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Basta con la supercazzola degli infiltrati: gli studenti fanno politica, fatevene una ragione

“Cortei infiltrati”, “quelli dei centri sociali”. Le parole della ministra Luciana Lamorgese per giustificare le cariche contro le manifestazioni studentesche, dimostrano ancora una volta la volontà di infantilizzare sempre i giovani. ma anche loro fanno politica, al pari degli adulti: fatevene una ragione.
A cura di Valerio Renzi
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È diffusa questa idea bislacca tra commentatori e politici per la quale i "giovani" sono semplicemente "giovani". Un atteggiamento paternalista che spoliticizza qualsivoglia manifestazione e protagonismo di chi è, per ragioni anagrafiche oggettive, giovane. Allo stesso modo gli studenti sono semplicemente studenti. Non hanno il diritto a organizzarsi politicamente, come chiunque altro nella società, altrimenti sono automaticamente "vittime" di "strumentalizzazioni".

Relazionando sulle cariche della polizia in diverse città italiane ai danni delle manifestazioni studentesche seguite alla morte di Lorenzo Parrelli, la ministra Luciana Lamorgese ha parlato di "infiltrazioni" da parte dei "centri sociali" nei cortei ma garantendo che "la via maestra è il dialogo". Quindi si può parlare con gli studenti, basta che rinunciano a fare politica e siano "semplici" studenti.

La realtà è ovviamente diversa. Gli studenti che manifestano riescono a mobilitarsi perché si organizzano. C'è chi lo fa grazie a sigle sindacali e associative, chi in collettivi della propria scuola, chi partecipa ad assemblee che riuniscono ragazzi di più istituti. Scrivono comunicati rivolti alla stampa, distribuiscono volantini, comunicano con manifesti e striscioni quanto con le stories su Instagram le loro ragioni.

Succede anche che se gli serve uno spazio per riunirsi, fare una riunione, preparare il materiale per una manifestazione o farsi prestare un megafono e trovino un alleato proprio nei centri sociali. Non perché questi a tavolino studiano i loro diabolici piani per infiltrare i cortei dei "giovani", ma semplicemente perché sono (anche se non molto in salute come capacità e visibilità politica) tra i pochi luoghi aperti sui territori, gli unici spazi accoglienti per le istanze e i bisogni di quegli studenti che tutti assicurano di voler ascoltare. Altro che professionisti della violenza, al massimo volontari della democrazia in uno paese dove l'opposizione al governo è ridotta nella rappresentazione mediatica ai Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni e alle piazze No Vax.

Gli studenti chiedono al Governo che gli investimenti promessi nell'edilizia scolastica con la pandemia diventino realtà, più servizi dedicati al benessere psicologico e un'educazione sentimentale e sessuale adeguata, di cancellare l'alternanza scuola lavoro e di non tornare all'esame di maturità nella sua forma classica, visto l'impatto ancora molto pesante della pandemia e della didattica a distanza nello svolgimento dell'anno scolastico. Una piattaforma che esprime un punto di vista sulla scuola, sulla società e sul futuro, i giovani (guarda un po'!) fanno politica allo stesso modo degli adulti. Ascoltare gli studenti non vuol dire dunque dargli una bella pacca sulla spalla, ma posizionarsi rispetto a queste istanze. La scelta di manganellare le manifestazioni (dopo mesi di tolleranza per le piazze No Vax) sembra già una scelta.

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