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Morte di Silvio Berlusconi

Cosa sarebbe stata l’Italia senza Silvio Berlusconi

L’Italia senza Berlusconi sarebbe stato un Paese profondamente diverso da quello attuale, in ogni ambito, dalla politica all’economia, dalla proiezione internazionale sino alla cultura. Basta questo per capire la controversa grandezza di Silvio Berlusconi.
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Per capire cos’è stato Silvio Berlusconi, morto oggi a Milano all’età di 86 anni, basta immaginarsi cosa sarebbe stata l’Italia senza di lui.

Senza Berlusconi, le televisioni commerciali sarebbero state per anni, forse decenni, una piccola e frammentata appendice della televisione di Stato. Di sicuro non ci sarebbe stato il duopolio che fino alla rivoluzione digitale ha contraddistinto l’offerta televisiva di questo Paese, un duopolio plasmato dall’estetica berlusconiana e dal suo modo di concepire l’intrattenimento.

Senza Berlusconi, anche il calcio sarebbe rimasto relegato nella sua dimensione provinciale per chissà quanti anni, anziché diventare entertainment televisivo da esportare nel mondo, coi costi alle stelle e i calciatori superstar. Forse avremmo dovuto aspettare gli oligarchi russi, o gli sceicchi, decenni dopo.

Senza Berlusconi, la destra sociale italiana, erede della tradizione fascista, sarebbe rimasta fuori per ancora chissà quanto dalla possibilità di diventare alternativa di governo al centro democristiana e alla sinistra socialdemocratica. Perché a nessuno sarebbe mai venuto in mente di mettere assieme, sotto lo stesso tetto, i secessionisti del Nord con un partito nazionalista come fece Berlusconi nel 1994. E nessuno, probabilmente, sarebbe riuscito a vincere con quell’impasto contraddittorio, né a trasformarlo nella più stabile e duratura alleanza politica italiana.

Senza Berlusconi, gli imprenditori avrebbero continuato a fare gli imprenditori, anziché i politici. E i tycoon mediatici avrebbero continuato a influenzare la politica dall’esterno, senza nemmeno provare a “scendere in campo”. Senza Berlusconi, forse, non avremmo mai nemmeno sentito parlare di conflitto d’interesse. E Donald Trump nemmeno ci avrebbe pensato, di poter correre un giorno come presidente, senza l'esempio di chi ha fondato un partito a gennaio e vinto le elezioni a fine marzo.

Senza Berlusconi e la sua potenza di fuoco mediatica, fatta di talk show e giornali, avremmo forse avuto altre egemonie culturali. Quel che è certo è che non avremmo avuto nessuno in grado di orientare l’opinione pubblica così come Berlusconi è stato in grado di orientarla. Se oggi buona parte del Paese pensa quel che pensa della sinistra, dei magistrati, dei migranti, o di quel che volete voi, è anche colpa – o merito, decidete voi – di Berlusconi.

Senza Berlusconi – ma qui il “forse” è d’obbligo – dittatori come Muammar Gheddafi e autocrati come Vladimir Putin non avrebbero avuto in Europa la legittimazione politica e culturale di cui hanno goduto con lui al governo. Così come del resto gli Stati Uniti non avrebbero avuto un alleato tra i più fedeli nel combattere le loro guerre in Afghanistan e Iraq.

Potremmo continuare così per ore, a raccontare la forza innovatrice che ha caratterizzato la vita di Silvio Berlusconi, a spiegare in che modi e in che ambiti non ci sia stato nessuno che come lui ha inciso così profondamente sulla biografia del Paese in cui viviamo. E probabilmente passeremo anni, forse decenni, a chiederci se un’Italia senza Berlusconi sarebbe stata migliore o peggiore di quella in cui viviamo oggi. Quel che è certo è che sarebbe stata molto diversa. Ed è per questo che ci ha così diviso, e ci dividerà per sempre.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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