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Perché puliremo sempre il murale di Falcone e Borsellino, imbrattato di nuovo da un vandalo

A Milano è stato vandalizzato ancora il murale di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a Porta Ticinese a Milano. Ma la città sarà sempre pronta a ripulire il suo simbolo della lotta alla mafia.
A cura di Giorgia Venturini
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Immaginate di vederlo. Di incrociare durante una passeggiata estiva quel vandalo in Porta Ticinese con in mano una bomboletta azzurra mentre imbratta il murale di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Magari ha il volto coperto da un passamontagna, magari no. Magari è in compagnia di amici, magari è solo. Magari non conosce i nomi dei due giudici, o magari sì. Immaginate di incrociarlo quel vandalo per caso. Di vederlo sfregiare uno dei disegni simbolo di Milano. Cosa gli direste?

Potremmo fargli presente fin da subito che a fine serata non resterà e non sarà semplicemente un murale vandalizzato. Perché il ritratto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino su un muro di Porta Ticinese a Milano non è semplicemente un murale. Le immagini dei due giudici in una delle vie centralissime della città è il simbolo di una lotta alla mafia che non fa distinzioni tra Nord a Sud. Tra vittime palermitane e vittime lombarde. Milano con questo disegno ricorda i due giudici uccisi da Cosa Nostra nel 1992 a Palermo e ricorda che anche qui si combatte la criminalità organizzata in loro nome. Vandalizzando e sfregiando un simile murale si sfregia la storia alla lotta alla mafia, anni e anni di battaglie in Tribunale e per le vie della città. Così come a Palermo, così come a Milano.

A quel vandalo dalla mano sporca di blu dovremmo ricordare che imbrattando Falcone e Borsellino in Porta Ticinese si sfregia anche la memoria di Lea Garofalo, uccisa a Milano perché svelò tutti i segreti della sua famiglia di ‘ndrangheta. Di Cristina Mazzotti e Paolo Giorgetti, le giovani vittime lombarde rapite e uccise della ‘ndrangheta che vedeva in loro un oggetto di riscatto. E ancora: di Carlo La Catena, Alessandro Ferrari, Driss Moussafir, Sergio Pasotto, Stefano Picerno, ovvero le vittime della strage di via Palestro a Milano del 27 luglio del 1993. Quella vernice blu attacchi la memoria anche di Luisa Fantasia, Pietro Sanua, Piero Carpita, Luigi Racalcati e Giorgio Ambrosoli. Solo per citare alcune delle vittime lombarde di mafia. Tutte presenti in quel lungo elenco di 1.031 vittime innocenti di mafia che ogni 21 marzo viene letto nelle principali piazze d'Italia.

A quel vandalo dovremmo ricordare anche che non è il primo. Che era già accaduto nel 2018: allora venne disegnata una pistola nella mano di Falcone che puntava alla tempia di Borsellino. Che altri come lui hanno rovinato con dello spray nero alla Cala a Palermo il murale dedicato sempre a Falcone e Borsellino. Altri, come lui, hanno vandalizzato il murale dedicato ai due giudici a piazza Bologna, a Roma. Il suo nuovo sfregio non sarà però meno grave. Ma a questo vandalo potremmo dire anche che ci troverà sempre lì: a cancellare via il giorno dopo la sua sfida alla lotta alla mafia firmata con una vernice blu. Così come ci ritroveranno sempre lì il giorno dopo i vandali che continuano a dare fuoco alla panchina rossa in memoria di Lea Garofalo in piazza Prealpi. Ci troveranno sempre lì a difendere i volti e la memoria della lotta alla mafia che Milano e il resto d'Italia non ha nessuna intenzione di dimenticare.

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Sono giornalista professionista dal 2020, ma faccio questo lavoro da molto più tempo. Nel settembre del 2020 sono arrivata a Fanpage.it inserendomi nella squadra della cronaca di Milano. Da anni mi occupo di criminalità organizzata soprattutto in Lombardia e di problemi ambientali: due tematiche che spesso si intrecciano tra di loro. Da un anno curo il progetto www.stampoantimafioso.it, un giornale online che si occupa di mafia e antimafia e che seguo insieme ad altri giornalisti e ricercatori che come me si sono laureati in Sociologia della criminalità organizzata.
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