero la vita inghiottiti dal mare tra la Libia e Lampedusa. In questi 10 anni troppi sogni spezzati nel Mediterraneo, diventato un cimitero più che un ‘mare nostrum'. L'Europa non può voltare le spalle a chi fugge da miseria e guerre" ha scritto in un post su X (ex Twitter) Anna Ascani, deputata Pd e vicepresidente Camera

"Il 18 aprile 2015, dieci anni dal naufragio dei migranti del Canale di Sicilia. Dal presidente" della Repubblica Sergio Mattarella "una lezione di umanita'". A scriverlo sui suoi social il capogruppo di Azione alla Camera, Matteo Richetti, riprendendo e commentando le parole del presidente Mattarella a dieci anni dal naufragio dei migranti nel Canale di Sicilia.

Anche il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana, ha commentato la vicenda: "A dieci anni dalla tragedia del mare nel Canale di Sicilia del 18 aprile 2015, ricordiamo con dolore le tante vite spezzate, tra cui quelle di donne e bambini. L'impegno contro chi lucra sulla disperazione, contro i trafficanti di esseri umani è una battaglia di giustizia e di umanità che deve proseguire con determinazione".

"Restituire identità alle vittime di un naufragio è un dovere nei confronti di quanti hanno perso la vita in mare e dei loro cari. Un obbligo umanitario, menzionato nelle Convenzioni di Ginevra e nel Diritto Internazionale Umanitario. Perdere la vita non significa perdere la propria identità" ha detto invece Rosario Valastro, presidente della Croce Rossa Italiana.

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