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Cambia il Recovery Plan di Draghi: risorse anche a produttori di armi e settore militare

Con l’approvazione a larga maggioranza delle relazioni parlamentari sul Piano nazionale di ripresa e resilienza spunta il progetto di incrementare la capacità militare: la proposta del governo Conte non prevedeva spese simili, ora invece parte dei fondi del NextGenerationEU finiranno alle forze armate.
A cura di Roberta Covelli
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La data di consegna del Recovery Plan alla Commissione europea si avvicina e le Commissioni parlamentari presentano le proprie relazioni sulla proposta di PNRR, chiedendo la previsione di finanziamenti per un settore in precedenza ignorato: la Difesa, il comparto militare.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza era stato presentato dal governo Conte prima attraverso delle linee guida, il 15 settembre 2020, poi con la proposta del 13 gennaio 2021. Il testo, diviso in sei missioni, si poneva su tre assi di intervento, già condivisi in ambito europeo: digitalizzazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Anche durante la crisi di governo, il Parlamento ha continuato ad analizzare la proposta governativa, con audizioni di operatori economici e portatori di interessi dei diversi settori. Il 9 febbraio si tiene alla Camera, davanti alle Commissioni riunite di Bilancio e Attività produttive, l’audizione informale della Leonardo S.p.A., azienda partecipata che si occupa di difesa, aerospazio e sicurezza. Pochi giorni dopo l’insediamento del governo Draghi, poi, il 23 febbraio, la Commissione Difesa del Senato ascolta una rappresentanza di ANPAM, Associazione Nazionale di Produttori di Armi e Munizioni, mentre la settimana successiva è il turno dell’AIAD (Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza).

Ed ecco che il Piano nazionale di ripresa e resilienza riceve delle proposte in materia militare, non solo in ottica ambientale e di logistica sanitaria. Oltre all’idea di efficienza energetica delle caserme e degli immobili delle forze armate e l’aumento della dotazione per la sanità militare, le Commissioni Difesa di Camera e Senato propongono l’utilizzo dei fondi NextGenerationEU per "promuovere una visione organica del settore della Difesa, in grado di dialogare con la filiera industriale coinvolta, in un’ottica di collaborazione con le realtà industriali nazionali, think tank e centri di ricerca" e per "valorizzare il contributo a favore della Difesa sviluppando le applicazioni dell’intelligenza artificiale e rafforzando la capacità della difesa cibernetica e incrementare, considerata la centralità del quadrante mediterraneo, la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare".

I rilievi delle Commissioni Difesa sono stati recepiti nel parere della Commissione Bilancio, chiamata a redigere le relazioni parlamentari: con amplissima maggioranza sia alla Camera sia al Senato, i testi sono stati approvati. Sullo specifico tema militare, peraltro, anche l’opposizione di destra spinge per maggiori finanziamenti ed è difficile non notare come, all’audizione dell’AIAD, il presidente non fosse altri che Guido Crosetto, coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia.

Sebbene l’indicazione di destinare finanziamenti a spese militari arrivi dal Parlamento, il Governo si trova già sulla stessa linea: nel resoconto della seduta del 17 marzo della Commissione Difesa del Senato, infatti, si legge che il sottosegretario Mulè "ringrazia il relatore per il lavoro svolto ed esprime apprezzamento per la bozza di parere della Commissione, che, nei contenuti e perfino nella scelta dei vocaboli, corrisponde alla visione organica che del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha il Governo".

Piovono critiche dalle associazioni nonviolente, rimaste inascoltate per la stesura del Recovery Plan, nonostante l’invio di proposte alle commissioni parlamentari competenti: è proprio la Rete Italiana Pace e Disarmo a denunciare la previsione di finanziamenti all’industria militare anche attraverso i fondi del NextGenerationEU. Peraltro, il settore della Difesa non è certo sottofinanziato: secondo l’osservatorio Mil€x, sono stanziati per i prossimi quindici anni ben 36,7 miliardi di euro in spese militari, più del 25% dei fondi pluriennali per l’investimento e lo sviluppo infrastrutturale dell’Italia. A questi, andranno quindi aggiunti i soldi che, a differenza del precedente esecutivo, il governo Draghi intenderà dedicare al sistema militare, prendendoli dai finanziamenti europei originariamente previsti per innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale.

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Nata nel 1992 in provincia di Milano. Si è laureata in giurisprudenza con una tesi su Danilo Dolci e il diritto al lavoro, grazie alla quale ha vinto il premio Angiolino Acquisti Cultura della Pace e il premio Matteotti. Ora è assegnista di ricerca in diritto del lavoro. È autrice dei libri Potere forte. Attualità della nonviolenza (effequ, 2019) e Argomentare è diabolico. Retorica e fallacie nella comunicazione (effequ, 2022).
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