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Marchionne: “Fiat non lascia l’Italia. La manterrò coi guadagni esteri”. Sabato incontro con Monti

Dopo lo polemiche per l’addio del piano Fabbrica Italia, l’ad del Lingotto assicura: “Non chiuderò fabbriche”. Ma quel progetto era basato “su cento cose, la metà non ci sono più. Il mercato è crollato, se investissimo oggi come era nei nostri piani iniziali, falliremmo”
A cura di Biagio Chiariello
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sergio marchionne

L'intenzione è quella di gettare acqua sul fuoco delle polemiche innescate con l'annuncio dell'addio a Fabbrica Italia. Così Sergio Marchionne ha deciso di rispondere alle accuse di sindacati, governo,  parlamento e società civile in merito all'impossibilità di utilizzare un progetto sul quale appena due anni fa l'amministratore delegato della Fiat aveva deciso di puntare forte. «Io non ho mai parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti, non ho mai detto che voglio andar via». Così Marchionne, in un'intervista a la Repubblica spiega la posizione dell'azienda, anche e soprattutto ricordando le perdite accumulate dal gruppo in Europa (700 milioni). «Non mollo. Mi impegno – ribadisce – ma non posso farlo da solo. Ci vuole un impegno dell'Italia». E poi precisa di non  essere «l'uomo nero», ma «l'Italia dell'auto è precipitata in un buco di mercato senza precedenti. Solo un anno fa il Paese era fallito». In tal senso, il Lingotto non può comportarsi come se niente fosse accaduto, chi lo pensa è affetto da «imbecillità» o da «prepotenza, fuori di ogni logica», dice. Ma una soluzione c'è:

 Da noi l'auto è in agonia, ma manterrò la Fiat in Italia con i guadagni fatti all'estero. Il mercato nazionale è crollato, se investissimo oggi come era nei nostri piani iniziali, falliremmo e io dovrei andare in giro con il cappello in mano".

E a chi lo attacca – uno di quelli che avevano parlato di Marchionne «inadeguato, lui è il vero problema della Fiat» era stato l'imprenditore Diego Della Valle – risponde: in Italia ci sono «molti maestri d'automobile improvvisati». L'amministratore delegato del Lingotto risponde anche alle critiche di Cesare Romiti: «Il mondo Fiat che abbiamo creato noi non è più» il suo. E guardando alle richieste di chiarezza avanzate a più riprese dai ministri Passera e Fornero,  si dice disponibile a incontrare il governo, «ma poi? Sopravvivere alla tempesta con l'aiuto di quella parte dell'azienda che va bene in America del Nord e del Sud, per sostenere l'Italia, mi pare sia un discorso strategico». Ne ha anche per i sindacati e la sua posizione rimane sempre piuttosto dura: «Io puntavo sulla riforma del mercato del lavoro e invece sul tavolo ho 70 cause aperte dalla Fiom».

Per quanto riguarda Fabbrica Italia, Marchionne torna a ripetere che il progetto era superato, fondato su cose che ormai non esistono più, «almeno la metà non ci sono più per effetto della crisi. Lo capirebbe chiunque. Io allora puntavo su un mercato che reggeva, ma poi è crollato». E per dimostrare quanto afferma cita il caso Panda: «la miglior della storia, 800 milioni di investimento, e il mercato non la prende, perché il mercato non c'è». E' certo dunque che nel futuro non vedremo nuove auto della Fiat: «Con nuovi modelli lanciati oggi spareremmo nell'acqua: un bel risultato» sottolinea il numero uno del Lingotto. E le prospettive per le vendite? «Non sono buone» afferma Marchionne. «Non vedo niente», nessun cambio di mercato «fino al 2014. Per questo investire nel 2012 sarebbe micidiale».

In serata la Presidenza del Consiglio ha diffuso una nota che annuncia un incontro nel pomeriggio di sabato fra l'amministratore delegato del Lingotto  e il presidente del Consiglio Mario Monti.  All’incontro  – dice la nota di Palazzo Chigi – parteciperanno, per il Governo, oltre il Presidente Monti, il Ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera e il Ministro del Lavoro Elsa Fornero e, per la Fiat, il Presidente John Elkann e l’AD Sergio Marchionne. Nell’occasione – ha assicurato il dott. Marchionne – verrà fornito il quadro informativo sulle prospettive strategiche del gruppo Fiat, con particolare riguardo all’Italia.

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