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Global Sumud Flotilla

Corrado (Pd) a Fanpage: “C’è stato un prima e un dopo la Flotilla, ora non abbassiamo la guardia su Gaza”

L’eurodeputata del Pd Annalisa Corrado, una delle politiche che hanno preso parte alla Global Sumud Flotilla, ha parlato a Fanpage.it di cosa resta della missione: una mobilitazione che non deve fermarsi. Soprattutto ora che l’accordo di pace tra Israele e Hamas – che va accolto – rischia di permettere al governo Netanyahu di “riscrivere la storia”.
A cura di Luca Pons
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Annalisa Corrado, europarlamentare del Partito democratico, è stata una dei quattro politici italiani a salire a bordo della Global Sumud Flotilla. A una settimana dal suo rientro in Italia, Corrado ha risposto alle domande di Fanpage.it e ha riflettuto sulla missione della Flotilla: in cosa ha avuto successo e in cosa no, come ha cambiato la situazione politica in Italia e in Europa, e cosa resterà della grande mobilitazione che ha suscitato la missione ora che Hamas e Israele hanno accettato un primo accordo di pace che prevede anche il cessate il fuoco.

Onorevole, a qualche giorno dal rientro in Italia cosa le è rimasto di quei giorni in mare?

Sono stati giorni sicuramente faticosi, anche operativamente: noi parlamentari non eravamo tra gli organizzatori e non volevamo mai sembrare invadenti o prepotenti, ci siamo messi a disposizione e cercavamo di dare una mano per risolvere i problemi, aprire canali istituzionali, garantire visibilità mediatica.

La cosa che mi porto dentro è la risposta della "flotta di terra" che abbiamo visto mentre affrontavamo tutto questo: le piazze, i continui eventi a cui eravamo chiamati a partecipare, le reazioni sui giornali.

Un momento in particolare?

Poco prima che l'esercito israeliano staccasse Starlink e noi restassimo senza connessione con il mondo, sulle barche, ci siamo accorti che mentre bloccavano noi tantissime persone scendevano in piazza spontaneamente, di notte.

È stata una delle mobilitazioni più intense, capillari e spontanee che si sono viste in Italia negli ultimi anni. Soprattutto la sera dell'intervento israeliano, durante lo sciopero generale indetto da Cgil e Usb, e il giorno dopo con una manifestazione nazionale a Roma. 

Penso che ci sia stato un prima e un dopo la Flotilla, nella percezione delle persone di quello che stava succedendo a Gaza. La sensazione è stata che gli sforzi che stavamo facendo stessero scavando in profondità anche nella nostra società. È stata una cosa meravigliosa.

Secondo lei, si può dire che la missione è stata un successo?

Da questo punto di vista, sì. Questo numero di barche, questo numero di persone e nazionalità coinvolte, anche probabilmente la presenza dei parlamentari: tutto ha contribuito a dare una risonanza pazzesca all'iniziativa.

È vero che non abbiamo consegnato i pacchi. Però tantissime persone hanno visto quello che succede a Gaza come non lo avevano mai visto prima: sono scese in strada anche persone non politicizzate, non abituate alla piazza. Lo scempio che stava succedendo è diventato insopportabile. Non che prima non fosse noto, ma è stato come se le barche, così leggere, pacifiche e simbolicamente alte, avessero costruito un ponte di empatia verso la popolazione di Gaza.

Al festival di Fanpage.it ha raccontato le ore trascorse in Israele, la paura e i maltrattamenti subiti anche da voi parlamentari da parte dell'esercito israeliano prima del rientro in Italia. Qual è stata la sensazione più forte?

La cosa che mi ha ferito più profondamente è stata toccare con mano la stratificazione dell'odio e del desiderio di vendetta di queste persone. Un qualcosa di "mistico" nel loro sentirsi dalla parte giusta della storia, e quindi autorizzati a trattare chiunque non la pensi come loro come se non fosse un essere umano.

È chiaro che con noi si sono autoimposti dei limiti, dovuti alla potenza del nostro passaporto e alle protezioni diplomatiche. Ma anche se abbiamo subito conseguenze minime, abbiamo avuto la misura di quanto quell'odio si possa scatenare su chiunque.

L'idea che uno di loro potesse uccidere un bambino, divertendosi anche, prima di arrivare lì era solo una nozione intellettuale per me. Adesso è diventata una consapevolezza emotiva. Ed è molto doloroso vederlo in ragazzi così giovani, diciotto-ventenni, già così abituati all'odio.

Dopo di voi, un'altra Flotilla è stata intercettata. Un pensiero per chi era a bordo e non è ancora stato fatto tornare a casa?

