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Manovra 2024

Btp esclusi dal calcolo dell’Isee, Fenu (M5s) a Fanpage: “Misura senza senso che favorisce i ricchi”

I soldi investiti in Btp e Bot, cioè i titoli di Stato italiani, non rientreranno nel proprio Isee. Questo darà accesso a bonus e agevolazioni anche a chi, in realtà, ha un patrimonio piuttosto sostanzioso, anche se il governo Meloni ha aggiunto un limite di 50mila euro di ‘esenzione’. Emiliano Fenu, deputato del M5s, ha risposto alle domande di Fanpage.it sulla misura.
A cura di Luca Pons
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Nel 2024, i soldi investiti in titoli di Stato italiani non saranno conteggiati per il calcolo dell'Isee. Lo ha deciso il governo Meloni, con un intervento nella legge di bilancio che al momento è ancora in fase di bozza, ma tra pochi giorni è attesa in Parlamento. Questo significa che se una persona investe per acquistare Btp o Bot (i titoli di Stato emessi dall'Italia), quella parte del suo patrimonio non esisterà per quanto riguarda il suo Isee, che si usa per decidere chi ha l'accesso a varie agevolazioni, servizi e bonus.

Dopo le proteste delle opposizioni, il governo ha modificato la norma e con una nuova bozza ha inserito un tetto massimo: gli investimenti in Btp saranno esclusi fino a un massimo di 50mila euro. Emiliano Fenu, deputato del Movimento 5 stelle e membro della commissione Finanze alla Camera, ha risposto alle domande di Fanpage.it spiegando che, in ogni caso, la misura resta iniqua e soprattutto insensata.

Onorevole, qual è il senso di questo intervento del governo?

Il governo ha pensato di agevolare l'acquisto dei titoli di Stato da parte del cosiddetto ‘retail', quindi dei cittadini normali, dei piccoli risparmiatori. Questo  come obiettivo può essere condivisibile, tutti ci auguriamo che gran parte del nostro debito sia detenuto dai cittadini italiani. Il punto è che lo si sta facendo con uno strumento che non c'entra nulla. L'Isee misura il patrimonio. Per incentivare l'acquisto dei titoli di Stato possono esserci altre modalità. Così invece si creano delle storture.

Perché è sbagliato usare l'Isee per iniziative del genere?

L'Isee è un metro di misura della condizione economica e patrimoniale del singolo cittadino e del suo nucleo familiare. Serve per valutare il diritto di accesso agevolato ad un servizio sociale o un servizio pubblico in generale, si pensi al pagamento agevolato delle tasse universitarie. Usarlo questo strumento per promuovere la vendita di titoli di Stato significa snaturarlo. Peraltro c'è un aspetto contraddittorio, in questa misura.

Cioè?

Il nostro sistema fiscale e la nostra dichiarazione dei redditi sono già estremamente complessi perché zavorrati da tante diverse agevolazioni. Il governo annuncia una riduzione delle cosiddette spese fiscali per rendere più semplice il nostro sistema e migliorare il rapporto tra fisco e cittadini, poi in realtà non fa assolutamente nulla per sfoltire il nostro sistema e alleggerirlo da incentivi di tutti i tipi e nel frattempo snatura e rende complesso un altro strumento che ha una funzione ancora diversa come l'Isee.

Togliere questi investimenti dal calcolo dell'Isee favorisce i più ricchi?

C'è un grosso problema di iniquità. L'Isee è un metro di misura che serve per capire qual è la mia condizione economica e patrimoniale per accedere a un servizio. Si parla di servizi sociali: sanità, scuola, università, bonus e agevolazioni di moltissimi tipi. Se lo uso per stimolare l'acquisto dei titoli di Stato, agevolo chi ha un patrimonio più grande.

Una prima versione della norma non metteva limiti alla quantità di titoli di Stato che si potevano escludere dal calcolo Isee. Poi il governo ha aggiunto un tetto massimo di 50mila euro.

Sì, il governo è corso ai ripari perché la prima versione era chiaramente una riforma improntata all'iniquità. Nella versione precedente, chi aveva un milione di euro sul conto lo poteva spostare tutto in titoli di Stato, nascondere completamente il proprio patrimonio enorme e avere lo stesso Isee (e quindi la stessa possibilità di ottenere bonus, agevolazioni, servizi gratuiti o a costo ridotto) di chi ha pochissime risorse. Ora il testo è cambiato, la misura ovviamente è più innocua. Ma resta incomprensibile perché chi compra 50mila euro di titoli di Stato dovrebbe poterli ‘dedurre' dal proprio Isee.

Sarebbero avvantaggiate anche le famiglie che magari investono una piccola parte dei loro risparmi, poche migliaia di euro, nei titoli di Stato?

Sulla carta sì, ma la realtà è diversa. Chi ha convenienza a usare questo tipo di esonero è chi ha tanti soldi sul conto corrente. Alla fine il rendimento dei titoli è attorno al 4%. Pensiamo a chi ha la disponibilità di soli 5-10mila euro in banca: difficilmente userà queste poche risorse per l’acquisto di titoli di Stato, poiché si ha bisogno di un minimo di disponibilità liquide immediate. E comunque il rendimento dei titoli per quella quantità di risorse è molto basso in termini assoluti. Molto difficile che si vadano a investire mille euro in titoli, per guadagnarne 40 in un anno.

Perciò la misura va incontro a chi ha patrimoni più grandi?

Sicuramente ha interesse a investire chi ha maggiori disponibilità e può ottenere un rendimento significativo. In questo senso, l'intervento del governo crea una fortissima ed evidente e iniquità. In ogni caso, credo che la norma si risolverà nell'ennesimo buco nell'acqua da parte del governo, come sugli extra profitti bancari e su tante altre misure annunciate.

Perché?

Perché io immagino che dall'Unione Europea arriverà qualche osservazione sul fatto che si sta agevolando l'acquisto dei soli titoli di Stato italiani. Potrebbe sorgere qualche problema in termini di alterazione della concorrenza. Ripeto, è condivisibile la finalità di stimolare l'acquisto di titoli di Stato da parte degli utenti cosiddetti ‘retail', ma lo strumento individuato è sicuramente sbagliato. Credo che alla fine non avrà un grandissimo impatto, è un annuncio che rischia solo di creare danni e incertezza. L’ultima modifica annunciata che fissa un tetto di 50mila euro è sintomo di una prossima retromarcia a cui il governo Meloni ci ha abituato e che abbiamo visto negli ultimi provvedimenti.

In generale è giusto spingere perché siano i cittadini a comprare i titoli, e quindi il debito pubblico?

Sicuramente è una linea che ha senso seguire. La concentrazione del debito nelle mani di pochi grandi operatori finanziari internazionali ci espone, come ci ha esposto in passato, a un maggiore rischio di speculazione e fluttuazione del costo del debito a carico dello Stato. Invece, polverizzare le quote di debito tra i cittadini italiano potrebbe garantirci più stabilità anche nei periodi di maggiore incertezza economica come quello attuale. Può avere senso ma in modo ordinato, evitando l’utilizzo di strumenti che hanno ben altre finalità.

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