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Ilaria Salis detenuta in Ungheria

“Io tumulata viva, segregata in un mondo alieno”: le lettere di Ilaria Salis dal carcere in Ungheria

Emergono nuove lettere scritte da Ilaria Salis nel marzo del 2023, a poche settimane dalla carcerazione in cella a Budapest con l’accusa di aggressione a due estremisti di destra. “Per loro sono un mostro, imprigionata in un Paese che non conosco. Non posso neanche comunicare con mia madre”
A cura di Francesca Del Boca
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Ilaria Salis
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Torna a parlare dal carcere Ilaria Salis, monzese detenuta a Budapest dall'11 febbraio 2023 con l'accusa di aggressione a due estremisti di destra durante una manifestazione nazionalista. E lo fa attraverso un pacco di lettere scritte nel marzo del 2023 dietro le sbarre della prigione ungherese, di cui più volte ha denunciato le pessime condizioni detentive.

E mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani riceve alla Farnesina il suo omologo ungherese Péter Szijjart per discutere del caso, la maestra 39enne affida ad alcuni fogli di carta i racconti della vita in cella, dell'impossibilità di comunicare con i parenti, del trattamento riservatole dalle altre detenute.

"Ho trascorso qui a Budapest appena qualche manciata di ore prima di ritrovarmi in manette e della città non so praticamente nulla", recitano queste lettere vergate durante i primi giorni di carcerazione a Budapest, anticipate da La Repubblica e Tg3. "Scendere all’aria aperta è sempre un’esperienza forte: lì hai davvero la sensazione di essere in prigione. A camminare in su e in giù come una tigre in gabbia, in uno spazio delimitato sui lati da grigio lamiere, sovrastato da una rete che scompone la vista del cielo e rotoli di filo spinato lungo il perimetro in alto. Da qualunque parte ti volti, incombono su di te almeno cinque piani di prigione".

"L’ora d’aria è anche l’unico momento durante la giornata in cui vedo altre detenute. Con alcune riesco a comunicare in qualche idioma più o meno noto. Le altre mi scrutano a distanza come se fossi una creatura strana", scrive dal carcere di Budapest Ilaria Salis, scortata in tribunale in catene dopo un anno di detenzione. "Forse per gli stivali bizzarri che indosso, forse perché i media locali mi hanno trasformato in un mostro sbattuto in prima pagina e mi precede una sinistra fama di “flagello dei nazisti”, o forse semplicemente perché sono straniera".

E ancora. "Aspetto con impazienza i tanto desiderati contatti con le persone care in Italia e scrivo lunghe lettere, immaginando che un giorno non lontano potrò spedirle. Non vedo l’ora! Appena potrò comunicare sarà tutto più facile". Ma, in men che non si dica, le autorità ungheresi vietano ogni contatto a Ilaria Salis. La Procura, intanto, chiede una pena di oltre 11 anni.

"In pratica non posso parlare neanche con mia madre. Non posso e non voglio credere che questa pazzia sia reale. Non è possibile, li ho sentiti per la prima volta dopo settimane! Non oso immaginare come saranno preoccupati ed affranti i miei. Ed io sono qui in prigione in un Paese che non conosco, senza contatti e non capisco quasi nulla di ciò che accade intorno a me. Mi sento tumulata viva, segregata in un mondo alieno, in un baratro oscuro “dove ‘l sol tace”.

"Per combattere la noia ogni tanto gioco con la fantasia, come fanno i bambini. Ma purtroppo, nel tempo. la realtà assumerà una forma ben più drammatica e crudele rispetto ai bozzetti tracciati dall’immaginazione. Un anno dopo sarà ancora sepolta nel profondo di questo Tartaro".

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