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Maxi-sequestro da 10 milioni: chi è l’uomo che riciclava i soldi del clan Di Lauro

Riciclava denaro sporco per il Clan Di Lauro di Scampia, ma le operazioni illecite sono state scoperte dalla Guardia di Finanza di Napoli che ha ricostruito tutti gli spostamenti e sequestrato un ingente patrimonio del valore di oltre 10 milioni di euro tra Campania e Abruzzo. L’uomo che si occupava di lavare i soldi della droga e di altri proventi illegali, secondo gli investigatori, sarebbe stato Gaetano Britti, oggi 75enne, ritenuto dagli inquirenti un affiliato di spicco del clan Di Lauro.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Riciclava denaro sporco per il Clan Di Lauro di Scampia, ma le operazioni illecite sono state scoperte dalla Guardia di Finanza di Napoli che ha ricostruito tutti gli spostamenti e sequestrato un ingente patrimonio del valore di oltre 10 milioni di euro tra Campania e Abruzzo. L’uomo che si occupava di lavare i soldi della droga e di altri proventi illegali, secondo gli investigatori, sarebbe stato Gaetano Britti, oggi 75enne, ritenuto dagli inquirenti un affiliato di spicco del clan Di Lauro.

Il sequestro ha riguardato beni immobili tra i Comuni di Napoli, Melito di Napoli e Castel di Sangro, quest’ultima nota località turistica in provincia de L’Aquila, in Abruzzo. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Napoli – Sezione per l’Applicazione delle Misure di Prevenzione – su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, ed è stato eseguito dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli.

In particolare, gli specialisti del G.I.C.O. hanno sequestrato fabbricati e terreni dopo aver ricostruito come le risorse accumulate nel tempo dalla famiglia erano state favorite dal rapporto di parentela Britti e il cognato Rosario Pariante, protagonista del cosiddetto “Cartello Scissionista” nel periodo di erosione della struttura organizzativa del clan Di Lauro.

Prima della contrapposizione armata tra i Di Lauro e gli Scissionisti, Britti, grazie al rapporto di “rispetto” con il cognato, aveva goduto di un canale privilegiato attraverso il quale gli venivano affidate ingenti somme di denaro di provenienza illecita derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti e dalle estorsioni che, attraverso una propria struttura organizzata, “reinvestiva” in operazioni di usura, riciclaggio e reimpiego nell’Economia legale.

Le capacità manageriali del Britti nella gestione del vasto giro di usura sono state presto riconosciute, oltre che dal cognato Pariante, anche da altri sodali apicali del clan che gli avevano affidato le proprie risorse illecite per farle fruttare.

Le indagini di natura patrimoniale hanno sfruttato le evidenze investigative acquisite in precedenza dalle stesse Fiamme Gialle: l’appartenenza del Britti al sodalizio criminale, le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e infine la totale inconsistenza economica dei componenti del suo nucleo familiare, del tutto sprovvisto di fonti lecite di guadagno in grado di giustificare il valore economico del patrimonio.

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