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Cosa dice davvero il decreto di archiviazione sui presunti fondi russi alla Lega nel caso Metropol

Le indagini sul caso Metropol, riguardanti alcune trattative condotte da persone vicine alla Lega per finanziare il partito con l’acquisto di petrolio russo, sono state archiviate. La giudice per le indagini preliminari ha spiegato il perché in un decreto che Fanpage.it ha potuto visionare.
A cura di Luca Pons
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C'è stata una trattativa, nel 2018, che ha coinvolto da una parte dei cittadini russi che dicevano di rappresentare delle figure politiche del Paese, e dall'altra delle persone vicine alla Lega. La trattativa aveva lo scopo di acquistare petrolio russo, con uno sconto, per poi rivenderlo a prezzo maggiorato a una società controllata dall'Eni e usare i soldi guadagnati in parte per ripagare i soggetti russi coinvolti, e in parte per finanziare la campagna elettorale della Lega. Questo è stato dimostrato. Tuttavia, si può parlare solo di un "proposito criminoso", non di reati: né di corruzione internazionale, perché non sono state individuate le presunte cariche pubbliche russe che ci avrebbero guadagnato, né di finanziamento illecito della Lega, perché l'acquisto di petrolio non è mai andato a buon fine.

Questo dice, in sintesi, il decreto con cui la giudice per le indagini preliminari Stefania Donadeo del Tribunale di Milano ha archiviato le indagini sul cosiddetto caso Metropol, scoppiato a inizio 2019. La giudice ha sostanzialmente ripreso le questioni sollevate già dalla stessa Procura, che a pochi mesi fa aveva presentato la richiesta di archiviazione.

Chi sono le persone coinvolte nel caso dei presunti fondi russi alla Lega

In 18 pagine di decreto, che Fanpage.it ha avuto la possibilità di consultare, Donadeo ha riportato la vicenda che gli inquirenti sono riusciti a ricostruire. Ciò che è certo è che "si può a tutti gli effetti parlare di perfezionamento di un accordo tra gli indagati e i mediatori russi". Il caso era emerso nella cronaca nazionale con un'inchiesta dell'Espresso, basata tra l'altro su una registrazione audio che è risultata "priva di manipolazioni".

Dei tre cittadini russi coinvolti, due sono stati identificati: si tratta di Ilya Andreevich Yakunin ("vicedirettore generatore della società North Caucasus Development Corporation controllata dal governo russo e membro della Agency of Direct investment, operante nel settore degli investimenti per la produzione e il commercio di petrolio e gas") e Andrey Yuryevich Karchenko, legato al politologo Alexander Dugin, che molti considerano oggi l'ideologo di Vladimir Putin.

Si sa anche che questi hanno "partecipato alla trattativa per la compravendita di prodotti petroliferi in qualità di rappresentanti di altri soggetti russi i quali avrebbero avuto interesse a concludere l’operazione sia per sostenere la campagna elettorale del partito Lega sia per una remunerazione economica personale". Sul fronte italiano, le persone indagate erano Gianluca Savoini (tra i fondatori, nonché presidente, dell'associazione Lombardia-Russia ed ex portavoce di Matteo Salvini), il consulente finanziario Francesco Vannucci e l'avvocato d'affari Gianluca Meranda.

Cosa si sa per certo sulle trattative

È provato che c'è stata "una serie di incontri e contatti telefonici e telematici, almeno da giugno 2018″, in cui si è parlato di un "‘piacere' che i russi avrebbero dovuto fare alla Lega" tramite l'acquisto di "un milione di barili" di petrolio. Nelle conversazioni tra Vannucci e Meranda si parlava anche di un "Matteo" che sarebbe andato in Russia "ufficialmente a vedere il ministro degli Interni" ma avrebbe incontrato anche "Konstantin", in una "stanza super segreta", in cui "non vogliono le foto, perché Konstantin non si può far vedere fotografato con il ministero dell’Interno, e viceversa".

