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La difesa di Ferragni sulla beneficenza per il caso pandoro: perché è tutto regolare secondo l’influencer

Chiara Ferragni si difende dall’accusa di truffa aggravata, lo fa rilasciando un’intervista esclusiva al Corriere della Sera: “Nei miei post mai abbiamo detto che una percentuale delle vendite sarebbe andata in beneficenza”.
A cura di Giorgia Venturini
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"La donazione è stata fatta subito dopo la firma del contratto ed è stata fatta subito proprio perché l’importo di 50mila euro era certo e slegato dalle vendite e poi perché speravamo che il macchinario arrivasse prima della messa in vendita del pandoro". Per la prima volta Chiara Ferragni si difende dall'accusa di truffa aggravata, lo fa rilasciando un'intervista esclusiva al Corriere della Sera.

L'influencer spiega tutto quello che è accaduto, anche quindi il nodo su cui si concentra l'inchiesta della Procura di Milano e della Guardia di Finanza: ovvero perché la donazione all'ospedale di Torino sia avvenuta prima della vendita del pandoro Balocco e perché si è lasciato intendere che la solidarietà sia stata legata alle vendite? Ed proprio su questo passaggio che l'Antitrust lo scorso 15 dicembre aveva emesso una multa da un milione di euro recapitata all'imprenditrice digitale per pubblicità ingannevole e che ora l'imprenditrice ha deciso di impugnare perché sproporzionata.

Come si difende l'influencer dall'accusa di truffa aggravata

Sull'accusa di truffa aggravata della Procura di Milano Chiara Ferragni si difende così: "Nel cartiglio e nei miei post, però, abbiamo sempre scritto e detto che ‘Chiara Ferragni e Balocco sostengono l’ospedale…', mai che una percentuale delle vendite sarebbe andata in beneficenza". Nessuna solidarietà legata alla vendita dunque secondo l'imprenditrice digitale: ora se ne stanno accertando anche i finanzieri di Milano che giusto ieri hanno preso tutta la documentazione (email soprattutto) necessaria nelle sedi di Dolci Preziosi, Oreo e Trudi, contando che nella sede di Balocco in Piemonte si erano recati già qualche settimana fa.

Una comunicazione sbagliate e qualche errore del team, come spiega l'imprenditrice, ma nessun "disegno criminoso". La Procura milanese, così come la Procura generale della Cassazione, ha infatti sostenuto che la stessa dinamica, legata a una possibile truffa, si sia ripetuta anche quando erano state pubblicizzate le uova di Pasqua di Dolci Preziosi-Ferragni e i due progetti di Oreo e Trudi: anche in tutti questi casi si parlava di solidarietà.

Dalle indagini è emerso che nel caso Pandoro-Balocco i ricavati delle vendite erano finiti nelle casse della casa dolciaria: in questo caso infatti la beneficenza sarebbe stata fatta dalla Balocco e non dalla due società dell'influencer: "è stata una iniziativa mia e del mio team far inserire la donazione all’interno del contratto", spiega però Chiara Ferragni, indagati alla pari con la leader della società piemontese Alessandra Balocco. Come si difende quindi Chiara Ferragni quando si parla di "disegno criminoso"?

Perché per Chiara Ferragni non si è trattato di un disegno criminoso

Al Corriere della Sera Chiare Ferragni entra nel dettaglio: "Queste operazioni rappresentavano una percentuale esigua del nostro fatturato. Non comprendo come si possa dire che ci sia stato un disegno criminoso: perché, se così fosse, la maggior parte del fatturato dovrebbe dipendere da queste attività. E poi, sembra che io sia conosciuta per la beneficenza, ma ho fatto tantissime attività. Per fortuna con il nuovo Ddl beneficenza, o Ddl Ferragni (ride, ndr), tutto sarà molto più chiaro. Se ci fosse stato prima, avremmo scritto sul cartiglio ‘Chiara Ferragni e Balocco sostengono l’ospedale Regina Margherita con una donazione di 50 mila euro fatta da Balocco'. Nessuno avrebbe potuto dire niente e ci faceva onore comunque. Se c’è un effetto positivo di questa vicenda, è che ora abbiamo un Ddl beneficenza".

Appena uscito il caso Balocco-Ferragni non sono mancate le critiche legate al cachet chiesto e ottenuto dall'influencer per questa iniziativa. Cachet che non sarebbero comunque sotto l'attenzione della Guardia di Finanza: "Parlare di cachet è improprio, perché quella cifra è il compenso dato alle mie società per i miei diritti di immagine, per la promozione e l’intera operazione. Non si deve far confusione tra la persona fisica Chiara Ferragni, il brand e le aziende. Inoltre, senza l’operazione, la donazione non sarebbe stata fatta".

Per Chiara Ferragni è stato un errore di comunicazione

Ma perché quindi questi errori di comunicazione, come lei stessa aveva detto in un video pubblicato tre giorni dopo la multa dell'Antitrust? Durante l'intervista Chiara Ferragni lo spiega così alla domanda sul suo grande successo da 28 milioni di euro di ricavi solo l'anno scorso. Forse avete sottovalutato la dimensione raggiunta?: "Non eravamo strutturati abbastanza. Siamo tutti giovani, principalmente sotto i 40 anni".

Ecco quindi che "quella dell’Agcm è stata la prima bastonata, la prima volta che qualcuno ci ha detto con durezza e pubblicamente che avevamo fatto male qualcosa". L'influencer spiega che è stata la prima volta ad aver pensato: "Cavolo, eravamo in buona fede, ma evidentemente potevamo fare meglio". E infine: "Io vedo i miei numeri, ho un’idea di quanto posso essere popolare, ma mi rendo conto di aver sottostimato tutto". Chiara Ferragni chiarirà anche ulteriori dettagli in un'intervista in programma il 3 marzo con Fabio Fazio a Che Tempo che Fa.

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