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Le polveri sottili dello smog possono entrare direttamente nel cervello passando dai polmoni

Un team di ricerca ha scoperto che le polveri sottili dello smog sono in grado di entrare nel cervello dai polmoni, superando la barriera ematoencefalica.
A cura di Andrea Centini
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Le particelle ultrasottili presenti nello smog sono in grado di penetrare nel cervello direttamente dai polmoni, passando attraverso il flusso sanguigno. La scoperta è stata fatta su modelli murini (topi) durante esperimenti di laboratorio, ma gli scienziati ritengono che le sostanze tossiche presenti nell'inquinamento atmosferico siano in grado di compiere il medesimo passaggio anche nell'essere umano. Non a caso analizzando il liquido cerebrospinale (o cefalorachidiano) di persone che vivono in ambienti con inquinamento cronico hanno trovato tracce di sostanze tossiche legate allo smog. Si tratta di una scoperta significativa poiché si riteneva che queste particelle non riuscissero a superare la barriera ematoencefalica posta a protezione del cervello, inoltre potrebbe spiegare il motivo per cui risultano in aumento la neuroinfiammazione e il declino cognitivo nelle grandi città, anche nei giovani.

A determinare che il particolato ultrasottile è in grado di superare la barriera ematoencefalica e passare dai polmoni direttamente nel cervello è stato un team di ricerca internazionale composto da scienziati dell'Università di Birmingham e di vari istituti cinesi. I ricercatori, coordinati dai professori Iseult Lynch e Sijin Liu, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver rilevato particolato fine nel liquido cefalorachidiano di persone con disturbi cerebrali che vivevano tutte in ambienti fortemente inquinati. Si tratta di un fluido trasparente che “avvolge” il sistema nervoso centrale e che tra le varie funzioni ha quella di proteggerlo dagli urti e permettere la perfusione. Gli scienziati hanno rilevato particolato sottile PM 10 e PM 2.5, ovvero particelle con un diametro inferiore o uguale rispettivamente a 10 micrometri e 2,5 micrometri. Tra le sostanze identificate biossido di titanio anatasio, calcio, ferro e malayaite, un minerale di silicato di stagno di calcio. Sono tutte associate all'inquinamento atmosferico.

Per determinare come fossero arrivate nel cervello il professor Lynch e colleghi hanno condotto alcuni esperimenti con i roditori, esponendoli ad alcuni inquinanti presenti nello smog. I ricercatori li hanno somministrati direttamente nei polmoni, evitando l'inalazione o altre forme di esposizione. Hanno così scoperto che queste particelle erano in grado di passare dai polmoni al flusso sanguigno e poi direttamente al cervello, oltre che in altri organi. Uno degli aspetti più significativi della ricerca risiede nel fatto che, dopo l'esposizione, queste sostanze impiegavano più tempo per essere eliminate dal cervello rispetto ad altri tessuti. Poiché diversi studi hanno rilevato correlazioni tra smog e disturbi cognitivi, patologie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer e persino il cancro al cervello, sapere che il particolato ultrasottile può superare la barriera ematoencefalica è un'informazione piuttosto rilevante.

“Ci sono lacune nelle nostre conoscenze sugli effetti dannosi delle particelle fini nell'aria sul sistema nervoso centrale. Questo lavoro getta nuova luce sul legame tra l'inalazione delle particelle e il modo in cui si muovono successivamente nel corpo”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Lynch, nanoscienziato ambientale presso l'ateneo britannico. “I dati suggeriscono che fino a otto volte il numero di particelle fini può raggiungere il cervello viaggiando, attraverso il flusso sanguigno, dai polmoni per poi passare direttamente attraverso il naso – aggiungendo nuove prove sulla relazione tra l'inquinamento atmosferico e gli effetti dannosi di tali particelle sul cervello”, ha chiosato l'esperto. I dettagli della ricerca “Passage of exogeneous fine particles from the lung into the brain in humans and animals” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS.

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