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Violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta)

Cosa è successo nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: le indagini dopo le violenze

Cosa sappiamo delle violenze avvenute nell’aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta): dalla protesta per la paura della diffusione del Covid alla “orribile mattanza” della rappresaglia contro i detenuti, fino ai video che mostrano gli abusi e alle misure cautelari per 52 tra poliziotti e funzionari eseguite dalla Procura.
A cura di Nico Falco
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Una protesta il 5 aprile 2020 per chiedere test e mascherine dopo l'emersione di un caso di Covid, la rappresaglia il giorno successivo con una violenza cieca che si sarebbe abbattuta su 300 detenuti, una inchiesta da 117 indagati e misure cautelari per 52 di questi. Un terremoto giudiziario che si è abbattuto sul carcere "Francesco Uccella" di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e che ha travolto agenti della Polizia Penitenziaria e funzionari del Dap, compreso il provveditore delle carceri della Campania. La vicenda risale al 6 aprile 2020, nei giorni scorsi sono stati diffusi i video che mostrano in modo inequivocabile gli abusi commessi dietro le sbarre. La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha chiesto "un rapporto completo su ogni passaggio di informazione e sull’intera catena di responsabilità" e relazioni sulle altre carceri.

La rappresaglia dopo la protesta in carcere

La vicenda comincia il 5 aprile 2020, nel pieno della prima ondata della pandemia Covid. In tutta Italia i detenuti sono preoccupati per la diffusione del contagio in carcere, le proteste scoppiano ovunque. A Santa Maria Capua Vetere, dopo che circola la notizia della positività di un addetto alla distribuzione della spesa, circa 150 detenuti occupano sei sezioni del reparto Nilo, sbarrando gli accessi con le brandine, e impediscono agli agenti di entrare. Protesta pacifica, diranno in seguito i reclusi. I poliziotti, invece, racconteranno una storia diversa: aggressioni e persino pentolini di acqua e olio bollenti lanciati sugli agenti.

La situazione torna sotto controllo in serata, quando la direzione del carcere, al momento affidata a una sostituta della direttrice (che in quel periodo è assente per motivi di salute), assicura sia i test sia i dispositivi di protezione. E ai detenuti, come racconteranno in seguito, viene assicurato che non ci saranno conseguenze. Ma così non sarà. Le prime rappresaglie partono già dalla sera.

Le indagini dalla denuncia dei garanti dei detenuti

In quei giorni, vista la pandemia, i colloqui sono bloccati. Vengono vietate anche le videochiamate ma diversi detenuti riescono ugualmente a parlare coi familiari e a raccontare quello che è successo, altri vengono scarcerati per fine pena. Cominciano a circolare fotografie, video, che mostrano i segni delle manganellate. Le segnalazioni arrivano anche sul tavolo del garante dei detenuti della Campania, Samuele Ciambriello, che sporge denuncia e fa partire l'inchiesta della Procura insieme al garante di Napoli, Pietro Ioia, e all'associazione Antigone.

Due mesi dopo, a giugno, la notizia che numerosi agenti della Polizia Penitenziaria sono indagati per presunti pestaggi sui detenuti. La notifica viene consegnata dai carabinieri, proprio davanti al carcere. Alcuni dei poliziotti inscenano una protesta, salgono sul tetto, e si difendono: "Abbiamo solo cercato di riportare la calma tra i detenuti".

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Il gip: "A Santa Maria una orribile mattanza"

Nelle oltre 2mila pagine di ordinanza il gip definisce quello che è accaduto dopo "una orribile mattanza", in parte mostrata anche nei video che sono stati diffusi dal quotidiano "Domani" e raccontata dai detenuti. È il 6 aprile, il giorno dopo la protesta. L'inizio, secondo gli inquirenti, della rappresaglia mascherata da perquisizione straordinaria che coinvolgerà centinaia di detenuti, picchiati, umiliati e torturati.

Partecipano alla "perquisizione" circa 300 poliziotti, sia in servizio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, sia del Gruppo di supporto agli interventi, quasi tutti con mascherine o volto coperto dai caschi (infatti la Procura è riuscita a identificarne solo una parte). I detenuti parlano di irruzioni nelle celle, di uomini presi a manganellate, sputati e urinati addosso, trascinati lungo i corridoi mentre vengono presi a pugni e calci, costretti a stare faccia al muro durante i pestaggi per non poter vedere chi li sta colpendo. Viene picchiato anche un detenuto su una sedia a rotelle, Vincenzo Cacace, che ha raccontato sua storia a Fanpage.it.

