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Morto in carcere Cosimo di Lauro, boss di camorra

La morte di Cosimo Di Lauro, primo camorrista “social” che scatenò la Faida di Scampia

Cosimo Di Lauro, morto stanotte nel carcere di Opera, è stato il boss della Faida di Scampia; al contrario del padre Paolo, è stato il primo camorrista social.
A cura di Nico Falco
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Paolo Di Lauro e il figlio Cosimo
Paolo Di Lauro e il figlio Cosimo
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Quando Paolo Di Lauro finì in manette, il 16 settembre 2005, davanti a quell'appartamento di via Canonico Cosimo Stornaiuolo si radunò una folla. Non era solo l'arresto di un boss latitante, quella gente era lì per vedere la soluzione di un mistero. Per scoprire, finalmente, che faccia avesse "Ciruzzo il Milionario". Perché, e questo fu probabilmente uno dei segreti dell'ascesa e del potere del superboss di Scampia e Secondigliano, per tanti anni scampato alle inchieste giudiziarie, soltanto gli affiliati più stretti lo avevano conosciuto. Il contrario del primogenito Cosimo, che già prima di diventare il nuovo boss aveva mostrato di avere un'idea completamente diversa: abiti costosi, corse in motocicletta per Secondigliano e quel look che lo avrebbe elevato dal rango di camorrista, seppur boss, e lo avrebbe reso un'icona nel mondo criminale.

Le cause della morte di Cosimo Di Lauro

Cosimo Di Lauro è morto nel carcere di Opera, a Milano, a 49 anni, lunedì 13 giugno 2022; le cause del decesso non sono state rese note, ma a quanto apprende Fanpage.it sarebbe stato stroncato da un infarto ci sarà una autopsia che dovrà stabilirlo in maniera certa. Il primo figlio di Paolo Di Lauro stava scontando l'ergastolo per i delitti connessi alla Faida di Scampia.

La sua figura resta una delle principali della camorra, anche dal punto di vista "politico". Il cambio di reggenza è stato un punto di svolta per la malavita organizzata non solo napoletana, ma anche per quella europea: nei primi anni duemila il clan Di Lauro, con le cosche confederate, gestiva piazze di spaccio capaci di generare mezzo milione di euro al giorno; a seguito della scissione e della nascita degli Amato-Pagano si spostarono tutti gli equilibri del narcotraffico, con la creazione di nuove alleanze e di nuove rotte della droga che attraversavano mezza Europa accanto a quelle già esistenti.

Cosimo Di Lauro primo camorrista "social"

Paolo Di Lauro aveva fatto dell'invisibilità la sua forza. Gli inquirenti, ricostruendo la camorra di Secondigliano, avevano individuato un tale "Pasquale" a cui facevano capo gli affiliati, ma non erano riusciti a identificarlo. Fino al 1998, quando Ciruzzo il Milionario, ufficialmente imprenditore tessile con fabbrica ad Arzano, fu convocato in Procura. Il motivo era il pestaggio di un insegnante, che sarebbe stato ordinato dal figlio Nunzio, all'epoca 13enne, perché l'uomo aveva rimproverato la cugina. Mentre Di Lauro veniva interrogato, i telefoni degli affiliati più stretti impazzirono. Temevano che fosse un pretesto per arrestarlo. E, intercettati, chiesero al figlio Vincenzo come comportarsi, quando "Pasquale" sarebbe uscito dalla Procura. Quella fu la conferma.

Ma Cosimo Di Lauro non aveva nessuna intenzione di vivere nell'ombra. Aveva compreso, tra i primi, che anche la camorra può alimentarsi di spettacolo e di status symbol. Lo aveva fatto ben 10 anni prima dei Sibillo, che pur non avendo disponibilità di uomini e potenza militare hanno costruito la potenza del clan sulla figura del baby boss Emanuele. A differenza della cosca satellite dei Contini, Cosimo Di Lauro poteva invece contare su un flusso di denaro praticamente infinito e su armi in quantità tali da equipaggiare un esercito. Aveva scelto, però, di diventare social prima dell'avvento dei social. Di diventare mainstream.

