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Manovra 2024

Cosa cambia per le pensioni dal 2024 con la prossima Manovra di bilancio: tutte le novità

Pensione anticipata, Quota 103, Ape sociale, rivalutazione degli assegni: nel 2024 le regole sulle pensioni cambieranno ancora, sia per chi ha già lasciato il lavoro sia per chi vuole farlo. Ecco tutte le novità incluse nella manovra del governo Meloni.
A cura di Luca Pons
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Dal 2024 cambieranno diversi aspetti del mondo previdenziale che interessano sia chi è già in pensione, sia chi si appresta a lasciare il lavoro. Nella manovra del governo Meloni ci saranno nuove regole per il pensionamento anticipato, con Quota 103, Opzione donna e Ape sociale che avranno requisiti più stringenti. E alcuni dipendenti pubblici (tra cui medici e insegnanti) vedranno un taglio sulle loro future pensioni di vecchiaia, nonostante le proteste dei sindacati nelle ultime settimane. Come tutti gli anni, dal 1 gennaio 2024 chi è già in pensione vedrà una rivalutazione del suo assegno per adeguarlo all'inflazione, anche se con la manovra del governo Meloni la rivalutazione sarà tagliata per tutti coloro che prendono oltre quattro volte la pensione minima (circa 2.100 euro lordi in tutto).

Come funziona Quota 103, requisiti e penalizzazioni

Per chi vuole lasciare il lavoro cambieranno ancora una volta i requisiti. Resteranno uguali le regole per la pensione di vecchiaia (almeno 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi versati) e per la pensione di anzianità (42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall'età, che diventano 41 anni e 10 mesi per le donne). Invece per quanto riguarda le varie forme di pensione anticipata le cose cambieranno.

Resterà Quota 103: 62 anni di età più 41 anni di contributi. Tuttavia, per chi la sceglie l'assegno pensionistico sarà calcolato tutto con il metodo contributivo, perciò sarà più basso per tutti gli anni lavorati prima del 1996. In più, per chi decidesse comunque di approfittare di Quota 103 le finestre di attesa per lasciare il lavoro passeranno da tre a sette mesi per il settore privato, e da sei a nove mesi per il pubblico. Infine, l'importo massimo erogato con Quota 103 sarà pari a quattro volte la pensione minima, ovvero circa 2.100 euro lordi al mese. Questa soglia resterà fino a quando la persona non avrà compiuto 67 anni di età.

Le novità su Ape Sociale e Opzione Donna

L'Ape sociale resterà una possibilità per chi ha i requisiti: lavoratori con 36 anni di contributi che fanno un lavoro pesante, oppure con 30 anni di contributi che sono disoccupati senza ammortizzatori, o caregiver, o con invalidità grave. Tuttavia, si alza l'età minima da raggiungere: 63 anni e 5 mesi, invece di 63 anni. Nell'Ape sociale viene di fatto integrata anche Opzione donna, perché per le lavoratrici madri che rientrano nelle categorie già elencate il requisito dei contributi si abbassa di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. Non a caso, con queste novità, sarà decisamente basso il numero di persone che potrà andare in pensione anticipata.

Perché medici e insegnanti sono svantaggiati

Un caso a parte è quello di alcune categorie di dipendenti pubblici: medici e infermieri, ufficiali giudiziari, dipendenti degli enti locali, insegnanti della scuola materna ed elementare. Queste lavoratrici e lavoratori dall'anno prossimo, lasciando il lavoro, si ritroveranno un assegno più basso di quello che avrebbero avuto quest'anno, a parità di anzianità e vecchiaia. Il motivo è che il governo Meloni, con un intervento in manovra, ha cambiato il metodo di calcolo per i loro assegni per il periodo tra il 1981 e il 1995.

Concretamente, quindi, chi ha lavorato in quel periodo avrà un assegno più basso. Con un emendamento, l'esecutivo ha stabilito però che questo peggioramento si applicherà solo a chi sceglie la pensione anticipata. Resteranno invariate le pensioni di vecchiaia (67 anni di età e 20 anni di contributi), mentre l'assegno sarà tagliato per chi va in pensione di anzianità o pensione anticipata. Per medici e infermieri ci sarà la possibilità di restare di più al lavoro e ridurre gradualmente il taglio: con tre anni in più di lavoro dopo aver maturato la pensione di anzianità, l'importo tornerà completo. In sostanza, diventerà molto più conveniente lavorare almeno fino a 67 anni, in alcuni casi arrivando fino a 70 anni.

Chi ci guadagna con le rivalutazioni degli assegni

Dal 1 gennaio 2024, come tutti gli anni, tutti i pensionati riceveranno una rivalutazione del loro assegno pensionistico per compensare il tasso d'inflazione. Per il 2024, l'aumento sarà del 5,4%. Tuttavia questo non sarà valido per tutti: il governo Meloni ha deciso di tagliare la rivalutazione per tutti coloro che prendono più di quattro volte la pensione minima, ovvero circa 2.100 euro lordi al mese.

Tra quattro e cinque volte la minima l'aumento sarà del 4,6%, tra cinque e sei volte la minima del 2,9%, tra sei e otto volte la minima del 2,5%, tra otto e dieci volte la minima del 2% e oltre dieci volte la minima dell'1,2%. Concretamente, quindi, l'aumento in euro dell'assegno mensile sarà molto variabile. Si andrà dai 30 euro in più di chi prende l'assegno minimo (567,94 euro) ai 130 euro lordi in più per chi ha una pensione lorda attorno ai 2800 euro.

Quanto aumenta la pensione minima

Nel 2024 sarà aggiornato anche il livello della pensione minima. Come per tutti gli altri assegni, chi prende il minimo vedrà la cifra rivalutata in base all'inflazione. Così, l'assegno minimo Inps salirà da 567,94 euro a 598,61 euro al mese. Sostanzialmente, a causa dell'alto tasso di inflazione, tutti i pensionati con la minima arriveranno a prendere 600 euro al mese lordi. In più, gli assegni non superiori al minimo avranno una rivalutazione straordinaria del 2,7%, come era stato previsto nella manovra dell'anno scorso. Così, l'assegno dovrebbe arrivare fino a 614 euro al mese circa.

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