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Dalla zona rossa alle scelte sul lockdown: ecco quali sono le accuse a Conte e ai suoi ministri

Il premier Conte e sei ministri del governo sono stati raggiunti da avvisi di garanzia emessi dalla procura del tribunale di Roma. Le notifiche riguardano la gestione dell’emergenza Covid e partono da diverse denunce raccolte in giro per l’Italia. Le accuse – che secondo i pm devono essere archiviate – riguardano due aspetti distinti e per certi versi opposti. Ecco di cosa si tratta.
A cura di Marco Billeci
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Sono sette gli articoli del codice penale chiamati in causa negli avvisi di garanzia emessi dai pm romani nei confronti del premier Conte e di sei ministri inerenti alle decisioni prese per affrontare la crisi del Coronavirus. Nello specifico, si tratta di pena per reato commesso in concorso di persone (articolo 110), epidemia (articolo 438), delitti colposi contro la salute pubblica (articolo 452), omicidio colposo (articolo 589), abuso d'ufficio (articolo 323), attentato contro la costituzione dello Stato (articolo 283), attentati contro i diritti politici del cittadino (articolo 294).

Come spiegato dallo stesso presidente del Consiglio nel post Facebook con cui ha commentato la vicenda, gli avvisi di garanzia nascono dalle denunce di “cittadini, avvocati, finanche un’associazione di consumatori”. Le segnalazioni giunte in questi mesi alla procura sarebbero oltre duecento e riguarderebbero due distinti ambiti: da una parte ci sono le presunte carenze nella gestione dell’emergenza sanitaria legata al virus. Dall’altro lato, per certi versi opposto, ci sono invece le accuse per le limitazioni alle libertà dei cittadini imposte durante il periodo del lockdown. Fonti di palazzo Chigi sottolineano che insieme agli atti, la procura ha trasmesso una relazione in cui scrive di ritenere “le notizie di reato infondate e dunque da archiviare”.

A rivendicare il merito per aver innescato l’indagine è stato il Codacons. Con un comunicato, l’associazione dei consumatori ha segnalato di aver presentato alcuni esposti contro il governo nei mesi scorsi, concernenti tre diversi aspetti. Il primo riguarda la mancata istituzione della zona rossa nei comuni di Alzano e Nembro, su cui indaga anche la procura di Bergamo. Con il secondo esposto si chiedeva invece di verificare eventuali ritardi sul fronte delle misure anti-Covid, perché “lo Stato Italiano si sarebbe attivato concretamente ed unicamente solo in data 9 marzo 2020 dichiarando la quarantena per l’intero territorio nazionale”, nonostante già dal 30 gennaio l’Oms avesse dichiarato l’emergenza. Infine, il terzo esposto è volto ad accertare eventuali responsabilità degli attori pubblici per i morti nelle case di riposo. “Ora tutti i cittadini che hanno subito danni a causa dei reati per cui indaga la Procura di Roma, potranno costituirsi essere parti offese e chiedere un risarcimento”, conclude la nota del Codacons.

A parlare è anche l'avvocato Carlo Taormina che dice: "Ho depositato esposti sul mancato avvio del lockdown a fine gennaio, sulle zone rosse e su ciò che è avvenuto nelle Rsa". Secondo Taormina la relazione con cui la procura propone di archiviare l'indagine è un'interferenza indebita perché: "L'unico soggetto deputato alle indagini è il tribunale dei ministri, lì chiederò di essere ascoltato".

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