Disagi alle fermate, meno corse e pochi autisti: siamo saliti sui mezzi di Milano ed ecco cosa abbiamo visto

Uno dei temi più discussi a Milano è sicuramente quello dei trasporti. Nella città che – stando al report Ecosistema Urbano di Legambiente – vanta il primo posto in Italia per offerta del trasporto pubblico con ben 111 vetture al chilometro per abitante, qual è il rapporto dei cittadini con la mobilità?
Per capirlo Fanpage.it è andata in giro per le strade del capoluogo lombardo per diverse settimane. Abbiamo usato proprio i mezzi di trasporto che si trovano spesso al centro di polemiche per questioni come l'accessibilità o i ritardi e ci siamo fatti accompagnare dalle persone che questi problemi li vivono ogni giorno sulla propria pelle.
L'accessibilità parziale
Il nostro percorso a Milano è iniziato insieme a Francesca Maiorano, che ha una disabilità motoria e da anni si batte per mezzi di trasporto accessibili. Prima di partire abbiamo escluso le fermate che già ATM segna come inaccessibili sul proprio sito. Quel giorno ne abbiamo contate 22 in totale sulle cinque linee della metro milanesi, mentre oggi (1 luglio 2025) sono 23 in tutto.

Nel tragitto per arrivare a prendere l'autobus che ci porterà alla metro di Lambrate, Francesca racconta che le è capitato diverse volte di recarsi alla fermata e non riuscire a salire sul mezzo: "I trasporti diventano simbolo di autonomia quando hai la sicurezza che su quel mezzo puoi arrivarci".
Appena arriviamo davanti alla pensilina è facile capire cosa intende: ci sono due pali che riducono lo spazio del marciapiede, rendendo difficile il passaggio della sedia a rotelle di Francesca. Mezzi di trasporto accessibili, mi spiega Francesca, significa anche fermate accessibili: "Vedi, già questa è una barriera…io mi metto qui [fuori dallo spazio della pensilina, ndr] e se l'autista non mi vede, mi lascia qui, com'è già accaduto".

Una volta arrivato il bus, dopo una corsa per chiamare il conducente, è stata montata la rampa, sulla quale è stato complicato salire a causa delle barriere architettoniche che ostacolavano l'accesso e il passaggio.
Sulla vettura abbiamo trovato libero l'unico posto disponibile per sedie a rotelle o passeggini, "altrimenti sarei rimasta a terra, anche l'autista a volte va in difficoltà perché se c'è una mamma con il bambino non può caricarmi e devo aspettare la corsa successiva".

Appena arrivate a Lambrate prendiamo un ascensore per scendere alla metropolitana, ma non ce n'è uno per arrivare ai tornelli, così usiamo il montascale. A differenza dell'ascensore che puoi usare in autonomia, però, per il montascale serve chiamare il personale ATM – attraverso un pulsante che si trova sul muro – e chiedere l'attivazione del servizio.
Fortunatamente è funzionante e il personale è disponibile: ci aiuta, ci spiega come usarlo. Arrivati ai tornelli ci chiede a quale fermata dobbiamo scendere per capire se è accessibile e avvertire i colleghi. "Vogliamo fare una passeggiata in centro, ma non abbiamo ancora deciso dove esattamente" spieghiamo noi. Dopo un controllo ci viene detto che "Duomo e stazione centrale sono funzionanti", risponde il personale. Lo è anche Cadorna, allora scegliamo di andare lì.

