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Cos’è lo scandalo Russiagate del Parlamento europeo e quali sarebbero i partiti a libro paga di Putin

Un’indagine in Cechia ha rivelato che il sito d’informazione Voice of Europe sarebbe stato usato dalla Russia come strumento di propaganda e per finanziare alcuni parlamentari e partiti europei. Le inchieste si sono allargate ad altri Paesi, mentre il Parlamento europeo chiede di avviare un’indagine interna.
A cura di Luca Pons
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Si torna a parlare di possibile corruzione nel Parlamento europeo, ma questa volta all'attenzione degli inquirenti non c'è il Qatar o altri Paesi del Medio Oriente: c'è la Russia di Putin, che avrebbe pagato alcuni parlamentari europei appartenenti a vari partiti passando tramite il sito d'informazione – ora bloccato – Voice of Europe. Il caso è scoppiato dopo le parole del primo ministro del Belgio, Alexander De Croo, che la scorsa settimana ha dichiarato: "È venuto alla luce che la Russia si è avvicinata agli eurodeputati, ma li ha anche pagati, per promuovere la sua propaganda".

Alla base di queste affermazioni c'è l'indagine della magistratura e dei servizi segreti cechi, che ha fatto emergere il presunto ruolo di Voice of Europe anche collaborando con i servizi belgi. Era stato proprio il primo ministro della Cechia, Petr Fiala, ad annunciare il blocco del portale d'informazione.

Un quotidiano ceco, Denikn, citando fonti di intelligence ha detto che i fondi sarebbero stati elargiti a politici di almeno sei Paesi. Tra questi ci sarebbero anche esponenti del partito tedesco di estrema destra AfD, che fa parte dello stesso gruppo europeo della Lega. Le indagini ora si sarebbero allargate, sempre secondo i media cechi, in vari Stati: ci sarebbero Germania, Francia, Belgio, Ungheria, Polonia e Paesi Bassi.

Il meccanismo ipotizzato, per quanto riguarda Voice of Europe, sarebbe piuttosto semplice. Da una parte, il sito avrebbe diffuso articoli critici dell'Unione europea su molti punti, incluso il sostegno all'Ucraina. Dall'altra, alcuni dei politici intervistati avrebbero ricevuto vere e proprie mazzette (formalmente come ‘compenso' per l'intervista). Il coordinamento di tutto il progetto sarebbe stato in mano a Viktor Medvedchuck, oligarca ucraino molto vicino a Putin che lo stesso presidente russo avrebbe voluto instaurare al posto di Volodymyr Zelensky se l'invasione dell'Ucraina fosse stata rapida come progettato.

Chi sono i politici intervistati da Voice of Europe

Naturalmente queste sono le ipotesi degli inquirenti, e non significa necessariamente che tutti i politici che sono stati intervistati da Voice of Europe abbiano ricevuto soldi. Gli unici italiani a essere apparsi sul sito erano i due europarlamentari Matteo Gazzini (Forza Italia, ex Lega) e Francesca Donato (Nuova Dc di Totò Cuffaro, anche lei ex Lega). Entrambi, parlando al Corriere della Sera, hanno negato di aver mai ricevuto denaro. Ci sono poi altri nomi di spicco apparsi sul portale: diversi candidati di Rassemblement National, il partito di Marine Le Pen, ma anche il candidato di spicco di AfD alle prossime elezioni europee, Maximilian Krah.

Diversi gruppi del Parlamento europeo, tra cui i Verdi, hanno chiesto che ci sia un'indagine interna per individuare eventuali influenze russe. Valérie Hayer, presidente di Renew Europe (il gruppo che fa riferimento a Emmanuel Macron) ha scritto alla presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, chiedendo che un'indagine sia avviata immediatamente collaborando con le autorità nazionali dei vari Paesi. Metsola ha fatto sapere di essere "a conoscenza del caso" e di star "esaminando le accuse specifiche". Il tema potrebbe essere discusso alla prossima sessione plenaria del Parlamento, il 10 e 11 aprile.

La risoluzione di febbraio contro le "ingerenze russe"

Non è la prima volta nell'Europarlamento si temono influenze russe. Poche settimane fa, a fine febbraio, i parlamentari avevano approvato una risoluzione che allertava con la "ingerenza russa nei processi democratici dell'Unione europea". In quel caso, a suscitare allarme era stato anche il caso dell'eurodeputata lettone Tatjana Ždanoka, che era stata accusata da un'inchiesta giornalistica di essere collegata ai servizi segreti russi. Ma si citavano anche altri casi di cronaca, come i presunti finanziamenti russi rivolti al Front National (sempre di Marine Le Pen) nel 2016 e alla Lega di Matteo Salvini nel 2019 (in un caso che è stato archiviato dalla Procura di Milano).

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