Nel quartiere già lo conoscevano come "‘o chiatto", qualcuno ancora si azzardava a chiamarlo "lo zoppo", per le conseguenze di un incidente in moto quando era giovanissimo. Ma non erano certo soprannomi adatti a quello che voleva essere il principe di Scampia e Secondigliano, con aspirazione di diventare re. Da qui, la costruzione a tavolino di una figura che potesse anche affascinare, come affascina da sempre il male: capelli tirati all'indietro, giacca di pelle lunga fino alle ginocchia. Un antieroe come Il Corvo, quello del film, implacabile contro i nemici. Quando lo hanno arrestato, il 21 gennaio 2005, era vestito proprio così. Trentadue anni appena, ma già una fama da boss sanguinario. In mezzo ai carabinieri, fronte alta, sguardo fiero; al contrario del padre, che tenne per tutto il tempo la testa bassa. Quelle foto rimbalzarono sui cellulari di centinaia di giovani, divennero virali prima che il concetto di viralità si appiccicasse ai social.

La ferocia di "Cosimino" alla guida del clan

Paolo Di Lauro divenne ufficialmente latitante il 23 settembre 2002. In quel periodo il comando del clan passò al figlio Cosimo. F1, il primogenito, l'erede. E tutto il sistema droga venne rivoluzionato: i vecchi capipiazza vennero messi da parte, a vantaggio di nuove leve più vicine, anche per età, a "Cosimino". Decisione che scatenò quel malcontento che si tradusse in guerra di camorra: la Faida di Scampia, con decine di morti tra il 2002 e il 2004 e altri omicidi collegati negli anni successivi.

Nel periodo della reggenza, oltre che per il look, Cosimo Di Lauro si distinse anche per la particolare ferocia. Salvatore Tamburrino, ex fedelissimo dei Di Lauro e oggi collaboratore di Giustizia, ha raccontato che in quel periodo "più persone si uccidevano, più Cosimo era contento". Anche a costo di ammazzare innocenti per sbaglio: quando nel 2004 il clan uccise nella sua tabaccheria Domenico Riccio, legato agli Abbinante, e con lui Salvatore Gagliardi, che si trovava nell'attività per caso, il clan non batté ciglio.

Pochi mesi fa, nel marzo 2022, Cosimo Di Lauro è stato condannato all'ergastolo come mandante per gli omicidi di Raffaele Duro e Salvatore Panico (Mugnano, 22 gennaio 2004) e per quello di Federico Bizzarro (Qualiano, 27 aprile 2004).

Gelsomina Verde, uccisa dalla camorra a 22 anni
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La morte di Gelsomina Verde, torturata e bruciata dalla camorra

Uno degli episodi più eclatanti di quel periodo fu sicuramente la vicenda di Gelsomina Verde, uccisa dalla camorra a 22 anni. Il corpo della ragazza venne ritrovato nella sua automobile data alle fiamme; il fuoco era stato usato per coprire i segni delle torture che, ricostruirono gli inquirenti, le furono inflitte per costringerla a confessare dove si trovasse un ragazzo con cui in passato aveva avuto una relazione e che era transitato tra le fila degli Scissionisti.

Per quell'omicidio è stato condannato all'ergastolo Ugo De Lucia, considerato tra i più feroci killer dei Di Lauro (sentenza diventata definitiva nel gennaio 2009). Il 13 dicembre 2008 Cosimo Di Lauro fu condannato all'ergastolo in primo grado come mandante; nel marzo 2010 il boss, pur non dichiarandosi colpevole, ha risarcito la famiglia Verde con 300mila euro, frutto di un risarcimento per un incidente avuto da giovane; nello stesso anno, a dicembre, Di Lauro è stato assolto.

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