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Cariche e manganelli: cambiano i Governi, ma la risposta agli studenti è sempre la stessa

Cambiano i Governi, i ministri, le riforme, i partiti di maggioranza, questori e prefetti, ma la risposta di fronte alle contestazioni degli studenti è sempre la stessa: cariche, manganellate, repressione.
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Torino, Milano, Napoli. Ancora una volta una giornata di mobilitazione di studenti e insegnanti si conclude con la conta di danni e feriti, con fermati e denunciati, e con in mezzo il tradizionale balletto delle responsabilità. Ancora una volta alle proteste si risponde con cariche e manganelli. E poco importa se in mezzo ci finiscono ragazzine e minorenni.

Come se questa fosse la sola risposta che si è in grado di dare. Come se un corteo fosse una minaccia “a prescindere”. Come se il dissenso fosse un fastidioso elemento da reprimere, oscurare, cancellare.

Cambiano i Governi, i ministri, le riforme, i partiti di maggioranza, i questori e i prefetti, ma la risposta di fronte alle contestazioni degli studenti è sempre la stessa: cariche, manganellate, repressione.

Possibile che sia questa l'unica strategia che si è in grado di mettere in campo? Possibile che non ci sia alcuna differenza tra le forze politiche, anche di fronte a contestazioni dure? Possibile che chi ci governa ritenga chiuso il proprio compito una volta approvata una legge, lasciando poi la palla alle forze dell'ordine?

Possibile che ci si debba sempre, costantemente, trincerare dietro lo stucchevole e privo di significato "non permetteremo ai violenti di mettere a ferro e fuoco le città"?

Perché, ecco, poi diventa tutto più difficile. Diventa difficile provare a spiegare che non è vero che destra, sinistra, centro sono tutti uguali; che Renzi, Monti, Berlusconi o tizio x non cambia nulla. Diventa difficile pensare di ricomporre le fratture sociali o di restituire un senso di comunità e fratellanza. Diventa difficile destrutturare il mito dello Stato oppressore e prevaricatore.

Diventa difficile pensare alla scuola come luogo formativo in tutto e per tutto: cosa insegna una giornata del genere a uno studente, che la violenza (sempre ammesso che tale sia, eh) chiama violenza? Che il dialogo si fa a colpi di manganello? Che "l'altro" da combattere è il poliziotto o il carabiniere?

PS – Noi, in ogni caso, stiamo aspettando ancora il numero identificativo per le forze dell'ordine. Così, almeno per capire le responsabilità…

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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