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‘O i’ lloco, ‘o i’ llanno e ‘o i’ canno: perché nel dialetto napoletano si dice così?

In dialetto napoletano non basta dire “eccolo qua” o “eccolo là” per indicare qualcosa che è vicino o lontano: esiste una vera e propria “declinazione” sul modello latino, utilizzata in modo molto particolare a seconda delle occasioni. E, come spesso accade, il significato non è solo quello letterale: ecco tutti i modi in cui il dialetto dice “o ‘i lloco”.
A cura di Federica D'Alfonso
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'O i' lloco, 'o 'i ccanno e 'o i' llanno: perché nel dialetto napoletano si dice così?
‘O i' lloco, ‘o ‘i ccanno e ‘o i' llanno: perché nel dialetto napoletano si dice così?

Il vocabolario del dialetto napoletano conta un’infinità di parole davvero particolari: tantissimi sono i vocaboli di derivazione straniera, dall’arabo fino a quelle derivate dall’inglese, e altrettanti sono quelli intraducibili alla lettera, frutto della fantasia partenopea che ha saputo trovare, nella lingua, un forte veicolo di identità culturale. Ma non è solo il lessico ad aver trasformato, nei secoli, il dialetto napoletano in una vera e propria “lingua” con regole proprie: anche la grammatica possiede alcune curiose peculiarità, come quella di conoscere decine di modi diversi per esprimere vicinanza o lontananza da un oggetto o una persona. ‘O i’ lloco, ‘o i’ llanno e ‘o i’ ccanno sono solo alcuni.

Trattandosi di una lingua orale, è difficile individuare la regola che sottende ai numerosissimi usi che il napoletano fa di questi “verbi”: sembra, a ben vedere, di trovarsi di fronte ad una vera e propria “declinazione” sul modello latino, molto più variegata dell’italiano. Se si tiene conto delle varianti di pronuncia, si conteranno circa ventidue modalità con le quali il dialetto napoletano indica la vicinanza o la lontananza dell’oggetto, o della persona, alla quale ci si vuole riferire.

E se l‘o i’ lloco è utilizzato per indicare qualcosa o qualcuno di molto vicino (solitamente con l’accezione di “eccolo”), l’o i’ ccanno è più propriamente riferibile a qualcosa che è ancora più vicino (“eccolo qui”), mentre se la lontananza è più marcata si utilizza l’o ‘i llanno: “eccolo là”. Gli avverbi di luogo napoletani conoscono, inoltre, anche il plurale: ‘o ‘bbilloco, ‘o ‘bbiccanno e ‘o ‘bbillanno si usano quando, ad essere giunti magari nelle nostre vicinanze, sono più persone, ma si parla comunque al singolare. Esiste anche il plurale riferito a chi guarda: ‘o ‘bberite lloco, ‘o ‘bberite ccanno, ‘o ‘bberite llanno.

Ma da dove deriva questo modo di riferirsi agli oggetti, proprio solo del dialetto napoletano? È probabile che questo “schema” derivi in gran parte dal latino. “Lloco” sembrerebbe infatti una contrazione dell’espressione “in isto loco”, mentre “ccanno” dovrebbe essere la corruzione, prolungata, di “hac”, mentre “llanno” ripropone il latino “illo loco”, divenuto poi più tardi “illuc”.

Che dialetto sarebbe, però, se le parole si limitassero ad avere soltanto un significato letterale? In napoletano, infatti, è frequente utilizzare questi avverbi anche come espressioni complete, indicanti particolari situazioni o accadimenti: ed ecco che l’o i’ lloco si trasforma in un’esclamazione spesso di timore, o di sorpresa, per qualcosa o qualcuno che giunge all’improvviso, così come ‘o i’ llanno è spesso usata come corrispettivo italiano del “ci siamo, lo sapevo”.

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