La giudice indica che Konstantin sarebbe stato identificato probabilmente come Konstantin Malofeev, uno dei "duecento oligarchi russi soggetti a misure restrittive da parte dell’Onu". Non è stato dimostrato in alcun modo, comunque, che Matteo Salvini fosse a conoscenza della trattativa, né del suo scopo di finanziare la campagna elettorale della Lega. Salvini, infatti, non è mai stato iscritto nel registro degli indagati. Il legame con il partito è certo, invece: in una conversazione, Vannucci afferma al telefono che Savoini gli avrebbe detto: "Se c’è da trattare tratti tu… a nome della Lega… gli puoi dire tutto quello che ti pare, c’è la copertura politica".

Perché le indagini per corruzione sono state archiviate

Di fronte a questi dati ricostruiti dagli inquirenti, comunque, la stessa Procura ha chiesto l'archiviazione delle indagini, e la gip ha accettato.  Il motivo è che "i risultati delle indagini svolte non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna".

Per quanto riguarda le ipotesi di corruzione internazionale, infatti, è impossibile proseguire non tanto "per il fatto che l’operazione economica non sia andata a buon fine quanto perché i soggetti russi, con cui gli indagati si sono interfacciati, non appaiono rivestire la qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio". Perché ci sia il reato di corruzione, infatti, devono essere coinvolte delle figure con cariche pubbliche.

L’indagine ha cercato di "individuare i soggetti russi" che avrebbero ricevuto un parte dei soldi, ma senza successo. "Questa prova agli atti manca". Gli inquirenti avevano delle ipotesi su chi potessero essere queste persone. Tuttavia, una rogatoria internazionale per chiedere informazioni aggiuntive alla Russia non ha ricevuto "nessuna risposta", ed è "ancora maggiore l’improbabilità" di ricevere una risposta dopo l'invasione dell'Ucraina.

Anche la società russa che avrebbe dovuto vendere il petrolio non è stata chiarita in modo definitivo. Nelle registrazioni risulta che a scegliere la società sarebbe stata "un’alta carica governativa locale con cui i cittadini russi presenti affermano di essere in contatto". La società italiana che avrebbe poi dovuto comprare il petrolio"è stata individuata dalla Procura in Eni trading and shippings (Ets), società inglese controllata al 100% da Eni Spa”. È emerso che l'indagato "Meranda e Alessandro Des Dorides, vicepresidente di Ets, intrattenevano rapporti almeno dal gennaio 2017".

Al contrario, per quel che riguarda la società russa non c'è chiarezza. C’è stata una richiesta ufficiale di acquisto di petrolio inviata alla società Rosneft. Tuttavia “"l’operazione non risulta aver avuto seguito, probabilmente per il rifiuto da parte di Rosneft dovuto all’eccessivo sconto richiesto". Il 6,5%, invece del 4% emerso dalle registrazioni degli incontri. In seguito sono partite altre due richieste, di cui una a Gazprom, ma le trattative non sono andate da nessuna parte.

Non c'è reato di finanziamento illecito perché le trattative si sono bloccate

Per quanto riguarda "l’ipotesi di finanziamento illecito" per la Lega, "sia pure in forma tentata", dalle indagini è risultato chiaro che le trattative erano "inequivocabilmente dirette verso l’obiettivo finale di finanziare illecitamente il partito Lega, grazie ai rapporti che Savoini, presidente dell’associazione culturale Lombardia-Russia, aveva saputo tessere con influenti personaggi del mondo politico, economico, culturale russo". Il problema non è quindi che si volesse o meno finanziare la Lega, ma il fatto che l'operazione non è mai nemmeno partita.

Le trattative non sono state ritenute "idonee" a raggiungere, "almeno potenzialmente, lo scopo", dato che non si è conclusa "non solo la fase finale di destinazione di una certa percentuale alla Lega, ma neanche l’operazione principale di compravendita di prodotti petroliferi". Perciò "l’intera operazione rientra in un proposito criminoso non costituente reato".

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