Vanno liberate tutte e tutti. Giovedì mattina al Parlamento europeo il co-presidente dei Verdi, Bas Eickhout, ha detto che la nostra collega europarlamentare dei Verdi che era lì sulla flottiglia è stata arrestata e trasferita in carcere. Non si sa molto di cosa le stia succedendo. Noi eravamo stati tenuti per ore su furgoni nelle caserme, ma mai portati in carcere. È possibile che, con meno clamore mediatico, quelle persone siano state trattate peggio di noi.

La cosa sconvolgente è che, mentre Eickhout raccontava, l'estrema destra in Aula ha iniziato a ridere, gridare cose come "se la tenessero", "le sta bene". Parlando di una collega, un'esponente delle istituzioni a cui viene negata qualsiasi tutela. È una questione di democrazia, che dovrebbe toccare tutte e tutti. Invece no. Un altro esempio di quanto sia disumanizzata la politica, in certi frangenti

Ieri il governo israeliano ha sottoscritto l'accordo di pace con Hamas: si parla dei primi passi, uno scambio di ostaggi e un cessate il fuoco, e per adesso non è ancora chiaro come si svilupperà la situazione anche solo nei prossimi giorni. Cosa ne pensa?

Ho visto persone usare parole molto dure sulla genesi dell'accordo di pace, ed è comprensibile: è una cosa calata dall'alto, che non ha riguardato in nessun modo le autorità e la popolazione palestinese, giocata su tavoli distaccati dal diritto internazionale, e dalle stesse persone che poche settimane parlavano della spartizione del bottino o di Gaza Resort.

Dal punto di vista politico, però, va registrato che è un punto di partenza, che sembra in grado di far tacere le armi e fermare lo sterminio quotidiano, far tornare gli ostaggi, far rientrare gli aiuti. È molto fragile, è nato male, ma è l'unica cosa che abbiamo in questo momento. Penso che dobbiamo accoglierla, e usare tutte le energie possibili non tanto per contrastarla o quanto per raddrizzarla.

In che modo?

Tutta la mobilitazione che c'è stata deve continuare, e a mio avviso deve essere indirizzata a a rendere questo percorso corretto verso una pace duratura. A partire, per esempio, dal riconoscimento dello Stato di Palestina.

C'è il rischio che, con il cessate il fuoco, l'attenzione pubblica su Gaza e la Palestina scenda?

Esatto, per questo invece l'attenzione deve restare alta. È l'unica tutela possibile per le persone della Palestina, a maggior ragione perché non siedono ai tavoli di una trattativa che sta passando sopra la loro testa.

I risultati della mobilitazione ci sono stati, potentissimi. In Europa è passata una risoluzione che noi provavamo a far passare da inizio legislatura, senza la Flotilla non sarebbe successo. La politica ha dovuto dare risposte. Tutto questo non va perso. E la stessa mobilitazione deve coinvolgere tutte le istituzioni. In queste settimane si sono sentite le Regioni, i sindaci: non devono essere immuni neanche le istituzioni europee, che devono giocare una parte importante.

Anche il governo italiano, pur mantenendo spesso una linea ostile alla Flotilla e allineata con Israele, ha dovuto cambiare approccio in parte. Merito della mobilitazione?

Certo. Se un sondaggio dice che l'80% delle persone in Italia vogliono il riconoscimento dello Stato di Palestina, il governo non fare finta di niente. Se milioni di cittadini scendono in piazza, il governo non può fare finta di niente. Tant'è che anche nel governo stesso si sono create delle posizioni diverse: penso al ministro Crosetto, che già settimane fa parlava di quello che sta succedendo a Gaza in termini molto precisi, e che ha trattato la Flotilla con rispetto istituzionale, confrontato alla negazione totale di altri ministri.

A proposito dello Stato di Palestina, il governo si è impegnato a riconoscerlo solo a certe condizioni, come per rimandare la questione.

Sì, una cosa che non esiste. Però anche quello era un segnale del fatto che non potevano più ignorare la questione e hanno dovuto prendere posizione. Una posizione ipocrita, ma sempre una posizione.

Ora è importante che nessuna delle richieste fatte cada. Questa pace non significa che ora è tana libera tutti. Dobbiamo continuare a chiedere la sospensione degli accordi con Israele, l'embargo di armi e le sanzioni commerciali: fin quando non saremo sicuri di aver superato questa fase, non si può mollare la presa.

Il governo di Benjamin Netanyahu (su cui pende un mandato di cattura dell'Aja per crimini di guerra) dopo aver firmato l'accordo di pace proverà a voltare pagina e evitare tutte le conseguenze? 

Questo è il rischio. Non bisogna abbassare la guardia e non bisogna permettere che nessuno riscriva la storia con un colpo di spugna.

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