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Nota a Cassazione 27.09.2012 n. 16426: l’accettazione dell’eredità da parte dei chiamati successivi

Quando si apre una successione ereditaria o mortis causa comincia anche a decorrere il termine di prescrizione (ex 480 c.c.) per accettare l’eredità. Il legislatore, però, distingue varie ipotesi, infatti, la prescrizione decorre immediatamente (dall’apertura della successione) per i primi chiamati ad accettare e per i chiamati in subordine, al contrario, per i chiamati sotto condizione il termine di prescrizione decorre dal verificarsi della condizione.
A cura di Redazione Diritto
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Questo articolo è a cura del Dott. Piergiorgio Castellano, laureato  presso l'Università L. Bocconi di Milano in Economia e legislazione per  l'impresa e laureato in Giurisprudenza presso la stessa Università L. Bocconi di  Milano, autore di contributi per importanti riviste notarili. Si occupa in  Taranto di trasferimenti immobiliari e di problematiche inerenti l'attività  notarile.

Palazzo Clerici

Nota a Cassazione civ. sez.  II,  del 27 settembre 2012 n. 16426: l’accettazione dell’eredità da parte dei chiamati successivi

La sentenza della Cassazione civ. sez. II, n. 16426 del 27 settembre 2012, nell’affrontare una controversia in merito a questioni di stampo processuale (più precisamente riguardanti la tardività dell’accettazione ereditaria e della eccezione di prescrizione del medesimo diritto), riveste particolare interesse per il conciso excursus compiuto dalla Corte la quale, attraverso la fattispecie posta al vaglio, ha modo di prendere posizione in merito alla tematica della decorrenza del termine per accettare la delazione ereditaria per i chiamati in subordine e ai rimedi che costoro potrebbero esperire.

Il tema, pur apparendo a prima vista marginale, si dimostra assolutamente rilevante nell’esperienza quotidiana, qualora, a fronte di più soggetti chiamati all’eredità in ordine successivo, i primi chiamati tardino a compiere atti di accettazione. Il che, a sua volta, dà luogo a situazioni ancor più problematiche laddove non sia possibile accertare il compimento di atti di accettazione tacita, sicché risulti dubbio se il primo chiamato sia divenuto o meno erede.

Più nello specifico, il tema che qui interessa – soprattutto dal punto di vista pratico – è la concreta modalità con cui il chiamato successivo possa far valere il suo diritto di accettare l’eredità. Ma per dare risposta a questo quesito occorre interrogarsi a monte in merito al momento a partire dal quale esiste una chiamata all’eredità per il chiamato successivo: perché – come è ovvio – se un diritto ad accettare l’eredità possa essere esercitato, occorre che l’eredità stessa sia offerta al chiamato.

La questione ha avuto soluzioni discordanti in dottrina, la quale si è essenzialmente divisa fra quanti hanno fatto discendere dall’apertura della successione e dalla chiamata ereditaria il diritto ad accettare tout court, seppure sotto condizione sospensiva per i chiamati ulteriori, e quanti invece hanno distinto tra semplice chiamata ereditaria, che interessa tutti i soggetti in questione sia che siano i primi sia che siano i successivi, e delazione ereditaria, che invece interessa solo i primi chiamati e interesserà i successivi solamente quando i primi avranno perso il diritto di accettare.

La norma di riferimento – ossia l’art. 480 c.c. – è quanto mai sibillina e si presta a diverse interpretazioni. Infatti, dopo aver stabilito un termine di prescrizione decennale per l’accettazione dell’eredità (termine che la Cassazione in commento ribadisce essere di prescrizione e non di decadenza), il Legislatore afferma che il termine decorre fin dal giorno dell’apertura della successione e, in caso di istituzione sotto condizione, dal momento in cui questa si verifica. Inoltre afferma che il termine non corre per i chiamati ulteriori se vi è stata accettazione da parte dei precedenti e questa accettazione è venuta meno in seguito. Affermazione che – letta a contrario – porta a ritenere che il termine per i chiamati ulteriori decorra fin da subito, in quanto la norma si limita a porre una clausola di salvezza per il chiamato successivo che senza colpa abbia confidato in una già intervenuta accettazione da parte di chi lo precedeva, salvo poi scoprire che essa non è efficace.

