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Elezioni regionali Lombardia 2023

Perché Letizia Moratti non è stata eletta neanche in Consiglio regionale

Come mai Letizia Moratti, che ha raccolto oltre 320mila preferenze su tutto il territorio lombardo, non farà parte della prossima giunta regionale? Colpa della legge lombarda, che prevede un posto in Consiglio solo per il secondo classificato. Un modo per entrare lo stesso al Pirellone, però, c’era eccome.
A cura di Francesca Del Boca
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Un impietoso terzo posto sotto la soglia del 10 per cento, e per la precisione al 9,9 per cento. Con il Terzo polo, insomma, l'ex vice di Regione Lombardia Letizia Moratti non si aspettava certo di arrivare per ultima sul podio, miglia dietro al vincitore indiscusso (e governatore uscente) Attilio Fontana al 54,6 per cento e al candidato del centrosinistra Pierfrancesco Majorino al 33,9 per cento.

La delusione della candidata del Terzo polo, appoggiata dal partito di Renzi e Calenda, è palpabile. E non solo perché Moratti – l'ha sempre dichiarato a gran voce – correva per vincere. Ma anche perché, con il terzo posto, per lei non è previsto neanche un posto in Consiglio comunale.

Come mai quindi Letizia Moratti, che comunque ha raccolto 320.346 preferenze su tutto il territorio lombardo (di cui quasi 153mila solo nella propria lista civica, e ottenendo circa 50mila voti in più rispetto al risultato di coalizione), non ha diritto neanche a un posto all'interno della prossima giunta regionale?

Perché Letizia Moratti non entra in Consiglio regionale

Colpa della legge regionale lombarda, che prevede un posto nel Consiglio solo per il secondo classificato (e dunque in questo caso per Pierfrancesco Majorino, che ha già annunciato il suo ingresso nei banchi dell'opposizione al Pirellone e il conseguente abbandono dell'incarico all'Europarlamento di Bruxelles). Dopo l'incarico da assessore al Welfare e addirittura da vicepresidente, è insomma un addio per Letizia Moratti. Un addio che, però, poteva essere evitato.

Sì, perché per l'ex ministra dell'Istruzione nel governo Berlusconi la possibilità di sedere tra le poltrone del Consiglio c'era eccome: sarebbe stato sufficiente scrivere il proprio nome come capolista negli elenchi dei candidati consiglieri (come ha fatto del resto anche la rivale di Unione Popolare Mara Ghidorzi, ferma all'1,5 per cento delle preferenze) della lista civica e della lista di Azione e Italia Viva. Ma per Letizia Moratti la strada era solo una, e non ha mai fatto mistero: la presidenza della Regione.

Le critiche dal centrodestra e dal centrosinistra

Una sconfitta pesante, quella di Letizia Moratti e della sua compagine, sulla quale ci sarà da riflettere: il Terzo polo infatti ha chiuso la campagna elettorale sotto il 10 per cento delle preferenze, con circa 200 mila voti in meno rispetto al risultato di Azione/Italia Viva alle ultime politiche del 2022.

Puntano il dito intanto gli schieramenti opposti, da sinistra a destra. Ha iniziato il Partito Democratico, da Giorgio Gori ("La scelta del Terzo polo di appoggiare Moratti è stata una sciocchezza") allo stesso Pierfrancesco Majorino ("Il Terzo polo dovrà riflettere su questa decisione"), ricordando come la scelta finale di sostenere Moratti abbia fatto sfumare un accordo largo tra le due parti sotto il nome di Carlo Cottarelli.

Durissima invece Forza Italia, nido storico della ex vice di Regione e, proprio per questo, possibile bacino di voti per l'ex ministra. "L'elettorato non perdona chi tradisce, e il risultato di Moratti lo conferma", ha affermato infatti la coordinatrice lombarda di Forza Italia Licia Ronzulli.

"Una proposta politica nuova"

Nel frattempo Moratti guarda avanti, e non presta il fianco alle polemiche. "Entreranno i miei candidati in consiglio", ha detto. "E io continuerò con loro. Faremo un punto a brevissimo, sono convinta che ci sia spazio per una proposta politica nuova. "La campagna è stata molto breve, quasi anestetizzata, senza confronto tra i candidati e i programmi. Questo ha penalizzato sicuramente la partecipazione al voto. Il voto si è polarizzato sui partiti strutturati trainati dal partito della Meloni". Per concludere: "Vincere con un 41 per cento è comunque una sconfitta nel momento in cui la democrazia ha bisogno di partecipazione".

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