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Ambiente, avviata la prima causa contro lo Stato: “Non ha fatto niente per l’emergenza climatica”

Per la prima volta in Italia è stata promossa una causa contro lo Stato per inazione climatica, ovvero viene citato in giudizio il governo per non aver messo in campo politiche ambientali adeguate, soprattutto dal punto di vista della riduzione delle emissioni. A spiegare a Fanpage.it le motivazioni e gli obiettivi di questa azione legale è Marica Di Pierri, portavoce dell’associazione A Sud, principale promotrice (insieme ad altri 200 soggetti) della causa.
A cura di Stefano Rizzuti
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È la prima causa contro lo Stato italiano per inazione climatica. A promuoverla è l’associazione A Sud, insieme a oltre 200 ricorrenti tra fondazioni, comitati, movimenti e cittadini. Una causa civile in cui viene citato in giudizio lo Stato italiano per non aver messo in campo politiche ambientali adeguate nel contrasto al cambiamento climatico. A spiegare a Fanpage.it come nasce questa azione – presentata ufficialmente nella Giornata mondiale dell'ambiente – e qual è il suo obiettivo è Marica Di Pierri, portavoce dell’associazione: “Questa azione nasce da lontano: due anni fa abbiamo lanciato la campagna Giudizio universale, a cui hanno aderito oltre 100 tra associazioni, comitati e movimenti, per preparare il terreno al deposito della prima causa climatica contro lo Stato in Italia. La causa ha l’obiettivo di spingere lo Stato a fare di più per contrastare l’emergenza climatica, chiediamo al giudice civile di dichiarare che l’Italia è inadempiente dal punto di vista climatico, ha responsabilità per la sua inerzia nel raggiungere l’obiettivo sottoscritto a Parigi”.

L'azione legale per chiedere all'Italia di abbattere le emissioni

Nello specifico l’azione legale punta a chiedere “di condannare l’Italia ad abbattere le emissioni di tre volte rispetto ai target attuale. L’obiettivo attuale, al 2030, è più o meno del 36%: la richiesta che noi facciamo è una riduzione del 92%. Questo obiettivo discende da un calcolo, basato sulle evidenze scientifiche e poi da un report commissionato a un centro di ricerca climatico, Climate Analytics, a cui abbiamo chiesto di verificare i trend emissivi e di fare dei calcoli basandosi sulle metodologie consolidate rispetto al criterio di equità, considerando sia le responsabilità storiche dell’Italia che le capacità tecnologiche e finanziarie attuali”. L’obiettivo fissato dall’azione legale non è, di certo, semplice da raggiungere, ma “questo risultato sarebbe possibile ottenerlo inserendo anche le emissioni che l’Italia produce all’estero, pensiamo ai fronti estrattivi di Eni per esempio”.

Gli obiettivi dell'azione legale e i precedenti all'estero

L’azione legale può portare anche ad altri risultati nell’immediato: “Spesso un’azione giudiziaria ha anche un impatto extra-giudiziale, nelle more delle decisioni della giustizia si assiste a una maggior ambizione da parte degli Stati. Oltre alla risposta del giudice speriamo che lo Stato agisca spinto dalla pressione dell’azione legale, speriamo che lo Stato voglia decidere di agire prima, aumentando i suoi obiettivi”. D’altronde azioni contro l’inazione climatica hanno già portato a risultati concreti in altri Paesi: “Assolutamente sì, solo nel nostro continente ci sono stati diversi casi vittoriosi, come il caso Urgenda in Olanda – racconta Di Pierri -: ha vinto tutti i gradi di giudizio con la condanna nel 2019 dello Stato olandese ad aumentare le ambizioni di riduzione, ha dovuto rivedere i suoi obiettivi”.

Non è questo l’unico caso recente, come racconta ancora la portavoce dell’associazione A Sud: “Ad aprile la Corte costituzionale tedesca ha emesso una sentenza storica: le politiche del governo tedesco, molto più ambiziose di quelle italiane, sono state ritenute non sufficienti. Il governo dovrà in effetti aumentare gli obiettivi. Ancora è presto per fare una valutazione di lungo termine, perché le cause climatiche sono un campo nuovo, ma possono spingere a un miglioramento”. Per questo Di Pierri non nasconde un po’ di ottimismo: “Ci auguriamo che anche in Italia la corte e i tribunali comprendano che la sfida riguarda tutti e che non si sta chiedendo un’azione simbolica, ma di valutare la violazione di diritti umani collegata all’inazione climatica e comprendere che l’inazione dei poteri pubblici rischia di trasformarsi – se non si sta già trasformando – nella più grave e drammatica crisi dei diritti intergenerazionale della storia dell’umanità. Se i giudici lo comprenderanno, allora saremo ottimisti”.

La risposta dello Stato e del governo Draghi all'emergenza climatica

Spingere lo Stato ad agire dal punto di vista climatico è ancor più importante di fronte all’immobilismo dei governi. Discorso che non sembra fare eccezione per l’attuale esecutivo guidato da Mario Draghi, secondo Di Pierri: “Siamo fermi a dichiarazioni ambiziose, alle quali non conseguono azioni altrettanto ambiziose. C’è stato un gran parlare della centralità della transizione, ma al momento non si hanno notizie né dell’annunciato aumento delle ambizioni di emissioni né dell’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi annunciata. Ci sembra non ci sia un grande cambio di passo, l’obiettivo dell’Italia – già non in linea con quello europeo, comunque tiepido – è inadeguato”.

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