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Opinioni

La Grecia mette al tappeto le banche europee

Giornata nera per le banche europee, con le conseguenze della crisi della Grecia che continuano a farsi sentire. E i segnali per le prossime settimane non sembrano essere rassicuranti.
A cura di Luca Spoldi
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Dexialogo

Giornata d’inferno per le banche europee sui listini ed ancora una volta il timore alla base dei nuovi crolli è legato alle possibili conseguenze della crisi del debito greco, per la quale resta sullo sfondo l’ipotesi di un default in stile Argentina dopo il rinvio del pagamento della sesta tranche di aiuti per 8 miliardi di euro da parte della “troika” Bce, Ue e Fmi e dopo che il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha ribadito che saranno necessarie ulteriori misure oltre quelle sinora annunciate per centrare gli obiettivi di bilancio nel 2013 e 2014, pur “prendendo atto” degli sforzi fin qui compiuti da Atene (che giusto ieri aveva ammesso che non sarà in grado di centrare gli obiettivi fissati per il 2011-2012).

Ad aprire le danze è stato ancora una volta la banca franco-belga Dexia, già ieri in calo del 10% dopo che Moody’s aveva preannunciato un possibile downgrade e che oggi cede ulteriore 20% dopo che il Cda dell’istituto ha chiesto all’amministratore delegato Pierre Mariani di prendere tutte le misure necessarie a “risolvere i problemi strutturali” della banca. Sul mercato ha infatti preso a circolare l’ipotesi del riscorso ad uno “spezzatino” che vedrebbe la creazione di una “bad bank” cui conferire gli asset più danneggiati dalla crisi del debito greco (Dexia era esposta verso la Grecia per complessivi 4,8 miliardi di euro a fine giugno ed ha chiuso il secondo trimestre con una perdita record di 4 miliardi di euro), la cessione dei prestiti municipali francesi a un fondo venture, controllato dal governo di Parigi attraverso La Banque Postale e Caisse des Depots et Consignations, e la vendita dei restanti asset bancari in Belgio e in Turchia (Denizbank) oltre che la divisione di asset management.

Tutti bocconi appetibili per molti concorrenti europei e americani se solo non fossero quasi tutti già impegnati a loro volta a evitare i contraccolpi della crisi aumentando il capitale o vendendo il vendibile. Neanche il tempo di assorbire questo nuovo “schiaffone” che il cui numero uno di Deutsche Bank, Josef Ackermann (che qualche settimana fa aveva già ammesso che se le banche europee avessero dovuto valutare all’attuale valore di mercato i bond greci in portafoglio, quasi tutte avrebbero avuto necessità di nuove ricapitalizzazioni e le più deboli avrebbero potuto essere a rischio fallimento) nel corso di una presentazione agli investitori internazionali ha ammesso che, a causa di una ulteriore svalutazione dei titoli di Stato greci per 250 milioni di euro nel terzo trimestre (che segue i 155 milioni di svalutazione già registrati nel secondo trimestre), l’obiettivo di centrare un utile ante imposte di almeno 10 miliardi di euro attraverso le attività “core” a fine anno non è più verosimile.

Deutsche Bank ha peraltro preannunciato in una nota che il trimestre da poco concluso si è chiuso in utile e che sono attesi risultati “solidi” per tutto il 2011 grazie a risultati record da parte dei settori private, asset management e global transaction banking. Verranno inoltre tagliati altri 500 posti di lavoro, per lo più all’interno della divisione corporate & investment fuori dalla Germania. Ackermann ha inoltre ribadito che non è in programma alcun aumento di capitale e che la riserva di liquidità a disposizione della banca sono superiori ai 180 miliardi di euro. Ciò nonostante il titolo a Francoforte cede il 4,5%, ma non è tutto.

A Milano, dove il peso percentuale dei titoli bancari è perfino superiore a quello di altri listini europei, gli indici hanno un brivido quando Intesa Sanpaolo viene sospesa al ribasso. Il titolo riesce poi a riaprire ma cede oltre sei punti percentuali, mentre UniCredit perde oltre il 5% al pari del Monte dei Paschi, il Banco Popolare segna un calo superiore al 3,5% e persino la volatile Banca popolare di Milano, continuando ad alternare salite repentine e improvvise discese, cede il 5% abbondante nonostante resti al centro dell’attenzione per le manovre in atto in vista del prossimo aumento di capitale da 800 milioni di euro e del rinnovo dei vertici conseguente al recente varo di una nuova governance “duale”.

La sensazione di deja-vu è notevole ma se nel 2007-2009 l’epicentro erano stati gli Usa, i mutui immobiliari “subprime” e i relativi derivati finanziari (capaci di travolgere istituzioni come Bear Stearns e Lehman Brothers), questa volta l’epicentro della crisi è in Europa dove ruota attorno al debito sovrano, riverberandosi sul mercato del credito e da qui sulla solidità delle banche. Speriamo solo che le banche (e le autorità monetarie e politiche, alla vigilia di un anno elettorale cruciale almeno per Stati Uniti, Francia e Germania) abbiano imparato per tempo la lezione, così da non far nuovamente derivare una crisi di fiducia dei mercati finanziari in una nuova frenata economica, anche se il rischio, purtroppo, pare concreto.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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