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Accordi prematrimoniali, la Cassazione ne riconosce la validità e rompe il tabù: svolta storica in Italia

La Corte di Cassazione riconosce per la prima volta la validità degli accordi prematrimoniali in Italia, purché rispettino i diritti inderogabili. Una decisione storica che apre alla libertà contrattuale tra coniugi e segna la fine di un tabù giuridico durato decenni.
A cura di Francesca Moriero
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Corte di Cassazione di Roma
Corte di Cassazione di Roma

Per decenni, in Italia, il concetto di accordo prematrimoniale è stato percepito come un corpo estraneo alla nostra tradizione giuridica. Un'idea che evocava più le sceneggiature hollywoodiane e le cronache rosa dei magnati d'Oltreoceano che la realtà delle coppie italiane; uno strumento diffuso negli Stati Uniti e in molti Paesi europei, che da noi restava invece confinato ai dibattiti accademici e alle curiosità di costume. Ora, con una decisione destinata a fare scuola, la Corte di Cassazione ha invece aperto un varco: patti stipulati prima o durante il matrimonio, finalizzati a regolare i rapporti economici in caso di separazione, possono essere validi e leciti, se non ledono diritti inderogabili. Una svolta che, pur entro confini ben delineati, segna insomma il passaggio da una visione giuridica forse paternalistica a una più matura e consapevole libertà contrattuale in ambito familiare.

Il caso mantovano che ha cambiato le carte in tavola

La vicenda nasce in provincia di Mantova: nel lontano 2022, marito e moglie sottoscrivono una scrittura privata in cui l'uomo si impegna a restituire alla donna 146.400 euro nel caso in cui il loro matrimonio dovesse finire; la somma corrisponde alle spese sostenute dalla moglie, attingendo al proprio patrimonio e a un mutuo, per ristrutturare un immobile intestato al marito, arredarlo, acquistare veicoli e coprire altre spese comuni. Dopo la separazione la donna chiede l'esecuzione dell'accordo. L'uomo si oppone, sostenendo che l'articolo 160 del Codice civile vieta modifiche private ai rapporti patrimoniali tra coniugi.

La decisione della Cassazione: "Nessun divieto assoluto"

Il 21 luglio 2025, con l'ordinanza n. 20415, la Suprema Corte dà però ragione alla moglie e ribalta un'impostazione giuridica radicata da decenni: non esiste, spiegano i giudici, alcuna norma imperativa che impedisca a due coniugi, prima o durante il matrimonio, di riconoscere un debito reciproco e di subordinarne la restituzione all'evento futuro e incerto della separazione. Gli Ermellini (cioè i giudici) della Corte di Cassazione italiana, sottolineano che l'accordo non è la causa della rottura, ma una condizione sospensiva che ne determina l'efficacia. Il richiamo va anche a una precedente sentenza del 2012, che già aveva aperto spiragli interpretativi nella stessa direzione.

Un'intesa equilibrata, non una clausola punitiva

Nell'ordinanza, il presidente Alberto Giusti evidenzia che la scrittura privata non era affatto sbilanciata: la moglie avrebbe recuperato il denaro investito, mentre il marito conservava beni di valore un'imbarcazione, un motociclo, l'arredamento della casa familiare e altre somme di denaro; un assetto patrimoniale frutto di accordo libero, ponderato ed equilibrato, lontano da logiche di penalizzazione o di ingiusto arricchimento.

I limiti invalicabili della Cassazione sugli accordi prematrimoniali

La Cassazione, pur aprendo alla validità degli accordi prematrimoniali, precisa che restano però vietati:

  • i patti che incidano su diritti inderogabili come il mantenimento o gli obblighi di assistenza morale e materiale tra coniugi;
  • qualsiasi accordo che riguardi figli minori, che sarà sempre sottoposto al controllo del giudice nell’interesse dei minori stessi.

La libertà contrattuale, insomma, trova spazio anche in ambito familiare, ma senza mettere a rischio le tutele fondamentali.

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