Un altro viene minacciato di una ispezione anale con un manganello perché sono convinti che abbia un secondo telefono cellulare nascosto. Uno dei detenuti, pestato più volte, viene poi messo in isolamento e lasciato senza cure. Muore circa un mese dopo, in seguito all'assunzione di una massiccia dose di farmaci diversi. Per la Procura si tratta di morte in conseguenza di altro reato, ma il gip non sposa questa tesi optando per il suicidio.

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Le chat dell'orrore di Santa Maria Capua Vetere

Nell'ordinanza vengono riportate anche le conversazioni che aiutano a ricostruire quelle ore. Diversi agenti coinvolti, prima della rappresaglia, parlano di quello che sarebbe successo di lì a poco. E dal tono si capisce quali siano le intenzioni: "Li abbattiamo come vitelli", "domani chiave e piccone in mano", "si deve chiudere il reparto Nilo per sempre, il tempo delle buone azioni è finito".

La situazione cambia quando viene fuori che c'è una indagine in corso, e che soprattutto i carabinieri hanno acquisito i video delle telecamere di videosorveglianza interna; in quel momento i messaggi diventano preoccupati: "mò succede il terremoto", "pagheremo tutti, 300 agenti e una decina di funzionari", "decapiteranno mezza regione".

La stessa preoccupazione per i video anche nelle chat dove ci sono i vertici del carcere e il provveditore campano. Secondo il gip c'è stato anche un tentativo di depistaggio: nonostante gli indagati sappiano che le telecamere funzionano, ricostruiscono gli inquirenti, cercano di convincere i carabinieri che siano fuori uso, e che non registrino. Ma i militari, su delega della Procura sammaritana, acquisiscono gli hard disk. E recuperano tutto.

La direttrice Palmieri: "Immagini agghiaccianti"

La direttrice del carcere, Elisabetta Palmieri, definisce "agghiaccianti e ingiustificabili" le immagini della videosorveglianza. La funzionaria non figura tra gli indagati, in quel periodo, e per circa tre mesi, è stata lontana dal carcere per motivi di salute e non compare nemmeno nelle chat acquisite dalla Procura.

Ieri, 1 luglio, l'incontro con Matteo Salvini, che già dopo l'emissione delle misure cautelari aveva annunciato di voler portare la propria solidarietà agli agenti. A Santa Maria Capua Vetere il leader della Lega correggeil tiro: gli abusi sono evidenti, chi ha sbagliato deve pagare, scuse ai detenuti alle loro famiglie e solidarietà agli agenti che svolgono correttamente il proprio ruolo. "Quando ho visto il video sono rimasto sconvolto", dice.

Salvini tira inoltre in ballo Alfonso Bonafede, che all'epoca dei fatti è ministro della Giustizia e in Parlamento aveva detto che "le rivolte in carcere sono atti criminali di minoranza, lo Stato non indietreggia". E Bonafede ribatte con una nota: "Preciso, come è già evidente e documentalmente provato, che il Ministero si è mosso immediatamente nel pieno rispetto delle prerogative e dell'indipendenza dell'autorità giudiziaria che ha portato avanti le indagini per accertare i fatti. Ogni altra speculazione è totalmente infondata e per tale ragione adiro' le opportune vie legali contro ogni falsità e strumentalizzazione nei miei confronti".

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Violenze in carcere, i nomi degli indagati: scattano gli arresti

L'inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere porta a 52 misure cautelari, che vengono eseguite lunedì scorso, 28 giugno: 8 indagati in carcere, 18 ai domiciliari, 23 con interdizione con sospensione dal pubblico ufficio, 3 con obbligo di dimora. Tra gli indagati ci sono Antonio Fullone, provveditore delle carceri campane, Pasquale Colucci, comandante del Nucleo operativo traduzioni e piantonamenti del carcere di Secondigliano, Anna Rita Costanzo, commissario responsabile del reparto Nilo, e Gaetano Manganelli, commissario della Penitenziaria.

Per tutti gli indagati il ministero della Giustizia dispone la sospensione immediata. In questi giorni stanno andando avanti gli interrogatori, che proseguiranno fino al 7 luglio. Fino ad ora, molti degli agenti ascoltati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e nessuno ha ammesso gli addebiti. Per le prossime ore il ministero della Giustizia ha disposto una ispezione nel carcere "Uccella".

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