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‘Ndrangheta, riaperte le indagini sull’omicidio della 18enne Cristina Mazzotti: indagato anche un avvocato

A distanza di 47 anni la Procura di Milano ha aperto un nuovo filone di indagini sull’omicidio di Cristina Mazzotti, la 18enne rapita e uccisa dalla ‘ndrangheta nel 1975.
A cura di Giorgia Venturini
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Ci sono voluti anni per fare il nome di ‘ndrangheta tra gli indagati per l'omicidio di Cristina Mazzotti, la 18enne che la notte del primo luglio del 1975 è stata rapita da un commando della ‘ndrangheta mentre era in compagnia di alcuni amici a Eupilio, in provincia di Como. E ci sono voluti 47 anni perché la Procura di Milano ha dato il via alla terza inchiesta che vede come indagati alcuni uomini di ‘ndrangheta. La nuova inchiesta si concentra su nuovi sequestratori e sulla ricerca dei mandanti.  Cristina Mazzotti la si cercò per un mese, la criminalità organizzata chiese il riscatto: in Lombardia erano gli anni dei sequestri, così si alimentava la ‘ndrangheta. Il corpo venne trovato un mese dopo in una discarica a Castelletto Ticino. Da allora nessun processo. Nessun imputato e nessuna condanna. Ora però si riaccende la speranza di dare un nome e un volto agli ‘ndranghetisti che la rapirono: la Cassazione ha infatti aperto una nuova pista di indagini bloccando così la prescrizione sul caso. Negli anni sono state tredici le persone già condannate: tutte però si erano rifiutate di confessare la presenza di un commando della criminalità organizzata calabrese.

Indagato un avvocato di Reggio Calabria

Quarantasette anni dopo tra gli indagati c'è un avvocato. Si chiama Antonio Romeo, 66 anni: vanta una laurea in legge ed esercita la professione a Bovalino, a Reggio Calabria. Per tutti però è il figlio di Sebastiano, conosciuto in zona come ‘u Staccu, capo della società minore di San Luca, paese da anni con alta presenza ‘ndranghetista. Romeo, interrogato dai poliziotti della Squadra Mobile di Milano e i pubblici ministeri Stefano Civardi e Alberto Nobili, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Non conferma e non nega dunque la sua partecipazione al commando che rapì e uccise Cristina.

Indagato il dottore di San Luca

L'"avvocato" non è stato l'unico a rifiutarsi di rispondere alle domande degli inquirenti. Così ha fatto anche il cognato Giuseppe Calabrò, anche lui originario di San Luca e anche lui a Milano già nel 1975. Nel clan di ‘ndrangheta è conosciuto come ‘u dutturicchiu, ovvero il "dottore": è già conosciuto alla giustizia italiana per le sue condanne per droga, armi e tentato sequestro. E ancora: è considerato uno dei broker più importanti della cocaina sui quali possa contare la ‘ndrangheta. Per lui però davanti al giudice era sempre caduta l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Terzo indagato per l'omicidio di Cristina Mazzotti è Antonio Talia, 71 anni: per tutta la criminalità organizzata invece lui è uomo della cosca di Africo che per anni ha visto al comando il boss Peppe Morabito.

La confessione di uno dei sequestratori

A fare i nomi dei nuovi tre indagati è Demetrio Latella, 67 anni: come riposta Il Corriere della Sera, era stato fermato già qualche anno prima dagli inquirenti perché incastrato da un'impronta digitale trovata sulla macchina dei sequestratori. La sua confessione permise nel 2012 di riaprire la indagini, archiviate in un primo momento. Oggi compare anche il nome dell'avvocato Romeo e la nuova sentenza della Cassazione ha aperto una nuova via alle indagini escludendo la prescrizione per l'omicidio volontario aggravato dalla crudeltà dei fatti.

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