Resta però da spiegare il motivo di un trattamento differenziato tra il chiamato sotto condizione, per il quale il termine decorre solo da verificarsi dell’evento che rende attuale la delazione in suo favore, e il chiamato in subordine (quale può essere ad esempio l’erede legittimo in presenza di una istituzione di erede testamentaria), che vede correre fin dall’apertura della successione il termine decennale.

Le risposte saranno diverse a seconda che si scelga l’una o l’altra delle chiavi di lettura sopra esposte. Se infatti si ritiene che tutti  soggetti chiamati all’eredità possano accettare fin da subito e che, quindi, giustamente il termine decennale decorra fin dall’apertura della successione, la deviazione da questa regola stabilita per i chiamati sotto condizione potrà essere spiegata dalla necessità di attendere il verificarsi o meno dell’evento dedotto in condizione. I sostenitori di questa tesi, infatti, in virtù del riconoscimento della natura di prescrizione al termine decennale di accettazione, fanno applicazione dell’art. 2935 c.c., secondo cui un diritto è soggetto a prescrizione dal momento in cui esso può essere fatto valere, e deducono che sia per i primi chiamati che per quelli in subordine il diritto di accettare possa essere fatto valere fin da subito. La stessa norma spiegherebbe anche il motivo per cui il termine del chiamato sotto condizione decorra solo dal giorno in cui si verifica la condizione.

Se, invece, si ritiene che si debba distinguere tra generica chiamata all’eredità e concreta delazione della stessa, si concluderà che solo i primi chiamati possano accettare da subito. Ugualmente si spiegherà il motivo per cui il termine non decorra per i chiamati sotto condizione. Risulterebbe però una contraddizione con quanto previsto dall’art. 480 comma 3 c.c. laddove afferma implicitamente, come sopra visto, che il termine decorra anche per i chiamati ulteriori. Aporia che, però, viene risolta facendo riferimento alla possibilità per questi ultimi di chiedere al giudice la fissazione di un termine a carico dei primi chiamati, entro cui questi dovranno dichiarare se intendono accettare o meno.

La giurisprudenza, dal canto suo, ha affrontato raramente la questione. Tuttavia, in base agli orientamenti più recenti (Cass. 16 agosto 1993, n. 8737; Cass. 22 giugno 1995, n. 7073 [1]; Cass. 13 luglio 2000, n. 9286; Cass. 30 marzo 2012, n. 5152 [2]), sembra essersi delineata una consolidata adesione al primo degli orientamenti sopra esposti, in forza del quale, cioè, la delazione è immediata anche per i chiamati successivi, con onere a carico di questi ultimi di attivarsi per tempo nel compimento di atti di accettazione espressa o tacita o nell’esperimento delle formalità inerenti l’accettazione con beneficio di inventario, al fine di non perdere un eventuale e futuro acquisto dell’eredità. Il tutto con la precisazione che detti atti sarebbero comunque sottoposti alla condicio juris del venir meno della chiamata antecedente.

A fronte di questo filone interpretativo, si pone la sentenza di Cass. civ. sez. II, del 27 settembre 2012, n. 16426, qui in commento, la quale mostra chiaramente di aderire alla seconda delle tesi sopra ricordate, affermando che:

