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Elezioni regionali Lombardia 2023

Mara Ghidorzi, candidata di Unione Popolare: “Espropriamo i palazzi abbandonati per dare a tutti una casa”

In un’intervista a Fanpage.it Mara Ghidorzi presenta il programma di Unione popolare per le elezioni regionali in Lombardia: “Aboliremo le convenzioni con gli ospedali privati”.
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Mara Ghidorzi
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La corsa per il Pirellone non è a tre, come tutti sono portati a credere. Nonostante le difficoltà iniziale per raccogliere le firme, anche Unione Popolare, il movimento nato dalla fusione fra DeMa, Manifesta, Potere al Popolo e Rifondazione Comunista, presenta il suo candidato. Si chiama Mara Ghidorzi, ha 42 anni e una laurea in sociologia. E ha una visione di sviluppo della Lombardia che è totalmente diversa da quella di Attilio Fontana, Letizia Moratti e perfino di Pierfrancesco Majorino.

Cosa ha fatto, secondo lei, di giusto e di sbagliato Attilio Fontana in questi cinque anni?

Togliamo subito un punto: secondo me Fontana non ha fatto bene nulla. La cosa più grave è stata proprio la gestione della pandemia, durante la quale sono emersi tutti i limiti del modello lombardo, che è un modello che si dichiara eccellente ma in realtà è eccellente solo per chi ha soldi.

Quello che è mancato totalmente in Lombardia, per esempio, è la medicina territoriale, così come tutta la gestione anche organizzativa di questa fase pandemica. C'è stato un grande  spreco di tantissimi soldi pubblici per poi in realtà non andare a lavorare sull’effettivo bisogno che c'era in quel momento, che era posti letto, medici di base e le mascherine che mancavano.

Questa è la conferma che se punti tutto sul privato quello che viene fuori non è un modello efficace ed efficiente, ma un modello di spreco di risorse pubbliche. Questo lo si può vedere non soltanto nella sanità, ma anche nei trasporti (la situazione di Trenord è davanti agli occhi di tutti), così come la gestione delle case Aler è pessima.

Io metto in discussione il modello di accreditamento ai privati: in Lombardia l’80 per cento del bilancio è destinato proprio alla sanità e il 40 per cento di questo bilancio va verso i privati. La trovo veramente una questione immorale.

Immaginate quindi l'abolizione delle strutture private convenzionate con il pubblico?

Sì. Non è che vogliamo chiudere il San Raffaele, che è un'eccellenza ed è giusto che rimanga. Quello che, secondo noi, deve finire è questo modello di drenaggio di risorse pubbliche verso il privato.

A proposito della questione trasporti, Letizia Moratti propone di mettere a bando il trasporto pubblico. È d'accordo?

Quando si parla di privatizzazione dei trasporti a me viene in mente Ken Loach e l'Inghilterra, nel senso che lì è stata una fase tragica e infatti poi sono tornati al pubblico. Il privato si muove con la logica del profitto, ma anche giustamente mi viene da dire, sennò non farebbe il privato.

Ma come garantisce il privato quelle tratte meno vantaggiose, che però sono quelle dei pendolari e che a oggi in Lombardia ancora sono a binario unico? Io credo che un privato non possa garantire questo servizio.

Trenord va sicuramente azzerata anche per la politica interna, che prevede  premi di produzione altissimi per i dirigenti, mentre chi ci lavora dentro ha stipendi da fame. Ma il pubblico dovrebbe metterci più risorse, per avere più carrozze e per costruire nuove reti.

Auspicherei che in Lombardia, così come già in Veneto e in Trentino, le carrozze avessero anche a disposizione posti per le biciclette.

Un altro aspetto cruciale di cui si occupa la Regione è quello dell’edilizia popolare. Secondo lei come andrebbe riorganizzata?

