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Chi è Vincenzo d’Anna, l’ex senatore che ha offeso Valentina Pitzalis: non è la prima battuta sessista

Da parlamentare di centrodestra a presidente dei biologi, D’Anna ha attraversato quarant’anni di vita pubblica lasciandosi dietro una lunga scia di polemiche: gesti sessisti in Senato, saluti romani, uscite controverse sulla violenza sulle donne e battaglie antiscientifiche. L’ultimo caso il commento choc su Valentina Pitzalis.
A cura di Francesca Moriero
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Vincenzo D'Anna, classe 1951, biologo e politico di lungo corso, è uno di quei personaggi che tornano ciclicamente nella cronaca italiana; non tanto per iniziative istituzionali particolarmente memorabili, quanto per gesti e dichiarazioni capaci, di volta in volta, di scatenare indignazione pubblica, richiami formali e richieste di dimissioni. La sua carriera politica attraversa decenni di trasformazioni: parte nella Democrazia Cristiana, passa a Forza Italia e approda in Parlamento come deputato e poi senatore. Nel 2017 viene eletto presidente dell'Ordine nazionale dei biologi, ruolo che mantiene fino a diventare uno dei protagonisti più discussi del dibattito pubblico sulla scienza e sui vaccini. Anche le sue recenti dichiarazioni, come l'ultima brutale battuta su Valentina Pitzalis, si inscrivono in una traiettoria coerente di provocazione e polemica.

Il saluto romano e la bagarre in Senato

La storia delle sue controversie inizia almeno dal 2014. Durante una delle sedute più tese sulla riforma del voto di scambio, D'Anna si rivolge ai senatori del Movimento 5 Stelle con un saluto romano; un gesto documentato, che scatena la bagarre in aula e diventa l'immagine simbolo di una stagione parlamentare già rovente. Non è l'unica scena che lo vede protagonista: giusto l'anno dopo, nel 2015, durante il dibattito sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi, viene accusato di aver rivolto gesti sessisti alla senatrice M5S Barbara Lezzi. La sanzione arriva: cinque giorni di sospensione. Lui nega tutto, diffonde un video sfocato come auto-difesa, ma la polemica resta.

Le frasi sulla violenza contro le donne

Poi, nel 2017, mentre l'Italia discute di come rafforzare le tutele per le vittime di violenza sessuale, D'Anna dichiara che l'uomo "agisce per istinto" e che le donne dovrebbero essere "più caute", come se la violenza fosse un fenomeno naturale, una pulsione biologica, e non un reato che nasce da asimmetrie di potere e da una cultura patriarcale radicata. È la logica della colpa rovesciata: alle donne la prudenza, agli uomini l'istinto. Un modo di scaricare la responsabilità sulla vittima mentre si assolve l'aggressore; quelle frasi, infatti, suscitarono indignazione trasversale perché restituivano esattamente ciò che il movimento delle donne combatte da decenni: l'idea che lo stupro non sia una violenza, ma un "eccesso", un esubero dell'uomo che la donna avrebbe il dovere di prevenire.

E non è un caso che, otto anni dopo, appena ieri, sotto il post che racconta la storia di Valentina Pitzalis, sopravvissuta a un tentato femminicidio e ridotta a vivere con ustioni devastanti, D'Anna abbia scritto: "Perché c'è a chi piace cruda e a chi cotta la moglie". Una frase che ha il peso di uno schiaffo, ma che fa parte dello stesso file culturale che nel 2017 attribuiva l'aggressività all' "istinto"; solo più esplicito e brutale. Soltanto alcune ore dopo, D'Anna ha rivolto le sue scuse a Pitzalis.

La stagione del negazionismo scientifico

Nel suo profilo, c'è poi anche la presidenza dell'Ordine dei biologi che apre un altro capitolo controverso, e cioè quello della disinformazione sanitaria. Tra il 2018 e il 2020, D'Anna ospita nel suo ordine figure vicine all'ambiente no-vax, finanzia con diecimila euro l'associazione free-vax Corvelva (contributo poi ritirato), pubblica contenuti ritenuti antiscientifici sul mensile dell'Ordine, diffonde video allarmistici sul cibo privi di fondamento e si scaglia spesso contro la comunità scientifica. La gestione dell'Ordine porta a petizioni interne, richieste di rimozione e perfino a una causa civile intentata contro tre giovani biologi che lo avevano criticato pubblicamente. Il tribunale darà ragione agli studenti: le loro osservazioni rientravano nel diritto di critica.

Durante le prime settimane della pandemia, poi, D'Anna arriva a teorizzare l'esistenza di un "virus padano", diverso da quello proveniente dalla Cina, un'ipotesi mai confermata da alcun dato scientifico; le pressioni interne lo spingono alle dimissioni nel marzo 2020, ritirate però appena un giorno dopo.

L'ombra delle irregolarità

La sua elezione alla presidenza dell'Ordine è poi oggetto di un'indagine giudiziaria su presunte anomalie nel voto per corrispondenza: 700 plichi sospetti, orari identici di ricezione, etichette dattiloscritte, firme ripetute. Il GIP ha rifiutato l'archiviazione, chiedendo ulteriori accertamenti.

Dai saluti romani alle battute sessiste, dalle teorie sui vaccini ai commenti sulla "moglie cruda o cotta": la traiettoria di Vincenzo D'Anna non sembra una collezione casuale di gaffe ma un profilo coerente, una linea che attraversa politica, istituzioni e scienza mantenendo lo stesso registro: la provocazione come strumento, l'aggressività come linguaggio, la delegittimazione come abitudine.

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