Sebbene, in generale, ai sensi dell'art. 2935 c.c. la prescrizione cominci a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere; e quantunque, in particolare, l'art. 523 c.c. (secondo cui la sostituzione testamentaria del chiamato rinunciante prevale sulla rappresentazione e questa sull'accrescimento, mentre in difetto di quest'ultimo l'eredità si devolve agli eredi legittimi a norma dell'art. 677 c.c.) lasci intendere che nella successione testamentaria la devoluzione ai chiamati ulteriori, previsti dalle norme della successione legittima, si attui solo quando venga meno la delazione del chiamato precedente; ciò nonostante, l'art. 480 c.c. pone un'eccezione alla regola che si desume dal combinato disposto delle due norme, nel senso che sebbene per i chiamati ulteriori la delazione non sia coeva all'apertura della successione, ma si attui in linea eventuale e successiva solo se ed in quanto i primi chiamati non vogliano o non possano accettare l'eredità, la prescrizione decorre anche per i chiamati ulteriori sin dal momento dell'apertura della successione, salvo l'ipotesi in cui vi sia stata accettazione da parte dei precedenti chiamati e il loro acquisto ereditario sia venuto meno (art. 480 c.c., comma 3).

La spiegazione e la composizione dell'apparente aporia è data dal successivo art. 481 c.c. che attribuisce a chiunque vi abbia interesse, e dunque prioritariamente ai chiamati ulteriori, l'actio interrogatoria, mediante la quale è possibile chiedere al giudice di fissare un termine (s'intende, anteriore alla scadenza di quello di prescrizione ex art. 480 c.c.) entro cui il chiamato manifesti la propria volontà di accettare l'eredità o di rinunciarvi.

In sostanza, mentre –  secondo il primo orientamento dottrinale e giurisprudenziale – il chiamato ulteriore può fin da subito compiere atti di accettazione e quindi assicurarsi “ora per allora” l’acquisto dell’eredità, qualora i chiamati antecedenti non possano o vogliano accettare (il tutto autonomamente e senza coinvolgere questi ultimi).

In virtù dell’altro orientamento, cui aderisce la Cassazione in commento, il chiamato successivo potrà accettare solo quando la delazione a suo favore diventerà attuale. E poiché, così facendo, rischia di veder prescriversi il termine di accettazione, egli potrà tutelarsi non mediante un’accettazione sotto condicio juris della caducazione dell’altrui chiamata (proprio perché non sussiste alcuna delazione attuale in suo favore che egli possa fin da subito  accettare), bensì attivando il procedimento di cui all’art. 481 c.c. – la cd. actio interrogatoria – e stimolando il chiamato antecedente a esprimersi in merito all’accettazione o meno dell’eredità. Solo dopo che sarà stato rimosso quest’ostacolo, attraverso una rinunzia all’eredità da parte di chi lo precede, il chiamato successivo potrà finalmente accettare, in quanto la sua delazione diverrà solo allora  attuale.

In conclusione, la questione rimane ad oggi ancora aperta e, anzi, sembra più che mai auspicabile un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, al fine di dirimere questi orientamenti contrastanti e fornire chiare indicazioni operative ai cittadini e agli operatori del diritto.

Dott. Piergiorgio Castellano

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[1] Secondo cui: “posto che il termine di prescrizione del diritto di accettare l'eredità decorre dal giorno dell'apertura della successione, qualora sussista una pluralità di designati a succedere in ordine successivo, si realizza una delazione simultanea a favore dei primi chiamati e dei chiamati in subordine, con la conseguenza che questi ultimi, in pendenza del termine di accettazione dell'eredità per i primi chiamati, sono legittimati a manifestare una accettazione (espressa o tacita) dell'eredità, con efficacia subordinata al venir meno, per rinuncia o prescrizione, del diritto dei designati di grado anteriore”. Eventi che vengono qualificati dalla stessa Cassazione come condicio juris.

[2] La quale, in merito all’accettazione con beneficio di inventario, afferma che “in tema di successioni legittime, il chiamato all'eredità nel possesso dei beni ereditari ha l'onere di redigere l'inventario entro il termine di tre mesi dal giorno dell'apertura della successione, anche se sia di grado successivo rispetto ad altri chiamati, poiché, quando l'eredità si devolve per legge, si realizza una delazione simultanea in favore di tutti i chiamati, indipendentemente dall'ordine di designazione alla successione.”

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