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Annalisa Rizzo uccisa con 10 coltellate, la mamma: “Basta femminicidi, prego per un cambiamento”

Annalisa Rizzo vittima di femminicidio a gennaio 2024. La lettera della mamma: “Non scrivo per accusare, ma per implorare un cambiamento della società”
A cura di Pierluigi Frattasi
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Annalisa Rizzo
Annalisa Rizzo

“Dopo aver perso mia figlia, una donna di soli 43 anni, vittima di un orribile femminicidio. Non ci sono parole per descrivere il vuoto che ha lasciato nella mia vita e in quella della nostra famiglia, né per esprimere il dolore che ci accompagna ogni giorno. Ma oggi non scrivo solo per piangere la sua assenza: scrivo per denunciare il silenzio assordante che ha seguito la sua tragedia, un silenzio che, come madre, mi ferisce quasi quanto la perdita stessa”.

Sono le parole della mamma di Annalisa Rizzo, la bancaria di 43 anni, uccisa con 10 coltellate la notte tra il 21 e 22 gennaio 2024 ad Agropoli, in provincia di Salerno. I carabinieri trovarono il suo corpo esanime in casa. Sopra di lei c'era quello del marito, Vincenzo Carnicelli, pizzaiolo di 63 anni, morto anche lui, con un colpo di taglierino al collo. Il decesso, nel suo caso, sarebbe avvenuto circa un'ora dopo quello della moglie.

Tra le ipotesi investigative all'epoca si parlò di omicidio-suicidio. Il marito avrebbe ucciso la moglie e poi si sarebbe tolto la vita. Gli elementi raccolti non hanno chiarito del tutto la dinamica di quanto accaduto. Dall'esame autoptico è emerso che il 63enne “non è andato incontro subito a morte, ma è sopravvissuto almeno un'ora”. La vicenda si è chiusa con il decreto di archiviazione del gip del Tribunale di Vallo della Lucania, il 12 giugno scorso, che ha accolto la richiesta del pm. Il giudice ha ritenuto presumibile che “l'uomo si sia lasciato morire”. Mentre "la Rizzo è stata vittima di omicidio perpetrato con l'arma rinvenuta".

La lettera della madre di Annalisa Rizzo

Una tragedia che ha distrutto una famiglia. La mamma di Annalisa Rizzo, assistita dall'avvocato Leopoldo Catena, chiede adesso di aprire un dibattito pubblico che possa smuovere le coscienze sul fenomeno orribile del femminicidio e ha voluto scrivere, “con il cuore spezzato e l'animo ferito”, una lettera pubblica, rivolgendosi ai rappresentanti delle istituzioni e ai concittadini, “in particolare Donne della mia comunità”.

Mi rivolgo innanzitutto a voi, rappresentanti dell'amministrazione comunale. Mi sarei aspettata, in un momento così devastante, un gesto di vicinanza, un segnale che la comunità che mia figlia ha abitato e amato non l'avesse dimenticata. Una parola di cordoglio, un'iniziativa per ricordare lei e tutte le donne vittime di violenza, un impegno concreto per prevenire altre tragedie. Invece, ho trovato solo un vuoto istituzionale, un'indifferenza che pesa come un macigno.

E aggiunge:

Come madre, mi chiedo: è questo il valore che attribuite alla vita di una donna? È questo il modo in cui proteggete la memoria di chi è stato strappato alla vita con tanta brutalità? Ma il mio dissenso non si ferma qui. Mi rivolgo anche a voi, abitanti di questa comunità, ogni volta in cui una donna viene uccisa non è solo una tragedia personale, ma una ferita per tutta la società. L'indifferenza e il distacco contribuiscono a lasciare che questa violenza continui a prosperare in una cultura che troppo spesso giustifica, minimizza o ignora.

Poi conclude:

L'82% dei femminicidi avviene in contesti familiari o affettivi, spesso per mano di chi ti diceva di amare. Non è un raptus, non è un'eccezione: è il frutto di una cultura che dobbiamo cambiare insieme, smettendo di pensare che "se l'è cercata". Mi ferisce profondamente il pensiero che, in un'epoca in cui si parla tanto di sorellanza e di lotta contro la violenza di genere, il mio lutto sia stato accolto con così poca empatia. La perdita di mia figlia non è solo la mia perdita: è una ferita per tutte noi, per ogni donna che vive nella paura, per ogni madre che trema al pensiero di non poter proteggere i propri figli.

Infine, un appello, rivolto a tutta la comunità:

Non scrivo per accusare, ma per implorare un cambiamento. La morte di mia figlia non può essere solo un'altra statistica, un altro nome dimenticato. Chiedo all'amministrazione comunale di agire: promuovete iniziative di sensibilizzazione, create spazi sicuri per le donne, investite in politiche che prevengano la violenza di genere. Non lasciate che altre madri vivano il mio stesso inferno. E a voi, donne della mia comunità, vi chiedo di essere presenti, vi chiedo di non voltare più lo sguardo. Siate unite, siate la voce di chi non può più parlare, non lasciate che il prossimo femminicidio sia accolto nuovamente dal silenzio! Mia figlia meritava di vivere.

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