Il personale lo ha chiesto per agevolarci ed evitarci la situazione complessa di non riuscire a scendere dal treno che prendiamo, ma già dover scegliere e comunicare in anticipo la sua destinazione per Francesca è una mancanza di autonomia.
Se durante il tragitto avessimo un'urgenza o volessimo semplicemente cambiare idea e scendere a un'altra fermata, infatti, sarebbe molto difficile: tra la metro e la banchina c'è un dislivello e il personale deve essere allertato in anticipo per montare la rampa, perché non c'è nessuno fisso all'arrivo. Scendiamo alla fermata comunicata al personale ATM all'andata e lì troviamo un operatore pronto ad aspettarci per montare la rampa: "Che giro ragazzi, una persona deve perdere tutta la giornata ogni volta che viene a Milano".
Facciamo un giro nella stazione per prendere un caffè e passeggiare, ma al momento di tornare indietro ci rendiamo conto che, nel punto in cui siamo, per arrivare all'ascensore ci sono dei gradini da fare. Dobbiamo fare tutto il giro delle stazione un'altra volta e non ci sono indicazioni chiare au come arrivare all'ascensore, Francesca mi spiega che "ti senti in gabbia in questi casi, come se fossi in un labirinto".
Alla fine del nostro tratto di strada insieme Francesca mi spiega che quello che lei chiede ad ATM è "un'accessibilità che sia pratica e completa" per poterle permettere di andare a lavoro, uscire, andare a fare shopping senza doversi chiedere se riuscirà a raggiungere il posto in cui deve andare, ma avendone la certezza.

Dopo aver salutato Francesca, andiamo a prendere un caffè con Fortunato Nicoletti, membro della consulta sulla disabilità del comune di Milano e vicepresidente dell'associazione "Nessuno è escluso ODV".
Come spiega già dall'inizio della nostra conversazione, "da un lato si scrive trasporto, dall'altro lato si legge libertà: libertà di movimento, libertà di scegliere cosa fare".
Dover scendere a una fermata diversa dalla propria destinazione perché quella non è accessibile "è una discriminazione bella e buona. La mattina devo poter uscire di casa per andare a lavoro se ho una disabilità con le stesse identiche opportunità che ha una persona senza disabilità".
"Molte volte noi queste persone non le vediamo neanche in giro, non perché non ci siano, ma perché usano mezzi diversi per spostarsi, perché non possono perdere 5 ore per raggiungere un posto che una persona senza disabilità raggiunge in mezz'ora".
Un altro fattore importante, secondo Nicoletti, è chiarire che non si può parlare di "accessibilità parziale", perché "un mezzo o è accessibile o non lo è". In questa considerazione rientra anche la differenza tra ascensore e montascale: mentre il primo ti permette di muoverti e raggiungere i treni in autonomia, per il secondo "devi sempre programmarti in base a un'altra persona" che lo deve attivare. Se non c'è in quel momento? "Ti arrangi". Per di più il montascale può essere usato solo dalle persone con disabilità che si muovono in carrozzina, "quindi se c'è una persona con disabilità che non usa la carrozzina, ma un ausilio diverso che può essere un girello o un bastone non può usare il montascale, ma solo l'ascensore".
È importante ricordare anche che non c'è solo la disabilità motoria: "esistono tanti altri tipi di disabilità, per esempio anche per i ciechi o per i sordi ci sono barriere che non rendono i trasporti accessibili a 360 gradi".
Ora, in vista delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi invernali si stanno facendo dei lavori, "ma stanno facendo una corsa contro il tempo per adeguare un sistema che fino ad adesso, e ancora adesso, è spesso inaccessibile per le persone con disabilità".
Ritardi e lavoratori insoddisfatti: due facce della stessa medaglia
Un altro aspetto a cui, spesso, si fa riferimento quando si parla di trasporti a Milano è quello dei ritardi o delle corse che "saltano". Se per le metro questo problema non c'è – durante il nostro percorso non abbiamo mai trovato un'attesa superiore ai cinque minuti –, per i mezzi di superficie la situazione cambia.
Diversi cittadini lamentano i ritardi dei mezzi sulla pagina Facebook del comitato cittadino AspettaMI – Milanesi in attesa dei bus, nato proprio con l'intento di condividere "le lunghe e imprevedibili attese alle fermate dei mezzi di superficie" – come scritto nella descrizione della pagina – e trasformare il progetto "in una campagna attiva per cambiare la situazione".

