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Vietati i funerali pubblici per Cosimo Di Lauro, l’ex boss di Secondigliano morto in carcere

Vietati ufficialmente i funerali per Cosimo Di Lauro, l’ex boss di Secondigliano deceduto a 49 anni nel carcere di Opera, a Milano.
A cura di Nico Falco
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Cosimo Di Lauro al momento dell'arresto
Cosimo Di Lauro al momento dell'arresto

Sono stati ufficialmente vietati i funerali pubblici per Cosimo Di Lauro, il boss dell'omonimo clan di camorra e primogenito di Paolo Di Lauro, deceduto a 49 anni lunedì mattina, 13 giugno, nel carcere milanese di Opera, dove stava scontando l'ergastolo. Il provvedimento è stato firmato dal Questore di Napoli, Alessandro Giuliano, e notificato alla famiglia Di Lauro questa mattina dagli agenti del commissariato di Secondigliano della Polizia di Stato; si tratta in questo caso di una decisione scontata, di prassi nel caso di personaggi ritenuti, in passato o al momento della dipartita, ai vertici della malavita organizzata.

La data per i funerali non è stata ancora fissata, probabilmente si dovrà attendere almeno la fine della settimana; per domani è in programma l'autopsia, disposta dalla Procura di Milano che sulla morte di "Cosimino" ha aperto una inchiesta con l'ipotesi di reato di omicidio colposo: obiettivo degli inquirenti è non solo determinare le cause della morte del 49enne, che sarebbe stato stroncato da un infarto, ma stabilire le sue condizioni di salute negli ultimi anni e capire se avesse ricevuto le dovute cure mediche e psicologiche.

Ululava di notte e fumava 100 sigarette al giorno

Cosimo Di Lauro era in carcere dal 2005, quando fu arrestato, da latitante, nei pressi del "Terzo Mondo", roccaforte del clan. Per gli inquirenti sono state le sue decisioni a scatenare la Faida di Scampia: quando il padre Paolo Di Lauro, alias Ciruzzo ‘o Milionario, gli cedette la reggenza, l'allora trentenne rivoluzionò quella che era una "macchina perfetta" per lo spaccio di droga, causando frizioni con gli altri clan che portarono ad una guerra da decine di morti.

Negli ultimi anni Di Lauro, da quanto è trapelato in questi giorni, era stato vittima di un drastico tracollo psicologico durante la detenzione, al 41bis: farneticava in cella, fumava fino a cinque pacchetti di sigarette al giorno, rifiutava l'igiene personale e di notte ululava. Praticamente irriconoscibile, aveva perso 30 chili. Già dal 2008 i suoi legali avevano sostenuto che non fosse più in grado di partecipare ai processi e avevano richiesto più volte perizie psichiatriche.

L'avvocato Saverio Senese lo aveva incontrato l'ultima volta nel 2019, dopo aver ricevuto da lui una lettera su cui non c'era nemmeno una parola: in quella circostanza Di Lauro se ne andò dicendo di dover prendere parte a una "riunione importante di imprenditori" in veste di "capo di un mondo parallelo".

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