In Lombardia c'è una fame di casa pubblica a basso costo enorme. Sempre più vediamo queste grandi città che stanno buttando fuori la gente povera, perché viverci sta diventando veramente una possibilità soltanto per il ceto medio-alto.  Quello che vediamo è un continuo costruire case non accessibili a gente comune, anche come me.

Servono almeno 100mila alloggi in Lombardia e questo lo si fa in due modalità: andando a recuperare tutti quegli alloggi sfitti, che oggi sono 50mila nella regione, e – visto che noi siamo anche per lo stop al consumo di suolo – andare a recuperare anche attraverso l'esproprio tutti quei cadaveri, quegli scheletri che ci sono in giro per la Lombardia.

Bisogna recuperare quelle strutture, magari ex fabbriche o ex aziende o case costruite ma vuote perché poi il costruttore è fallito, e farci edilizia popolare pubblica. Bisogna poi cercare, attraverso la leva fiscale, di disincentivare la speculazione immobiliare: se un privato tiene più di dieci appartamenti vuoti, perché vuoi far alzare il loro valore immobiliare, va tassato di più. Poi va avvantaggiato chi affitta le case.

Quali sono i primi provvedimenti urgenti per cercare di combattere i cambiamenti climatici che Regione Lombardia può attuare?

La Lombardia è la regione più inquinata d'Italia e alcune province sono le più inquinate d'Europa, in primis Brescia e Cremona. La Lombardia ha anche il triste primato di essere la prima regione d'Europa per mortalità dovuta a malattie respiratorie, quindi la questione climatica e ambientale dovrebbe essere in cima all'agenda politica di qualsiasi partito.

Per incentivare i cittadini a lasciare a casa l’auto deve essere conveniente in termini di tempo, ci devo mettere meno che con la macchina, il servizio deve essere efficiente e deve costare poco. Quello che vediamo invece è un continuo aumento dei prezzi dei biglietti, sia di Trenord ma anche di ATM.

In alcuni casi è più conveniente prendere la macchina che fare andata e ritorno con i mezzi pubblici e questo è assurdo. Bisogna bloccare tutti quei progetti che ci sono in essere in questo momento che incentivano ancora il trasporto privato, come le tangenziali e le autostrade. Sono progetti folli, faraonici che sono dannosi sia per l'ambiente e per la gente che ci vive.

Se la Regione costruisce ancora le autostrade, incentiva i cittadini a utilizzare le auto e poi fai passare i tir in mezzo al Parco del Ticino, andando a impattare fortemente sulla qualità dell'aria. E questo è un fattore importantissimo anche per la salute.

Così come tutto il tema legato alla politica degli inceneritori: una città come Brescia, per esempio, non ha ancora la raccolta porta a porta dei rifiuti e questa è una cosa folle, perché è una città popolosissima. Questo è un modo per disincentivare la raccolta differenziata e rifornire gli inceneritori, che hanno bisogno dei rifiuti per funzionare.

Una delle possibili soluzioni proposte alla crisi energetica nel medio-lungo termine è la creazione in Lombardia di una centrale nucleare di ultima generazione. Secondo lei sarebbe una soluzione affrontabile?

No, penso che sia uno slogan, perché per costruire una centrale nucleare ci vogliono i suoi tempi, è molto lungo come processo. Poi vorrei vedere dove dovrebbe essere costruita: non so quanta gente sarebbe felice di avere di fianco alla propria villetta una centrale nucleare.

È un modello di produrre energia non sostenibile perché ci sono alcuni temi ambientali che rimangono ancora aperti, ad esempio quello delle scorie. Dove le mettiamo queste scorie?

Invece ci vorrebbe un piano nazionale di ricerca e sviluppo serio su tutta una serie di fonti di energia rinnovabili: a oggi con la tecnologia è possibile avere anche, per esempio, pannelli solari molto più efficienti che costano meno.

Il tema però è la ricerca e purtroppo si investe molto poco in ricerca in Italia.

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