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L’auto che ha ucciso Laura Amato e la sua amica viaggiava a più di 150 km/h: cosa si sa sull’incidente in A4

L’auto, con alla guida l’uomo di 39 anni, che ha tamponato una Lancia Ypsilon con a bordo due donne viaggiava a folle velocità già da alcuni chilometri sull’autostrada A4.
A cura di Giorgia Venturini
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Viaggiava a più di 150 chilometri orari la Lancia Musa quando è arrivata al casello della Ghisolfa in direzione Torino sul tratto autostradale A4. Per questo l'impatto con la Lancia Ypsilon della 54enne Laura Amato e con a bordo la sua amica di 59 anni è stato violentissimo: inutili tutti i tentativi di salvare la vita alle due donne. La tragedia è avvenuta la notte di sabato 18 febbraio, ora, a distanza di un giorno, si sta cercando di ricostruire quanto accaduto.

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La dinamica dell'incidente

Alla guida dell'auto che viaggiava a folle velocità c'era un uomo di 39 anni, originario del Marocco: l'uomo non è in pericolo di vita. Al momento gli inquirenti sul sedile passeggero della sua Lancia Musa hanno trovato un braccialetto ospedaliero e forse risalente a una clinica psichiatrica. Se il 39enne fosse recentemente ricoverato in qualche struttura lo sveleranno le indagini. Certo fino ad ora è che, stando a quando ripreso dalle telecamere di video-sorveglianza dell'autostrada – l'auto viaggiava già a una folle velocità da alcuni chilometri prima. La sua traiettoria non era mai lineare tanto da seminare il panico tra gli altri automobilisti costretti a rallentare. Ora all'uomo verranno fatti tutti gli esami tossicologici del caso.

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Laura stava tornando a casa dalla sua festa di compleanno

Purtroppo per le due donne non c'è stato nulla da fare: sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco per tirarle fuori dalle lamiere, l'auto era tutta accartocciata. Le due donne stavano tornando a casa dalla festa di compleanno della 54enne Laura Amato: aveva deciso di festeggiare insieme ai colleghi della Macedonio Melloni, la clinica parte dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco. Qui lavorava come operatrice socio-sanitaria da cinque anni: aveva lavorato per la maggior parte del tempo in sala parto per poi essere trasferita da alcuni mesi in sala operatoria. Così la ricordano i suoi colleghi: "Era capace di trasmettere affetto e umanità ai pazienti. Era ineccepibile come professionista. Una persona così lascia il segno".

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