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Cassazione assolve quattro neofascisti: “Il saluto romano durante commemorazione non è reato”

La Corte di Cassazione ha annullato la condanna per quattro neofascisti che, durante la cerimonia al Campo X del cimitero Maggiore di Milano del 25 aprile 2016, fecero il saluto romano. I quattro furono infatti identificati e indagati per l’articolo due della legge Mancino. Per la Corte “il fatto non sussiste”: il saluto romano durante una commemorazione non sarebbe da considerarsi reato.
A cura di Ilaria Quattrone
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(Immagine di repertorio)
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È stata annullata la condanna in appello nei confronti di quattro neofascisti che, durante la cerimonia al Campo X del cimitero Maggiore di Milano del 25 aprile 2016, fecero il saluto romano. I quattro furono infatti identificati e indagati per l'articolo due della legge Mancino. La Corte di Cassazione, secondo la quale "il fatto non sussiste" perché il saluto fascista durante una commemorazione non è da considerarsi reato, ha così ribaltato la sentenza della Corte d'Appello.

La condanna in Corte d'Appello

La commemorazione viene organizzata ogni anno per ricordare i morti della Repubblica Sociale Italiana. In quell'occasione erano presenti trecento persone: tra loro c'era anche il presidente dell'associazione di Lealtà e Azione, Stefano Del Miglio. I quattro, dopo essere stati identificati e indagati, furono assolti in primo grado con la motivazione che il fatto non sussistesse. Dopo il ricorso in appello da parte del pubblico ministero, furono condannati a due mesi e dieci giorni di reclusione. Adesso però la Corte di Cassazione ha dato ragione agli avvocati difensori. All'agenzia di stampa Adnkronos, il legale Antonio Radaelli ha detto: "Siamo soddisfatti del risultato ottenuto all'udienza del 12 ottobre. Attendiamo il deposito delle motivazioni".

I fatti del 29 aprile 2019

Un fatto simile è accaduto per la commemorazione del 29 aprile 2019 per ricordare Sergio Ramelli, militante neofascista assassinato. In quell'occasione cinque persone, accusate di apologia al fascismo, sono state condannate a un mese e dieci giorni di carcere con rito abbreviato. Tra loro c'era anche Gianluca Iannone, fondatore e presidente di Casapound Italia e Francesco Polacchi, altro esponente di Casapound. Oltre a loro il giudice dell'udienza preliminare aveva rinviato a giudizio altri 24 indagati.

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