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Autonomia differenziata delle Regioni

Cosa prevede l’Autonomia differenziata, cosa sono i Lep e cosa potrebbe cambiare per le Regioni

Che cos’è l’Autonomia differenziata? Che cosa sono i Lep e a chi spetta stabilirli? Quali materie passeranno alle Regioni? Ecco alcune domande e risposte fondamentali per capire la riforma voluta dalla maggioranza con il ddl Calderoli.
A cura di Annalisa Girardi
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Per la Lega è stata una "giornata storica". Per Partito democratico e Movimento Cinque Stelle è stato il giorno in cui il governo ha "spaccato l'Italia". Sull'Autonomia differenziata, che ha ricevuto il via libera del Senato, le posizioni di maggioranza e opposizione sono in netto contrasto: il centrodestra sottolinea che sia prevista dalla Costituzione e che aiuterà il rilancio economico delle Regioni, per il centrosinistra invece aumenterà divari e diseguaglianze. Ma che cosa prevede il progetto di Autonomia differenziata? Che cosa i Livelli essenziali delle prestazioni che devono comunque essere garantiti? Che cosa cambierebbe concretamente per le Regioni?

Che cos'è l'Autonomia differenziata?

Con l'Autonomia differenziata si riconosce alle Regioni a statuto ordinario un maggiore (se non, in alcuni casi, totale) livello di autodeterminazione su varie materie, finora in capo all'amministrazione centrale. Si è iniziato a parlare di Autonomia con la modifica del Titolo V della Costituzione voluta dal centrosinistra nel 2001: in quell'occasione si andarono a indicare le materie di competenza statale, lasciando alle Regioni voce in capitolo sugli altri settori normativi, ma si stabilì anche – con la modifica dell'articolo 116 – che le Regioni fossero libere di chiedere "ulteriori forme  e condizioni particolari di autonomia".

Cosa prevede il ddl Calderoli

Quella per l'Autonomia è una storica battaglia della Lega – all'epoca Lega Nord – che nel 2017 promosse dei referendum in Lombardia e Veneto, i cui risultati non vennero però poi concretizzati. Alle elezioni politiche del 2022 venne inserita nel programma di governo del centrodestra. Il ddl Calderoli, che prende il nome dal ministro leghista, si compone di 11 articoli in cui vengono definite le procedure per il passaggio dell'Autonomia alle Regioni. È stato approvato al Senato il 23 gennaio, per poi passare alla Camera.

Quali materie potrebbero passare alle Regioni

È sempre la Costituzione a indicare le materie sui cui le Regioni possono chiedere di assumere maggiore autonomia. In questo elenco rientrano 20 materie su cui attualmente vige una "legislazione concorrente" tra Stato e Regioni e 3 per cui invece la competenza dello Stato è esclusiva: queste ultime sono giudici di pace, istruzione e tutela dell'ambiente e dei beni culturali. Per quanto riguarda le altre materie si spazia dalla sanità a lavoro, previdenza, infrastrutture, demanio idrico, protezione civile, commercio estero, sostegno alle imprese, energia, enti locali, ricerca, rapporti con l'Unione europea.

Che cosa sono i Lep?

Ci sono però degli standard che devono essere garantiti nell'erogazione dei servizi al cittadino, indipendentemente dalla Regione in cui vive. Questi sono definiti dai cosiddetti Livelli essenziali delle prestazioni, i Lep. Sono previsti dall'articolo 117 della Costituzione e devono essere assicurati su tutto il territorio nazionale: la concessione di maggiore autonomia è subordinata al rispetto di questi standard, che vengono fissati dallo Stato centrale.

Il nodo dei costi

Su questo punto, però, ci sono alcune incertezze. Con l'eccezione della sanità, infatti, per tutti gli altri settori i Lep non sono mai stati definiti. Il ddl Calderoli contiene una delega al governo, chiamato a definire i Lep con decreti legislativi entro 24 mesi dall'entrata in vigore della legge. Nel farlo Palazzo Chigi dovrà tenere conto delle attuali differenze territoriali che permangono soprattutto tra Nord e Sud. E, di conseguenza, degli investimenti necessari per colmare questi divari. La relazione del Comitato Lep si mette nero su bianco che la creazione di uno standard unico e uniforme su tutto il territorio nazionale "impatta sui conti pubblici, assumendo necessariamente una dimensione finanziaria di sicura rilevanza". La commissione Bilancio del Senato, da parte sua, ha precisato che "ciascuna valutazione di impatto potrà essere svolta solo al momento della definizione dei Lep e delle risorse occorrenti".

Il nodo principale è esattamente questo, cioè l'aumento dei costi strutturali connessi ai Lep, che deve comunque rispettare gli obiettivi e i parametri del bilancio nazionale: per farlo il governo potrebbe essere costretto a mettere in atto dei tagli di spesa o ad aumentare le entrate con la tassazione.

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