Fanpage.it, per esempio, ha aspettato l'autobus della linea 50 alla fermata Gelsomini M4 oltre mezz'ora perché aveva saltato ben due delle corse in programma. Dopo venti minuti di attesa le persone che avrebbero dovuto prendere il bus sono andate via: chi con la metro, chi a piedi, chi chiamando un taxi.
"Io sono qui dalle quattro meno un quarto, sono le 16:17. Sarebbero dovute passare due corse, sono saltate. Se uno deve andare a lavoro come deve fare?", spiega l'unica signora rimasta ad attendere il bus. A Fanpage.it racconta che le capita spesso di trovarsi in questa situazione: "Il biglietto dura 90 minuti, ma in base a dove devi arrivare, se devi aspettare tutto questo tempo scade anche il biglietto [prima che tu possa arrivare a destinazione, ndr]".
Oltre al traffico a cui sono soggetti i mezzi di superficie durante i loro spostamenti, un altro fattore che incide sui ritardi e le corse che saltano è la mancanza di conducenti.

Come spiega a Fanpage.it Mario (nome di fantasia scelto per tutelarne l'identità) che guida gli autobus ATM da molto tempo: “Ogni linea ha delle tabelle e a ogni tabella corrisponde un autobus. Se tra una tabella e l’altra, per esempio, ci sono 20 minuti di attesa, se viene soppressa una tabella non ci saranno più 20 minuti, ma 40”.
A causa della carenza del personale sono state rimodulate alcune frequenze: "Se le corse vengono velocizzate, tu [ATM, ndr] hai un maggior numero di corse che ti verranno pagate, ma io riuscirò mai a farle? No, per via del traffico, del tempo che perdi alla fermata e così via". Questo porta i conducenti ad accumulare ritardo difficile da recuperare "a meno che non mi metto a correre , ma per ogni cosa hai il penale e comunque ricordiamoci che trasportiamo persone, non delle cose che non si possono fare male". E così cinque minuti di ritardo diventano dieci, dieci diventano venti, 30 "e alla fine io ho perso un giro".

Mario racconta di aver visto tantissima gente licenziarsi durante i suoi anni di lavoro dentro ATM per via di "una serie di problematiche a cui è sensibile tutto il personale viaggiante, in particolare modo i conducenti". Tra queste spicca il tema degli stipendi: "Dopo 21 anni di servizio non arrivi nemmeno a 2mila euro al mese e per le responsabilità che abbiamo sono davvero pochi", spiega.
Un altro tema sono i riposi: "Da contratto collettivo i nostri riposi sarebbero 52, contro i 104 di molte altre categorie, ma arriviamo a 75 lavorando delle ore in più per fare qualche giorno in più di riposo, ce li autofinanziamo in pratica". Questo aspetto si unisce alla questione dei turni: "Da contratto nazionale le ore sono rimaste 36 settimanali, ma grazie a un accordo di secondo livello che prevede una settimana di disponibile variabile alcuni turni giornalieri sono passati da circa 5 ore e 45 giornaliere a 6 ore mezza, sette, sette ore e mezza". Inoltre esistono anche dei turni spezzati che prevedono "di smettere e riprendere nella stessa giornata con delle ore di pausa in mezzo. Chi è più fortunato e non abita lontano le passa a casa, chi abita lontano deve per forza stare in deposito dove non c'è la possibilità di sdraiarsi prima dell'inizio dell'altro turno".
Mario spiega anche che una grossa fetta del lavoro svolto da ATM sarebbe fatto da straordinari, "ma gli straordinari sono pagati solo il 10%". Insomma, sono diversi gli aspetti che creano malcontento tra il personale ATM.
La replica di ATM
Sentita al telefono da Fanpage.it, ATM ha confermato sia la carenza di conducenti, sia il fatto che questo abbia portato l’azienda a rimodulare il numero delle corse, in modo da regolarizzare il servizio.
Per contrastare la carenza di conducenti l'azienda sta mettendo in campo un piano di investimenti di circa un milione e mezzo di euro mirato a: far conoscere la professione, pagare le patenti dei conducenti e le carte di qualificazione, fornire un bonus casa iniziale per chi viene da fuori e dare una premialità mensile legata alla presenza. Da inizio anno sarebbero stati assunti circa 200 nuovi conducenti. ATM dichiara di essere aperta al dialogo con i sindacati per migliorare ulteriormente le condizioni dei propri dipendenti.